Per Tomaso Kemeny

Pubblicato il 5 novembre 2025 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Addio Tomaso

Ho appena appreso che Tomaso Kemeny ci ha lasciati. E voglio ricordare la sua presenza in molte iniziative importanti di Milanocosa. Tomaso è stato, per me e per tutta l’Associazione fonte di contributi che hanno arricchito il comune percorso, con uno stile umano e letterario, su un crinale di sapienza e ironia, tra distacco e condivisione profonda. Un amico e un compagno di viaggio che non dimenticheremo.

Adam Vaccaro

Antologia “Non nel nostro Nome”

Pubblicato il 2 novembre 2025 su Eventi Suggeriti da Maurizio Baldini

Comunichiamo con piacere l’uscita dell’Antologia

Non nel nostro Nome – Ed. Mondo Nuovo

Cento poeti italiani in difesa della dignità umana

A cura di

Massimo Pamio e Adam Vaccaro

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Voci che, nella complessità delle teste imperialistiche nello scenario internazionale attuale, ritengono di esprimere un pensiero critico libero da sudditanze ideologiche di opposte propagande.

Voci per le quali la dignità primaria è di non farsi ridurre a tifosi dell’una o dell’altra fonte degli orrori cui assistiamo. 

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Percorsi di Adiacenza-XIV Edizione BookCity Milano

Pubblicato il 1 novembre 2025 su Eventi Milanocosa da Maurizio Baldini

                            

                                      

 

XIV Edizione BookCity Milano

 Circolo Culturale De Amicis

Via De Amicis 17 – 20123 Milano

 12 novembre 2025 – H 17,00

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Progetto di Milanocosa

 Presenta

 Adam Vaccaro

Percorsi di Adiacenza

Antologia di ricerca critica dei linguaggi

Della Poesia e dell’Arte

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Un percorso di poesia, arte e vita, con reciproci arricchimenti tra Testo e Contesto

nella complessità della realtà contemporanea

Dialogano con Adam Vaccaro:

Claudia Azzola, Alessandro Cabianca, Laura Cantelmo, Luigi Cannillo,

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Premio AstrolabioCultura

Pubblicato il 21 ottobre 2025 su Eventi Suggeriti da Maurizio Baldini

ASTROLABIOCULTURA

Premio Letterario

“Astrolabio Del Nuovo Rinascimento”

2025 – 2026

 Premio Internazionale di Poesia (11a Edizione del Terzo Millennio) dedicato alla memoria di Giorgio Bàrberi Squarotti e Renata Giambene presieduto e diretto da Valeria Serofilli Presidente fondatrice di AstrolabioCultura.

Il simbolo del Concorso, l’Astrolabio emblema della Libera Accademia Galileo Galilei, opera dell’artista Vittorio Minghetti, verrà consegnato al primo classificato di ogni sezione e ad altri autori classificati nelle prime posizioni. Al vincitore della Sezione Speciale “Le vie dell’acqua” verrà consegnata invece una pregiata riproduzione artistica della Torretta del Brunelleschi da parte del comune di Vicopisano.

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L’orizzonte che ci spetta – Marco Bellini

Pubblicato il 10 ottobre 2025 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Marco Bellini
“L’orizzonte che ci spetta”
Lietocolle, 2025

Nota di lettura di Margherita Parrelli

Vi è qualcosa nella poesia di Marco Bellini che contribuisce a fare del mondo un luogo meno sconosciuto e, se ci si lascia andare alla sua parola, se le permettiamo di parlarci, finanche confortevole, non comodo e accogliente, ma decisamente capace di rendere forte per il mezzo dello stare insieme, del condividere la sorte e l’appartenenza.
Non è uno sguardo tragico il suo, ma uno sguardo attento, accurato, commosso, che riesce a originare un movimento comune, a prendersi cura delle forme di vita che popolano l’ambiente.
Parimenti vivono nei versi di Bellini l’ontano, il rovo, il ciuffo di ortiche, il giornaletto porno perduto nel bosco e la cascina abbandonata, i grattacieli e i boschi, il bar del paese, l’averla, la vigna e il libro esemplare unico della biblioteca di Merate, il figlio in un amore che riconosce la reciprocità: “ti ho insegnato e così ho imparato/ a pensarti, a tenere quel filo che partiva/ da due punti sul pianeta/ (la mia presenza, la tua presenza)/ per incontrarsi in un luogo lontano”, il vecchio nel quale “ritorna primordiale il movimento della bocca” del succhiare per nutrirsi, “la Teresa che cammina ancora su quel lungomare/ sparpagliata”, il sogno dell’uomo che muore nel sonno poco dopo essere “rientrato mentre il campanile,/ infilato nella nebbia,/ prendeva a botte la mezzanotte”.
Il vivere insieme è un vivere tra pari e gli esseri viventi popolano i luoghi tanto quanto i luoghi popolano gli esseri viventi, ma questa uguaglianza tra le forme di vita non significa perdita del senso di responsabilità degli umani, azzeramento della coscienza, rimozione del pensiero-dato reale che la storia dell’homo sapiens sul pianeta ha un impatto sugli altri suoi pari.

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Percorsi di Adiacenza – Adam Vaccaro – Casa della Cultura

Pubblicato il 21 settembre 2025 su Eventi Milanocosa da Maurizio Baldini

Casa della Cultura
Via Borgogna 3 – Milano

1 Ottobre 2025 – ore 21,00-23,00

Milanocosa e Marco Saya Edizioni
Presentano

Adam Vaccaro

Percorsi di Adiacenza

Antologia di ricerca critica dei linguaggi
Della Poesia e dell’Arte

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Un percorso di poesia, arte e vita, con reciproci arricchimenti tra Testo
e Contesto nella complessità della realtà contemporanea
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Dialogano con Adam Vaccaro:
Donatella Bisutti, Manuel Cohen, Roberto Caracci,
Angelo Gaccione, Marco Giammarchi, Marica Larocchi,
Mauro Macario, Guido Oldani, Maria Pia Quintavalla
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Partecipa Ferruccio Capelli – Direzione Casa della Cultura
Entrata Libera

Scarica la locandina 

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Serata per Giuliano Zosi

Pubblicato il 19 settembre 2025 su Musica e Concerti da Maurizio Baldini

GIULIANO ZOSI,
immaginari musicali e poetici

Giovedì 25 settembre
dalle ore 17

In collaborazione con NoMus

Biblioteca, Sala Conferenze ore 17
Tavola Rotonda
Mariella Messa Parravicini Zosi, introduzione ai lavori
Marco Moiraghi, Giuliano Zosi. Una prova di ritratto
Interventi di:
Rocco Abate, Diego Dejaco, Luigi Manfrin,

Massimo Marchi,

Dino Mariani, Riccardo Nova,

Maddalena Novati, Adam Vaccaro,

Giovanni Verrando, Bruno Zanolini

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Sala Puccini ore 20
Concerto
Giuliano Zosi
Progressionsamba fantasia in samba – Rockschrei
Giovanni Galletta pianoforte

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Inabissarsi – Aldo Nove

Pubblicato il 13 settembre 2025 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Dalla lettura di “Inabissarsi” di Aldo Nove (Il Saggiatore, 2025)
Una serie di tracce sull’esistenza del poeta e della poesia.
Claudio Orlandi

La porta d’ingresso

Lo schifo assoluto di questo momento storico […] mi spinge a raccogliere frammenti di qualcosa che percepisco di aver vissuto.
Una sorta di ineguagliabile tesoro
Una sorta di tesoro verso cui incominciare a*
(*Inabissarsi è il titolo che non per caso ho voluto dare a questo libro. E a conclusione di questa frase. Qui monca. Come tutto nella vita)
*
Una poesia senza vita è nulla, oppure uno degli ennesimi giochi imperanti della finanza globale, cioè il fantasma mortale di qualcosa che non ha altro scopo che rapinare energia all’umano tradito, quasi ormai estinto.
Una vita senza poesia è la trasformazione in atto dei “cittadini”, o meglio degli umani, in automi obbedienti e non pensanti.
La poesia è la memoria di quell’altrove che siamo.

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Cura – Mauro Sambi

Pubblicato il 11 settembre 2025 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Mauro Sambi, Cura, Ronzani Editore, 2024

Premio Lerici 2025

Nota di lettura di Margherita Parrelli

üchtern.

Nella sensazione delle poesie di Cura la parola tedesca nüchter è arrivata. La poesia di Mauro Sambi è sobria, non nel senso di priva di ebbrezza, anche se l’ebrezza non è la sua cifra, e neppure pienamente nel senso di moderata, controllata, disadorna, sebbene sia il linguaggio, ricercato e colto, che la scelta di rientrare nella rima rendano il ritmo di Cura in certo qual modo controllato, ma nel senso etimologico e delle connessioni semantiche che l’aggettivo nüchtern porta in sé. üchtern deriva dall’incontro della parola latina nocturnus con la parola del medio alto tedesco uohta e di quella uchte comune nello stesso periodo nelle lingue parlate nella Germania del nord, che ugualmente significano notturno e notte.

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Frammenti di inesistenza ed allegrie – G. Pio Fortunato

Pubblicato il 12 agosto 2025 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Giansalvo Pio Fortunato, Frammenti di inesistenza ed allegrie, Puntoacapo Editrice, 2025

Nota di lettura di Margherita Parrelli

Il testo parla e il poeta si fa parlato per mezzo del testo che testimonia il suo esserci, il suo essere nel mondo e del mondo. Giansalvo Pio Fortunato sta nel tempo delle cose e il suo sguardo temporale muove dalla tradizione, o meglio è nella tradizione classica del mito e religiosa della cristianità. Il suo essere tradizione non è un volgersi indietro ma un guardare in avanti, un tendere verso il futuro dalla prospettiva della pienezza del presente.
Non a caso a mio avviso, “Frammenti di inesistenza ed allegrie” ha inizio nel momento in cui l’esserci si manifesta: il tempo. La lirica d’apertura, “Odissee”, ha il tempo dell’andare a ritroso verso casa, prende inizio dall’apprendimento di una temporalità che è “un conto lunghissimo”, e disvela la condizione umana dell’ “essere stati / nel confino alla terra”, terra che immediatamente si tramuta in materia, proiettando il mito dell’Odissea nella dimensione moderna dell’universo, dell’immensità nella quale l’astrofisica ci ha gettati, nel futuro dunque, che è il nostro presente tanto quanto il passato.
Colpisce in questi primi versi l’uso delle proposizioni che sviluppano grammatiche alternative e conducono nel mezzo di paesaggi tanto inaspettati quanto insoliti, una caratteristica della scrittura del poeta. Si noti, infatti, che la materia non è specificazione del sostantivo confino, non si dice: il confino della materia, ma il confino alla materia, indicando la direzione verso cui il confino si volge.
L’odissea di cui racconta Giansalvo è quella della soglia, dell’essere stati sul confino e aver potuto guardare alla terra, che per antonomasia dichiarata è la materia, l’unica nostra possibilità di esistenza, l’unico luogo dove l’esistenza si dà.
Pochi versi a seguire il poeta diviene più esplicito e descrive l’esserci come un “cammino in bilico”, fatto di un “susseguirsi di strozzature / ed alchimie”, tipico del “passo d’uomo unico”. Questo esserci è caratterizzato sempre più chiaramente nei versi successivi come “odissee perpetue”, cioè come un’irrequietezza che è un mal di vita e arriva a tramutare l’istinto di sopravvivenza nel suo contrario: “nel rifiuto continuo di una certezza / l’istinto al non sopravvivere / la negazione del corpo”.
Nella parte seconda di questa prima intensa lirica, che prendo come esplicativa e rappresentativa della poetica e della versificazione propria di Giansalvo, fa il suo ingresso la paura, il senso di perdita estenuante che si impossessa dell’essere umano, lo fa precipitare nell’attrazione delle sirene, lo mette in fuga, senza che nulla lo leghi “all’albero maestro”.ùLa paura è qui perdita di sé, senza l’acquisizione del senso, della consapevolezza che conferisce l’angoscia heidggeriana, tanto che essa viene definita come “l’arte amara e trita” e rappresentata come un male incapace di vedere il male.
Così l’ascoltare il canto delle sirene ha una sua efficacia solo per chi si accontenta di rimanere nella superficie delle cose privandosi della consapevolezza: la paura “induce ai salvati solo/ per l’efficacia nel saper udire/ il margine buono delle sirene:/ è facile la fuga/ che scova la pietà del male,/ non vedendo il male.
Prosegue il poeta dichiarando: “quando saprò il segno di Itaca/ sarà troppo tardi, avrò iniziato/ le misurazioni che mi diranno casa/ ed il risultato, il limite pietoso,/ cresciuto nella volontà/ di non evadere più, sarà l’inizi/ della carneficina (…) saprò il tenero/ e l’aspro della scelta”.
In questi versi fa ingresso la consapevolezza della condizione umana, del suo essere tenera e aspra insieme, dalla quale deriva la capacità di non seguire il canto delle sirene e accedere alla pienezza della libertà, all’esperienza del limite pietoso come atto libero e volontario. Una pietà tutta cristiana nei confronti della limitatezza dell’esperienza umana esercitata da un atto volontario, quindi di libertà, di non evadere più dalla condizione propria dell’esistenza, dell’esserci nel tempo.
In questo passaggio mi sembra si possa rintracciare con chiarezza la profondità dello sguardo cristiano di Giansalvo e la sua capacità di congiungerlo a quello della cultura classica, ravvivando entrambe le tradizioni che vivono in lui, nel suo essere poeta del presente.
Questo primo esemplare componimento si conclude con la negazione del mito dell’odissea in quanto viaggio del ritorno: “le odissee (…) non ammettono ritorno”, sono il tempo dell’addio. La fine del mito del ritorno al passato, l’abbandono dell’addio come atto definitivo e inesorabile, consente di inglobare il passato nel presente, di trasformarlo in un più mite “arrivederci/ posto sulle anime semplici”; un arrivederci che getta un ponte verso il futuro e rende a sua volta il presente accogliente e aperto alla speranza, una speranza tutta cristiana.
Non è lettura semplice quella di “Frammenti di inesistenza ed allegrie”, a volte ci si può sentire persi, altre irritati da un logos che sembra negare l’acceso al movimento verso l’altro, altre ancora impossibilitati ad abbandonarsi alla lettura. Richiede invece attenzione, desiderio di fermarsi, capacità di penetrare lentamente la parola, non lasciandosi travolgere da una scrittura eloquente, ricca di immagini e traslitterazioni, potente nella forza del sentire e del concepire.

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