Temi e Riflessioni

anonimie – Massimo Pamio

Pubblicato il 13 gennaio 2023 su Saggi Poesia da Adam Vaccaro
Replichiamo l’articolo già pubblicato sulla Rivista “Odissea”, che ringraziamo.

https://libertariam.blogspot.com/2023/01/la-ricerca-inesausta-di-pamio-diadam.html 

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La ricerca inesausta di Massimo Pamio
In anonimie (Poesie 2010–2020), Edizioni Mondo Nuovo, Pescara, gennaio 2023, pp. 272
Adam Vaccaro

Un libro che si impone con cadenze e intrecci che sono, per chi ha seguito le evoluzioni creative di Massimo Pamio, costitutive della sua inarresa misura con i temi più profondi del nostro esistere. Ma se forma e stile definiscono un Autore, qui ritroviamo confermato – pur nell’impegno richiesto dall’alveo tematico – il rigetto di ogni seriosità supponente, a favore dei panni variegati e dinamici sintetizzati dal Cantimbanco, sintagma e invenzione di uno dei primi testi poetici di questa raccolta antologica che abbraccia un decennio. Una raccolta che è corredata – a sottolinearne il rilievo espressivo – da una ricca Antologia critica, con contributi di Giovanni D’Alessandro, Rossano De Laurentiis, Erica Gazzoldi, Daniela Forni, Renato Minore, Elio Pecora, oltre a una lettera di Gabriella Sica (alcuni dei quali, con fraterne condivisioni del processo decennale di editing, riportano anche le interessanti varianti, precedenti il testo definitivo).
I temi affrontati coinvolgono la totalità di pensiero ed emozioni del Soggetto Scrivente, ma come detto il moto testuale tende a svolgersi nella leggerezza del Cantimbanco, termine che è “un calco di saltimbanco” (come rileva Erica Gazzoldi), e insieme “termine medievale per indicare il cantastorie” (lo ricorda Daniela Forni, che incastona lo stile dell’Autore in giullare del mistero), alias, il cantore, il poeta, che rifugge dal “prendersi troppo sul serio – a mo’ di Aldo Palazzeschi, che si definiva il saltimbanco dell’anima.”
Il Cantimbanco, vola e svolazza (ridacchiando anche sul Volo romanziere popolare) con le sue poesie volte a una Teomantica, prima parte della raccolta, e un altro dei molti termini inventati e necessari alla interminabile ricerca interrogante di cui si nutre (e ci nutre) il libro. “La ‘teomantica’ unisce il dio (teo-) all’arte della divinazione (–mantica). È dunque ispirazione divina, che fa vedere in profondità” (Gazzoldi), coniugando continuamente opposti, paradossi e ossimori, alimenti verbali che qui non sono Jeu de mots autoappaganti, ma segni di una insaziabile fame di canoscenza. È la prima comunicazione complessa che questa poesia e questo libro trasmettono.
“Mio Dio che sei l’unica parola/ che avrei voluto dire e pensare/ echeggiare nel silenzio e nell’anima/ mio Dio che sei tutto ciò che non so/ che sei il più lontano dei miei no”
Dio è parola di ricerca nel mistero, esteriore ed interiore del giullare. Un esteriore che tra i grani del suo rosario, declina ignominie di violenze e guerre di dominio, unite a autodistruzioni di ogni equilibrio della “Madre Terra”. Non meraviglia perciò lo sbocco nell’invettiva: “scaglia gli ignoranti / che vivono sul tuo volto dolcissimo”. Mentre il singolo diventa collettivo: “Schiaffeggiati dal guanto del mondo,/ pretendiamo ragione”, e si fa profetico, tra gli estremi frutti velenosi delle logiche in atto, di “grande freddo” o “riscaldamento globale” e “desertificazione del futuro”. Che nella campitura mistica, domanda: “che sia questo del Maligno” il disegno? Domanda rivolta anche al qui-ora e al noi: “C’è una persona in noi o c’è uno spiraglio del vero del mondo…un segnale del divino che ci avvisa ogni volta del nostro misterioso ingannarci?” Domande che non salvano lo stesso cantimbanco: “inguaribile egocentrico” e “fingitore”, quale denudato da Fernando Pessoa? “Narciso trasformista” che rimane chiuso in sé, o Autore di sé, che sa uscire dai deliri di essere Fattore del Mondo e Castello di Dio, facendone uscio di un senso D’Io?
Domande, interrogazioni e ribaltamenti di sensi compongono la struttura retorica portante del testo: “L’uomo, misura di tutte le cose che non sono,/ di tutte le assenze in sé cumulate, come di quelle/ neanche immaginate. Precluse, tutte, all’interiorità/ come all’esteriorità: escluse da ogni mondo, per amore”.
Pochi versi che incidono il nucleo portante del libro, sintetizzato nel titolo, anonimie. Le minuscole evidenziano il senso di cancellazione di una soggettività che si afferma, Io o Sé che sia. Ma quel “non sono” non ha qui – come ben sottolinea Giovanni D’Alessandro – il significato storicizzato montaliano, di “ciò che non siamo… non vogliamo” – ma di un soggetto singolo-collettivo che si sente smarrito, annullato, non da un gioco autoreferenziale di pensiero, ma dalla immensità dell’esperienza dell’universo, presente e per lui intangibile, come rileva Elio Pecora.
Ma questo vuoto, questo zero, non sono ripiegamento piangente, perché si fa pedana di ripresa del “cammino verso la conoscenza del sé” (D’Alessandro). Siamo dunque alle origini della Sofia, dell’essere conscio della propria infima e insignificante essenza e presenza di fronte a un universo dal significante e significato ignoti. Ribaltati però a fondamento di moto verso domande inesauste, di ricerca che può essere solo del senso dell’Altro e dell’Oltre, ma ricongiunte a specchio nel proprio sconosciuto Sé. Il vuoto diventa così fonte e utero di conoscenza, coscienza dell’interminabile circuito di nascita e rinascita, senza il quale il tutto rimane nulla.
Il gioco e la sfida di Pamio vanno perciò al di là del moderno e di qualunque suo post. Se in tali fasi storiche siamo stati folgorati e sommersi da forme di hybris, deliri di onnipotenza di incrollabili certezze di “magnifiche sorti e progressive” (La Ginestra, Leopardi), Pamio declina e ci sconvolge con versi: “l’incanto/ della fissità d’un bambino mai nato/ il poeta che io sono, mai avuto/ da nessuna madre, da nessun uovo”. Versi che sanno coniugare umiltà e ripresa di sé, nel volo di rinascita di una Fenice-Poesia.
Rinascere alla vita, nonostante i suoi orrori è l’imperativo categorico che ci dona l’astro (come è chiamato dall’Autore) della sua poesia. Davanti al Tutto che parla ed è muto, nasce lo stupore, lo smarrimento, la sofia e la poesia, che danno anche il nome di Dio a tutte le domande interminabili, cui l’atteggiamento mistico risponde col fervore della fede, e l’atteggiamento agnostico, con diversa umiltà lascia sospese.
Ma il Sacro è campo aperto per entrambi, imprescindibile fondamento del senso del limite e dell’etica, il cammino umano negli impervi ed esaltanti passi del pensiero moderno ha piantato lapidi con su scritto “Dio è morto”. Ma l’uomo è vivo? Pamio su questo crinale riparte dalla lapide della morte dell’uomo, eredità di un processo antropologico, senza il quale siamo nulla. In tale alveo, le domande riguardano anche la teomantica e il campo pieno di croci e orrori consegnato dalla storia. Pamio ci invita a ripartire davanti a un immane fallimento che, se è di Dio, è in primo luogo del suo presunto vertice o specie eletta della Creazione.
Nel circuito vitale misterioso, che continua e non ci appartiene, la morte e la vita sono due facce dello stesso Tutto, congiunte in un punto che è Amore, con mille nomi e forme al pari di ogni altro ramo e nucleo della Cosa che chiamiamo Vita. È il nome del mistero che ci dona e domina con la sua petite mort – geniale dicto-scintilla, verbale, materiale e spirituale – di nuova vita. È il campo aperto di infinite anonimie, che attendono da noi di riavere la dignità di un nome.
Può il poièin morire e rinascere in questo campo di croci offrendo il suo canto straziato di corpi senza nomi? È la domanda aperta, senza pace ma affamata di gioia, che questo libro ci lascia. Un libro che si libra in precario equilibrio, di un soggetto che dopo aver inscritto lapidario “Fugge da me ogni certezza”, ribalta come clessidra gioiosa l’invito a “orfanarsi” nel volo di una “cartaventosa”, di una “Cartadittamondo” per porsi e porci, nudi e indifesi, tra paure e tragedie, in uno smarrimento che si fa luogo di linfa singola-collettiva di utopia resistente: “uniti nella speranza nella pienezza dei tempi/ disseppelliremo il nuovo contratto con il mondo”, fino a reinventare il lampo sotto le bombe del mattino ungarettiano, in una forma che è una sorta di balbettio infante: “M’incantesimo d(’)i/m– (m)en(s)o. Scoppiano le bombe e insieme scoppia la gioia-poesia:
“vita è scostare le tende/ per vedere ogni altro mondo”. L’insegnamento è: bisogna partire dal minimo, ma occorre salvare il sogno critico capace di re-agire e smascherare il pensiero unico del turbocapitalismo, tendente a cancellare differenze e a ridurre la ricchezza dell’umanità in un’unica metropoli mondiale.
La ricerca espressiva di Pamio va dunque oltre appagamenti minimalistici o chiusure in torri d’avorio parnassiane, per misurarsi col vento di tutta la storia umana. Un libro vitale e ricchissimo di stimoli, di filosofia, scienze sociali e poesia, da quella più alta fino ai cantautori moderni.
L’Io è sbeffeggiato e rincorso tra sarcasmo e autoironia, colma infine di pietas: “il mio io…consenziente, vigliacco, imbecille, codardo. lo conosco come le mie tasche. Vorrebbe corrompermi o vendermi per pochi denari, tradirmi. Non sa chi sono e di che cosa sono capace. Prima o poi lo trovo e lo ammazzo, con le sue stesse mani. E lo perdono.”
E uguale contropelo è riservato al contesto storico attuale, coi suoi simboli e poteri, che mentre marchiano la vita di massacri e “dal seme della sconfitta del bene”, continuano le declamazioni retoriche di trattati e sigle inutili (ONU, UNESCO, FAO), in un “teatro delle Illusioni” e delle falsità.
Allo stesso Dio, nome di Tutto e Nulla della sua Teomantica, non concede sconti e quella pietas riservata all’umano: “Mio Dio che sei l’unica parola/ che avrei voluto dire e pensare”; “Dio, solo l’inizio d’una negazione senza fine”; “L’Eterno, L’Onnisciente,…L’Onnipotente…lo cerchi in ogni dove./ Fin quando – in un filo d’erba che oscilla/ con superbia per aver resistito/ allo strazio del vento,/ lo trovi: il tuo Io.”; sì, se “Sono: ti annullo, Dio./ E poiché mi doni la parola,/ sia Tu maledetto, compiaciuto in Te stesso…/ amarTi del Tuo Amore, demente Dio ingordo di me,/ che io non sia mai Tuo.”
Le domande su Dio e sulla Poesia sono entrambe interminabili e senza possibili risposte definitive. Altrettanto si può dire della scienza e del soggetto interrogante, Io o Sé che sia. Ma senza queste domande la vita umana è monca. Il valore di questo libro è di farne testo in forma di poesia. Per cui, chiosa opportunamente Forni: “La sua poesia potrebbe sembrare a una lettura superficiale scevra dagli agganci al presente, intrisa di metafisica e di spiritualità”. È un profilo rispondente a quello proposto da Gabriella Sica: “Forse sei anche tu, almeno un po’, come un tuo antenato, il bellissimo pre–italico guerriero di Capestrano. Anche lui non smette di combattere nell’istante e nei secoli, orgoglioso e docile, ‘l’eroico protagonista/ e l’umile comparsa’”.
11 gennaio 2023

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AUGURI 2023

Pubblicato il 14 dicembre 2022 su Temi e Riflessioni da Maurizio Baldini

  Augur 2023

Milanocosa

Per viaggi vitali non solo di carta

tra luci accese solo da elettroni

Adam Vaccaro 

Ucraina e oltre – La complessità che manca

Pubblicato il 5 aprile 2022 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Ucraina, domande e ricerca di complessità

Adam Vaccaro

(su https://www.milanocosa.it/temi-e-riflessioni/ucraina-e-oltre-la-complessita-che-manca)

 

1 – Nel crogiuolo in atto

Il crogiuolo delle vicende tragiche in corso, che proseguono e cambiano di giorno in giorno, stimola riflessioni incessanti, se non si è convinti di aver acquisito la Verità definitiva. La Cosa è veramente come un’istrice piena di aculei, che coprono il corpo, nascosto da uno tsunami ideologico orientato al 90% verso un Occidente fonte di ogni Bene.

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Parole e Cose

Pubblicato il 24 febbraio 2022 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Le cose sono fonti di parole, simboli, allegorie, forme tradotte poi nelle realtà vissute da ciascuno.

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Pierino e il Trio

Ruzzando tra pozzanghere e ciuffi
d’erba con la palla Pierino non sapeva
ancora che un asino puó sin addobbarsi
con panneggi e finimenti di paurosangue
e un maiale puó grufolare grugnire anche
con ritmi di nacchere al vento dell’est, o un
serpente puó dindare sulla punta simile étoile.

Pierino, candore erede d’antiche sapienze, credeva
ancora in quello che vedeva e sentiva come zucchero
filato di Verità, mentre inciampava in un similciuffo
d’erba con la faccia spiaggiata nella pozzanghera,
che impossibile era vedere la palla rimbalzare
lontana findove il Trio irrideva e ruzzolava
sulle tavole di un palco sgangherato –
e a Pierino ancora ignoto.

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(Ri)Elezione Mattarella

Pubblicato il 3 febbraio 2022 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

LA TRAGICOMMEDIA DELLA (RI)ELEZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Prima, durante e dopo: Autori invisibili e Guitti in cerca d’Autore (*)

ADAM VACCARO

L’indecoroso spettacolo cui abbiamo assistito nei giorni scorsi, e non il primo negli ultimi decenni, nel corso dei quali grandi elettori sono rimasti impantanati nel rito della elezione del Presidente della Repubblica, ha fatto risaltare la crisi del sistema rappresentativo italiano, nella forma attuale di leaderismo personalistico, che fa ricordare derive oligarchiche.  Deduzioni che possono apparire improprie, se non si considera che il popolo non elegge più i propri rappresentanti, e che quelli attualmente eletti sono stati scelti tra fedelissimi e non tra i migliori. Sono frutti marci di leggi elettorali illusoriamente furbe di tale leaderismo, prima col c.d porcellum (o mattarellum) e poi col rosatellum, che avevano il preciso obiettivo di una democrazia priva di sostanza e linfa vitali, ridotta a una ritualità esangue, di un sovranismo autoreplicante e autoelettivo.
Il risultato ovvio è che quasi il 50 % degli italiani, nauseato, non sia più andato a votare, non riconoscendosi nei nomi proposti da comitati ristrettissimi di fantasmi-partito rispetto a quelli di circa 50 anni fa. I quali erano corpi politici con strutture, visioni e interessi – pur contrapposti – radicati nel corpo sociale, attraverso circoli e altre sedi di discussione tra rappresentati e rappresentanti.
A che cosa è dovuto il passaggio dal partitismo a questo leaderismo antidemocratico? Penso che occorra capire le cause di fondo che hanno determinato il degrado e lo sgretolamento delle strutture precedenti, avvenuto per ragioni tutt’altro che misteriose e incomprensibili. Sono ragioni e logici risultati connessi, per me, alla affermazione della visione neoliberista del capitalismo globalizzato, per il quale le furiose innovazioni tecnologiche sono state e sono armi fondamentali di potere finanziario e di controllo delle masse.
I partiti degli anni ’40-70 sono stati spezzati e spazzati via più che da azioni giudiziarie, da una erosione e cooptazione crescenti di tale turbocapitalismo, che è riuscito a smontare come tasselli di un domino il precedente assetto. Per il pensiero unico neoliberista, lo Stato sociale, che esercita controllo e redistribuzione della ricchezza prodotta, è un residuo retrivo, fonte di “lacci e lacciuoli” nemici di sviluppo e progresso – termini-coperchio di profitto privato vs interesse pubblico, cardine della nostra Costituzione.
Il primo decisivo colpo è stato assestato nel 1982, quando – grazie ad Andreatta e Ciampi, e nel silenzio assenso di tutti i partiti, compreso il PCI – venne decisa, con un atto amministrativo e senza discussione parlamentare, la privatizzazione della gestione del debito pubblico e della Banca d’Italia. Quanti Italiani sono stati coinvolti dai loro partiti nella discussione su tale grave mutamento d’indirizzo, deciso da una decina di architetti finanziari, tra cui Mario Draghi, in una riunione sul panfilo della Regina Elisabetta al largo di Ostia?
L’esproprio dell’interesse pubblico, col contemporaneo svuotamento di potere di rappresentanza e controllo dei partiti, era avviato. La diga era rotta e ciò che seguì fu una piena di privatizzazioni, con risultati che non potevano che essere quelli che abbiamo sotto gli occhi (per chi li vuole vedere), in primo luogo disparità socioeconomiche crescenti – cause di fondo della crisi della sinistra.
Ma proprio per questo, la strategia della globalizzazione neoliberista scelse di avere come interlocutori privilegiati i gruppi dirigenti dei partiti della sinistra storica, in primo luogo il vecchio PCI. I processi contro la diffusa corruzione politica, messi in atto da Mani pulite, sono stati certamente utili alla strategia di tale rinnovato capitalismo, liberato da ogni freno. Ma se il PCI fu l’unico tra i vecchi partiti a non essere travolto dall’azione giudiziaria, per il suo smembramento e la sua cooptazione nel nuovo orizzonte, bastò l’azione diretta e vincente dei capitali coraggiosi.

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Per Cristina Annino

Pubblicato il 30 gennaio 2022 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Ieri Cristina Annino ha preso il volo verso l’ignoto.

Un’altra amica ci ha lasciato e qui ricordo brevemente i tanti scambi avuti nell’arco degli ultimi decenni. Ci siamo conosciuti a Roma nel 2003, in occasione della Tappa romana della 1°Carovana di Poesia e Musica. Poi ci siamo conosciuti e riconosciuti meglio pochi mesi dopo, quando Maria Jatosti ci dedicò sul Lungotevere un incontro, presentati da Donato Di Stasi. Il colloquio umano e culturale proseguì poi con molti incontri tra Milano e Roma. Da parte sua, mi onorò con una sua opera pittorica, altro campo del suo esercizio creativo. Da parte mia, dedicai alla sua poesia diversi scritti critici, tra questi, una analisi complessiva del suo originale percorso espresssivo, in Sotto la Superficie, letture collettanee antologiche di poeti contemporanei, con la Rivista La Mosca di Milano e Bocca Ed., 2004; poi in occasione di una sua partecipazione alla serie di Quintocortile, e con un post di Milanocosa di Anticipazioni, https://www.milanocosa.it/anticipazioni/anticipazioni-cristina-annino. La sua poesia è ardua, al pari del suo carattere forte e severo, nei confronti dello stesso ambito poetico. Tuttavia aveva un’anima tenera e sensibile che si apriva con chi stimava.

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Memorie del Futuro

Pubblicato il 27 gennaio 2022 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Memorie del Futuro

La cenere dei fumi di Auschwitz
così bianca, viola infine rossa
batte batte dentro al cuore

non volerà ricadrà su questi
ruderi e cori di blatte
a nutrire il nostro sangue

acceso che pesa ogni grammo
di carne umana
rossa poi viola infine bianca

di ogni vittima diventata cenere
deposta nelle mani di Cerere – che
ne faccia messi di una Terra

non più prona a poteri e follie
offerta al dio di tutti
senza figli prediletti

di una Terra non più
crocifissa da confini e
tavole imbandite di eletti

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Alfredo Panetta – Ponti sdarrupatu – Il crollo del ponte

Pubblicato il 10 gennaio 2022 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Alfredo Panetta, Ponti sdarrupatu – Il crollo del ponte
Passigli Poesia, Firenze, 2021

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La poesia e l’imperativo categorico
Adam Vaccaro

I libri di poesia sono fonti di mille domande esplose da una tensione che da un particolare punto di partenza muove verso un viaggio periglioso nella irraggiungibile complessità e totalità del mondo interiore ed esteriore del Soggetto Scrivente. Ma i migliori libri di poesia – Dante docet – non possono rinunciare a dare risposte e a esprimere giudizi, ovviamente entro le forme che la caratterizzano.

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Finalmente disgregati

Pubblicato il 1 dicembre 2021 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Il dono di un po’ di ironia e tensione critica sotto una cappa che moltiplica paure. 

Vedi anche su:

https://auralcrave.com/2021/11/29/finalmente-di-nuovo-disuniti/?fbclid=IwAR1dQ1QgSkLyYAgWCMgxEXWp6wSZJ8fnIMPCPX8L6qLwX22OuQ5DFkpGSJk

A.V.

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Buona Pasqua di Rinascita

Pubblicato il 2 aprile 2021 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Auguri Milanocosa

e nonostante le restrizioni

Buona Pasqua
di Rinascita

La Redazione di Anticipazioni di Milanocosa

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