A. Vaccaro

Buon 25 Aprile

Pubblicato il 24 aprile 2024 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Buon 25 Aprile!
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Che il 25 aprile ci dia rinnovate energie di resistenza al vento malsano in atto!

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Quelle quattro note

Quelle quattro semplici note
che entrano – si dice qui nel
cuore – come la voce di una
amante che comanda sopra il
crinale tra l’io travolto e la sua
essenza ripresa. Ciao bella ciao,

voce dell’anima persa e a un tratto
ritrovata come una vecchia moneta
che suona, tin tin fra le dita, tintinnante
ancora tra i ricordi che aprono le cateratte
del cielo, un cielo ancora possibile – unico
tra passato presente e futuro – un cielo che
è ora negato ma ritrova il sogno resistente
battente forte sulle note della nostra identità.

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Memorie di Fausta Squatriti

Pubblicato il 23 aprile 2024 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Memorie di Fausta

Fausta Squatriti ci ha lasciati. È l’ennesima tessera che scompare in quel mosaico chiamato Milanocosa, che ho sognato, realizzato e che per un quarto di secolo ha segnato e riempito non solo la mia vita, perché ha lasciato una somma di tracce di non poco rilievo per tanti. Tracce di un percorso arduo e interdisciplinare che ha coinvolto ambiti speculativi e arti, con al centro una visione di poesia che non fosse solo carta e righe spezzate. Alimentata da una attenzione appassionata all’orizzonte sociale, in cui si voleva e si vuole essere parte, e non un mondo a parte.
Tale condivisione profonda si è poi tradotta, in particolare con Fausta, in carteggi e discussioni accese, in riunioni anche a casa sua, da cui sono scaturite iniziative importanti, tra le quali, la pubblicazione di uno dei libri di Milanocosa, che ho curato con lei, 7 parole del mondo contemporaneo.
Di questo sogno e questo poièin Fausta è stata da subito parte attiva, condividendolo nella visione e nel fare, lei stessa impegnata oltre che in creazioni d’arte visiva, in scritture in prosa e in poesia, con risultati di rilievo a livello nazionale e internazionale. Era la figlia di Lina Angioletti, entrambe per me linfe preziose per l’avvio e il percorso avventuroso e molteplice di Milanocosa. Come critico mi sono occupato di entrambe, sollecitato dalle loro opere, scritti che sono stati pubblicati in libri e riviste, ma prima di tutto dal sito di Milanocosa.
Ma Milanocosa ha ereditato da Fausta quel segno che la rappresenta, il logo da lei creato, di una immagine di intrecci interdisciplinari perseguiti dall’Associazione nella scritta sottostante, Voci Intrecci Progetti, sintesi dell’anima, direi, del lungo difficile fare collettivo, nella tensione di una conoscenza pur interminabile, che la Cultura più ricca deve perseguire – in particolare in un contesto quale quello degli ultimi decenni, tendente costantemente a chiudere, anziché ad aprire orizzonti più umani.
Tuttavia queste somme di azioni, scambi, iniziative e risultati collettivi, non mi bastano a delineare una memoria a lei dedicata, se non aggiungessi un legame affettivo profondo, che oggi deve prendere atto di una perdita dolorosa, di un addio ineluttabile e imposto dai nostri limiti cui dobbiamo piegarci.
23 Aprile 2024

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Non mi arrendo -Anna Maria Curci

Pubblicato il 21 aprile 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Non mi arrendo
Sulle due ultime raccolte di poesia di Anna Maria Curci

Luigi Cannillo

Potenza dei prefissi: avevo ricevuto e ho letto una dopo l’altra le due ultime raccolte di Anna Maria Curci, Opera incerta, L’arcolaio, 2020, e Insorte, Il convivio, 2022. Ho trovato subito suggestivo, per quanto magari “involontario”, il legame tra i due “in” presenti in entrambi i titoli: incerta – insorta. Nel primo caso a esprimere negazione, valore contrario; nel secondo piuttosto in senso rafforzativo. (Tra l’altro una “in” appariva già nel titolo della prima pubblicazione dell’autrice Inciampi e marcapiano…) Nelle due raccolte, ferme restando le caratteristiche che le contraddistinguono singolarmente, si possono trovare via via, considerando anche la variazione “im”, diverse altre forme di negazione, da “insonnia” a “impunite”, da “inattuale” a “imperdonabile”. Come per una inclinazione verso il no, un atteggiamento critico e dissidente nei confronti di ogni forma di imposizione, in una distanza critica che trova espressione nei versi. Come nel “Non mi arrendo” che conclude la poesia Vorrei restituirti: “Vorrei restituirti/ i giorni del marsupio/ di pettini a denti stretti/ di box e seggioloni/ lanciapappa,/ Fassbinder e von Trotta/ nella lingua dei sogni,/ i nostri, che hai dismesso.// Restituire è rendere?/ Restituzione è resa?// Non mi arrendo.”
Un filo conduttore tra le opere di Anna Maria Curci è stato tratteggiato da Giuseppe Martella in un suo intervento sul blog di Poetarum Silva individuando nelle più recenti opere dell’autrice “[…] una trilogia che verte sul tema di fondo della paideia (educazione, formazione, illuminazione) di una comunità che si identifica e cresce attraverso la traduzione reciproca di lingue e dialetti di luoghi diversi. Questa era infatti la funzione originaria della poesia, nelle rapsodie preomeriche, cui era affidata la trasmissione di una koinè e di un ethos in regime di comunicazione orale.” E infatti nel processo di formazione e di educazione personale sono fondamentali sia il desiderio di conoscenza che la formazione di una coscienza critica. Entrambi questi elementi sono eticamente fondanti della poesia di Anna Maria Curci, così come le forme di dissidenza alle quali ho inizialmente alluso.
Certo le due raccolte che sono oggetto di questa nota hanno anche caratteristiche proprie. Opera incerta riunisce testi scritti dal 2008 al 2019 suddivisi in quattro sezioni. Il titolo deriva da Vitruvio che definendo Opus incertum si riferisce al riunire e connettere elementi disuguali. Come afferma l’autrice nella sua nota iniziale, si tratta di “mettere insieme le diversità in vista di un’opera comune […] Sull’oggi brutale e dimentico si affaccia l’aggettivo “incerto” con l’interrogazione permanente posta dalla poesia”.
Il motivo conduttore tematico delle sezioni parte dalla forte impronta metaforico/allegorica di “Barcaiola”, poi si sviluppa nei riferimenti ai maestri nella sezione eponima e nella successiva “Mnemosyne “ nella quale la rievocazione si allarga alle figure famigliari fino alla ricomposizione finale nelle diverse tonalità di “Di tanto azzurro”. Fondante nella stesura e nella scrittura è una modalità che si può definire di attraversamento, come sottolinea Francesca Del Moro nella postfazione – e il concetto viene ripreso da Giuseppe Manitta nella nota di presentazione a Insorte. Si può trattare di un processo conoscitivo: “Siedi sull’altra riva e getti l’amo,/ Io traghetto.// Nella scalmiera remo/ bisbiglia con cadenza.// Lei, la tua mobile sostanza, smesse// le vesti torbide, mi accoglie.// Quando riprende il volo la speranza,/ cocciutamente sai che non è fuga.” Oppure di un percorso della memoria: “Additando quell’albero, sospeso,/ ti sei rassicurato del suo nome.// Di contrabbando, dietro a un fast food,/scorza e foglie incuranti del fritto/ schiudevano sornione il ricordo in agguato,// l’eucalipto piantato da mio padre/ per tutto il condominio. Fu una festa/ con il mare nel naso// e noi bambini, fieri.” Nella consapevolezza della propria presenza nella contemporaneità, della propria irriducibilità: “Non so se sono ancora la bambina che facevi volare nel mattino/ nitido e freddo al sole di dicembre.// La casa, poi il mio asilo e la tua scuola/ dove da trafelata ti mutavi,/ lingua madre diventava il francese.// So che di tanto azzurro mi rimane/ un fiocco, il cielo in testa e l’occhio desto,/ pegno d’incanto, balzo, testimone.”
Insorte non smentisce la fermezza e l’impegno della raccolta che la precede, anzi: i meccanismi anche formali diventano più serrati, gli enunciati più perentori. E ancora più significativo sembra diventare lo spazio lasciato alla riflessione e alla interpretazione di chi legge. Lo stesso titolo ha valore polisemico: oltre che come participio passato di “insorgere” (verbo comunque compatibile con lo spirito dell’autrice) se viene scomposto in due parole può sottolineare un riferimento destinale, un compito alto e nobile per la poesia.
Anche in questo libro troviamo una forte coscienza della storia contemporanea con le sue tragedie e ingiustizie ma sembra accentuarsi l’attrito delle contrapposizioni e dei conflitti. Non mancano gli slanci lirici, i riferimenti alla mitologia e alla classicità o al mondo naturale: “nell’angolo del verde che concerta/ ulivo cycas susino su trapunta/ di pratoline e veroniche discrete// proseguono le prove silenziose/ di un tripudio che tarda a venire/ sinfonia di un incanto distante// ha due temi e più note in contrasto/ senza termine e data è l’orrore/ senza termine e data è l’amore”.
Si tratta di riprendere “il filo e la parola” come nella poesia d’esordio della raccolta. Seguendo l’invito agostiniano alla lettura che dà il titolo all’ultima sezione: Tolle, lege: “Dietro i vetri i tuoi libri/ custodiscono pagine da aprire/ in tutti i tempi, dicono tolle, lege!// Dato per perso, è pur tenace il filo/ rincorso a capitomboli sventati./ Prende fiato e dal margine addita.” È Il filo della consapevolezza, che si diparte da una lunga tradizione, e alla fine della raccolta si ricongiunge con quello della prima poesia. Quel filo da un lato afferma la dignità del lavoro poetico, “la tela della poesia”, ma, più in generale, consente alla vita di farsi largo, nonostante tutto, a riaffermare una forma di speranza e di impegno.
Anche in questo auspicio, oltre che nel puntiglio e nelle manifestazioni di insubordinazione, sta il percorso comune delle due raccolte. Così in Opera incerta troviamo: “Così va l’azzurro oggi/ non cerco altre parole/ Si affacciano discrete/ se offrono riparo.// Sui sentieri interrotti/ non portano salvezza/ rabberciare non sanno./ Duetta l’ombra con la luce.” Oppure: “Posa la mano sul ghigno amaro/ la ruga appiana di constatazione./ Prenditi sottobraccio il riso/ saluta i sassi e cammina nel sole. E in Insorte: “Contro le spalle/ rimbalza la borraccia/ ritmo di passo.// Bussa la sete/ compagna di viandanza/ sperando ancora.” Passaggio quindi percorso, nella sete di conoscenza, di giustizia. Sete di parola.
Infine, ma non meno importante spicca l’omogeneità delle scelte stilistiche, come si diceva ribadite nella raccolta più recente: l’ordine nella disposizione del testo e la versificazione asciutta, con poesie scandite in sobri distici, terzine e quartine nelle quali i versi, da quinari a settenari, tendenzialmente non superano endecasillabi. Con il contrappunto delle rime, e assonanze, allitterazioni, neologismi, fino a gruppi nominali senza articolo. In un tono che sa arrivare a suggestioni liriche senza scivolare nella deriva del sentimentalismo.
Il rigore metrico-ritmico e lessicale non vuole essere formalismo o manierismo, ma rappresenta una scelta di stile tanto più perseguita quanto rigorosamente si presentano anche le varie tematiche. Le risposte cercate rispetto a quella “interrogazione permanente” devono essere sostanziali, sollecitate dalla stessa formazione etica e culturale di chi scrive. E, nel caso di Anna Maria Curci, anche dall’esperienza di insegnante, traduttrice, organizzatrice culturale e nella sua attività critica, in una paideia a vasto raggio che si sviluppa coerentemente, in attraversamento costante, anche nelle sue raccolte poetiche. : “[…]// C’è un tempo di usci chiusi,/ uno di porte aperte./ A metà strada indosso/ bizzarro giustacuore.”

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Eden – Sergio Gallo

Pubblicato il 16 aprile 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Il dovere e il coraggio dell’utopia resistente
Adam Vaccaro

Sergio Gallo, Eden – Memorie di un cittadino sospeso, Ed. Sensibili alle foglie, 2022

Titolo e sottotitolo di questo libro di Sergio Gallo sono già linee di sensi cercati e svolte poi dalle trame del testo, analizzate e rese con profondità nella Prefazione di Paolo Gera: Natura resistente, umanità sospesa, l’Eden violato di Sergio Gallo. L’apporto offerto da Gera non rientra nei consueti stilemi di servizio editoriale, mosso com’è da un intreccio dichiarato di affettuosa e scrupolosa analisi tra lingua e visione, per cui diventa porta d’accesso preziosa per la lettura dei vari livelli di sensi e complessità del testo.
Gera ricorda in primo luogo che il libro nasce nella temperie drammatica dei due anni di Covid, “due anni pestilenziali”, non tanto e non solo per l’azione virale e le morti causate, ma per la gestione strumentale dei poteri mondiali dominanti, che ne hanno fatto occasione di un virus sociale utile a moltiplicazione di controlli autoritari, travestiti da protezione sanitaria, attraverso un bombardamento dei mass-media, mai prima messo in atto con altre epidemie, teso a moltiplicare paure, razionali e irrazionali, e quindi soggezione…
Due anni, sottolinea Gera, che hanno “trasformato i rapporti fra le persone, hanno eretto barriere inconcepibili e distanziamenti psicologici”, accentuato le disgregazioni sociali degli ultimi decenni di dominio ideologico del pensiero unico neoliberista, reso i cittadini più passivi, riducendo pertanto la sostanza di una democrazia sempre più ridotta a rito formale. Di qui l’importanza del suo rilievo: “Questo De Rerum Natura di Sergio Gallo non si conclude con la descrizione dell’epidemia mortale, come nell’originale lucreziano… L’indicazione data dal percorso dei versi” è “all’interno di ogni forma biologica”, capace di incarnare l’utopia resistente dell’Eden di un’umanità liberata, fondata non in un fideismo ottimistico, ingenuo o volontaristico, ma nelle dinamiche della fenomenologia vitale.

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L’albergo dei morti – Fabio Dainotti

Pubblicato il 11 aprile 2024 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

Fabio Dainotti, L’albergo dei morti, Manni Ed., 2023

In questo libro di Fabio Dainotti – del quale ho seguito il percorso espressivo lungo i decenni accumulati di scambi personali e letterari – ritrovo una sorta di auto-antologia delle sue corde tematico-affettive. Ma sono tentato di declinare il termine in auto-antologhia, con torsione etimologica verso logeion, di proscenio di teatro greco. Anche perché il testo si svolge in sequenze e personaggi del teatro memoriale dell’Autore, che dà forma a un reale e immaginario camposanto, coltivato nella sacralità affettuosa che (r)esiste e continua a curare il proprio sé con tale amoroso, incessante gesto. Ne scaturisce un impegno etico e di amore per la vita, che nella deriva epocale in cui siamo, diventa magistero che non smette di rilanciare il suo canto:

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Trasmutazioni – Adam Vaccaro

Pubblicato il 7 aprile 2024 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Novità editoriali
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puntoacapo Editrice comunica l’uscita del mio “Trasmutazioni – Alchimie in Caoslandia”, con Prefazione di John Picchione e Postfazione di Gabriella Galzio.
Adam Vaccaro

Per gli interessati, segue il link utile per la prenotazione.

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http://www.puntoacapo-editrice.com/SHOP

Tu non lo sai

Tu non lo sai quando e come
l’ala gelida del male ti passa accanto
né come è successo che la sua aria nera
abbia solo sfiorato i polmoni e quest’acqua
putrida di mafia non abbia ancora toccato
la tua pelle. Ma aspetta
ancora un po’ fiducioso e immobile e ne
sentirai presto l’alito e il fetore. Ché se
avrai ancora un po’ di pazienza potrai
sentire anche i denti – che dei sapori
d’amore amano il caldo suo sangue

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Anticipazioni – Maurizio Soldini

Pubblicato il 5 aprile 2024 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Murizio Soldini
Inediti

Con nota di lettura di Luigi Cannillo

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Nota di poetica
La mia poetica? Non mi affido ad alcuna progettualità operativa, se non a un continuo lavorìo di fondo sulla parola, che si articola a partire dall’esistenza e da una prospettiva performativa in un work-in-progress tutto immerso nel mare magnum della vita. Non scrivo a partire da idee a priori e dall’ego, ma cerco di partire dalla materia, dall’humus, dal fango col quale ci si sporca le mani nelle meccaniche terrestri e nelle loro dinamiche. Sono prioritari il dato reale ed esperienziale, i sensi, le percezioni, gli accadimenti, le cose e le persone. Di qui alla scrittura il passo è breve come un fulmine. In una dimensione prettamente fenomenologica. Il tentativo ultimo è dare un senso, al di là dei sensi, all’esistenza. Sono in controtendenza nello stare ancora(to) nel Novecento e nel non aderire al mainstream attuale votato per lo più al nichilismo minimalista, tanto più ché la mia ricerca è tesa anche al canto, che ormai è quasi del tutto dismesso dalla maggior parte dei poeti contemporanei.

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Ricerche poetiche – Paolo Gera

Pubblicato il 2 aprile 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Nascita e cura della parola poetica
Ricerca delle articolazioni e dei suoi sensi biologici e sociali

Adam Vaccaro

Paolo Gera, Ricerche poetiche, puntoacapo Ed, 2021

“m m/ m m m/ ma ma/ ma ma ma ma ma/ smarrita// p p/ p p p p/ pa pa/ pa pa pa pa/ paura// t t/ t t t t/ te te/ te te te te/ terra// l l/ l l l l / la la la la la/ luce” (p.7). Pelurie verbali e balbettii, cui seguono alla pagina successiva: “sora paura/ si’ oscura/ allumini esta selva/ morte luce/ via terra/ vita porta significatione/ mi ritrovai sole”

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Pasqua 2024

Pubblicato il 29 marzo 2024 su Senza categoria da Adam Vaccaro

Auguri di Pasqua
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Che l’umanità possa vincere
Sui progetti criminali di guerra

Milanocosa

Reperti metropolitani – Mario M. Gabriele

Pubblicato il 27 marzo 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Moti d’Essere tra Tempo e Nulla
Entro gli orizzonti distopici contemporanei
Adam Vaccaro

Mario M. Gabriele, Reperti metropolitani, Gabdesign 2024

Continua, anche con questo libro, la personale circumnavigazione dell’orizzonte contemporaneo di Mario M. Gabriele, nell’arduo tentativo di cucire “echi più tesi a sommità che somma”, con un ossimorico “canzoniere-oratorio entro l’orizzonte distopico della totalità tempo-spaziale in cui stiamo vivendo”. Che fare e dire in tale contesto? Fu la mia domanda, posta nella recensione del precedente Red Carpet (Ed. Progetto Cultura, 2023, vedi a https://www.milanocosa.it/senza-categoria/red-carpet-di-mario-m-gabriele ). Domanda che Gabriele articola con vigore anche in questo libro nella sua Nota all’inizio e in IV di copertina: ”In questo stato di cose e di follia del potere, dove collochiamo la poesia?”
È una domanda cruciale, cui l’Autore – peraltro mio corregionale di Campobasso – risponde con questa ulteriore tessitura di poesia di una voce di lungo corso, che ha sviluppato una ricerca espressiva anomala rispetto a tante modalità attuali prevalenti, e forse anche per questo rimasta appartata, benché sia stata oggetto di attenzioni di rilievo.
Tra i suoi fondanti nuclei di senso c’è il Tempo, nomos posto con acuta intuizione talla base di una ricerca di pensiero critico rispetto ai degradi in atto, nella lucida coscienza che ogni identità collettiva è definita in primo luogo dalla percezione del tempo (basti pensare alle società più antiche anche oltre quelle greco-romane, a quella medioevale, alla società contadina e a quella industriale), radicalmente diversa entro i caratteri costitutivi, economici, sociali e culturali di ogni forma di Civiltà. La quale crea un sistema di valori che si affermano sempre come orizzonte migliore e non superabile, nel tempo presente e nel futuro.
È una affermazione ideologica che caratterizza anche l’assetto del capitalismo globalizzato in cui viviamo. Assetto di contraddizioni in termini, dati i suoi fondanti furiosi e incessanti cambiamenti, entro cui Gabriele articola versi, irsuti e privi di lucori glassati, a tratti con ritmi raptici. Forme con cui l’Autore traduce in primo luogo l’espropriazione del tempo vissuto dai soggetti singoli e collettivi nella dinamica di un tempo che non concede soste, H 24, come amano ripetere con orgoglio i suoi adepti più sussunti nella sua logica.
È una dinamica che sfocia in una ”hybris che, mentre rovescia in ottimismo idiota l’ironico avviso leopardiano di Magnifiche sorti e progressive, ci degrada in una crescente e inesorabile disgregazione.”, aggiungevo nella succitata recensione. Nella quale richiamavo anche qualche risposta data da Gabriele a Fausto Curi in una intervista del 2021, “Il Gruppo 63 e il manto di stelle sulla letteratura”. Alla domanda, “Cosa pensa del nuovo?, la sua risposta fu: “incrina le fondamenta di quello che gli preesiste…abolisce lo stanco presente e rende presente il futuro”. ”E la tradizione?”, cui rispondeva: “Esistiamo perché esiste la tradizione.: è la nostra madre. Il nuovo non può cancellarla. Deve solo integrarla e mutarla.”

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