Recensioni e Segnalazioni

Fondamenti neoliberisti e possibilità non contemplate

Pubblicato il 10 dicembre 2018 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Fondamenti neoliberisti e possibilità non contemplate
Dal libro di Marco Bersani
Dacci oggi il nostro debito quotidiano – strategie dell’impoverimento di massa

Adam Vaccaro
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Al di là della sinistra socialdemocratica (PD e collaterali), completamente affondata negli ultimi tre decenni nel mare della ideologia e della prassi neoliberiste, anche le posizioni degli altri frammenti della sinistra storica, rimangono fallimentari e inefficaci su ogni piano: politico, sociale e culturale. La ragione sta nella carenza di analisi dei fondamenti neoliberisti, che non possono essere affrontati solo con gli impianti critici del secolo scorso, o con pappe del cuore buoniste, o con inflessibilità critica focalizzata sulle forme politiche nazionalpopuliste, nate per reazione ai crimini sociali del modello dominante.
Finché il focus della propria critica – per quanto riguarda l’Italia – rimane accovacciato su limiti (indubbi) dei 5S o su posizioni (inaccettabili) della Lega, si continua a oscillare sulla coda di una bestia che ci sta massacrando. E che persegue senza adeguate opposizioni il progetto di distruzione sociale, economica e politica, utilizzando immigrazioni, nuove tecnologie, crescenti impoverimenti sociali, per un azzeramento di quelle conquiste di civiltà che sono state ottenute (pur tra violenze e guerre prodotte dalle fasi capitalistiche fino agli anni ’70-80 del secolo scorso) nell’ultimo dopoguerra da un incrocio di visioni e interessi tra capitale e lavoro.
Conquiste – ricordiamolo – non regalate dal cielo, ma ottenute grazie a contributi di sangue di movimenti politico-sindacali. Ma rese possibili anche da una fase di capitalismo, ancora fondato – sintetizzando – sulla produzione e su una territorialità nazionale. Con un orizzonte mondialista, anche l’analisi marxiana andrebbe integrata nei confronti di un capitalismo che ha reagito alla caduta storica e tendenziale del saggio di profitto, facendo diventare primaria e dominante la componente finanziaria rispetto a quella produttiva, e rompendo ogni impedimento derivante dagli assetti nazionali. Un’azione che non poteva non produrre anche reazioni di vetero nazionalismo. Non è la fine della Storia – come qualcuno narrava – ma è certo tutta un’altra storia. Entro la quale solo con una sinistra a misura di tale Nuova Storia, possiamo sperare di riaprire alternative umane. In caso contrario oscilleremo tra barbarie, inferni perseguiti dal capitalismo globalizzato, e confuse reazioni popolari e nazionali, che rischiano di diventare solo appigli per ulteriori strette delle spire del liberismo da parte delle oligarchie dominanti a livello mondiale. Le quali, benché divise e contrapposte, sono unite nell’obiettivo comune di tenerci sempre più liberamente intrappolati, chiusi ad ogni altra prospettiva futura, economica e culturale.

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KEMENY – BOOMERANG

Pubblicato il 7 ottobre 2018 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Tomaso Kemeny
BOOMERANG
Edizioni del Verri, Milano 2018
pp.67, 15,00 e.

È bipartita, divisa com’è in due parti, tematicamente e stilisticamente, ma soprattutto moralmente, la più recente raccolta poetica di Tomaso Kemeny, Boomerang: con la prima, Ghost poems, che chiama in scena, nel “notturno abbaglio” del “cuore del silenzio”, la letteratura, sotto le spoglie dei “fantasmi” di oltre una ventina di poeti della contemporaneità novecentesca, tutti italiani tranne uno (Dylan Thomas), da Bertolucci, a Montale, da Luciano Erba, a Sanguineti, a Dino Campana, a Fortini, e giù giù fino a Zeichen e ad Amelia Rosselli, “poeti inquieti” evocati quasi a mo’ di sfida al lettore, fissati ognuno in un detto o in un vezzo memorabile; con la seconda, invece, Voci, che chiama in causa un “caos” di “voci ineguali del mondo” animate solo dalla “forza del sogno”, una gran folla (meglio, un Coro) insomma di personaggi che, come si dice nel primo testo introduttivo, reclamano il diritto di parlare in virtù dell’”energia della loro immaginazione” che si sprigiona dalla loro vita e dai loro versi, riverberandosi come “corrente di energia” sulla vita dei loro fruitori al di là del breve tempo della loro esistenza.
Letteratura e vita, dunque, quello che Kemeny nel suo dittico con la forza espressiva che gli è consueta propone definendo in nome di un’esigenza di memoria un sistema valoriale estremamente variegato a riprova di quanto entrambe reciprocamente si giovino e incidano nel processo di avanzamento della civiltà, sul teatro dell’eterna lotta tra Bruttezza e Bellezza, tra Costrizione e Libertà: come dire, un tributo da un lato alla letteratura, dall’altro alla speranza, a un sogno “impossibile” di crescita culturale e morale costruito attraverso la poesia.
Così nel primo dei due elementi, nei Ghost poems, è sorprendente come la presenza metabolizzata ed evocata di poeti anche molto distanti e caratterialmente eterogenei (si pensi, ad esempio, a Fortini e Sanguineti, ma anche a Pasolini) funzionino, sotto il segno della “différence”, come emblemi di una concezione in cui “tout se tient”, di un tutto armonico in cui pensiero e linguaggio, sogno e realtà, si integrano e collaborano ognuno per la propria parte.
Nel secondo, invece, quel che si compone per lacerti e bagliori è una sorta di nerudiano “Canto generale”, un canto di “eroi” che strappati brutalmente dalla vita (come Radnoti Miklos e Garcia Lorca) si rivelano oggi e sempre in grado di alimentare ancora “sogni e speranze degli uomini giusti” e di indirizzare “l’eterna lotta / contro l’ingiustizia” e la “disorganizzazione morale del mondo”. E’ questo, una sorta di Spoon River, che troviamo qui, nel poemetto Voci, dal grande empito civile, fissata in figure di grande forza suggestiva (esemplari, Camus, Rosa Parks, Luther King), che hanno sventolato il loro vessillo in nome di una umanità nuova, fondata sui valori della fratellanza universale.
Un’immagine, essenziale ma emblematica, per concludere, l’apparizione di Gabriele D’Annunzio, a riprova della poetica del Kemeny, espressivamente e moralmente votato alla poesia come “azione”: “I miti forgiati di terra / d’aria, di acqua e di fuoco / e di furente passione / trasformino la vita delle genti / seguendo la corrente d’energia / metamorfica che dal presente / muove verso l’ignoto / chiamato futuro”.

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Anita Guarino Sanesi

Pubblicato il 10 settembre 2018 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Anita Guarino Sanesi
Di te, di me, dell’albero
ExCogita Editore, Milano 2014
pp.263, 18,50 E.

ANITA GUARINO SANESI

 Un libro su un poeta e sulla (sua) poesia, Di te, di me, dell’albero, edito da ExCogita di Milano. Un libro di poesia, abitato da un grande fuoco, quello dell’amore-poesia, che fa di quest’opera, veramente commovente e coinvolgente, ben più di ciò che sembrerebbe a prima vista promettere, un saggio cioè biografico-critico.

Il poeta è Roberto Sanesi, scomparso troppo prematuramente all’alba del nuovo millennio, il 2 gennaio del 2001: uno che ha incarnato agli occhi di molti (quorum ego) la capacità di dar voce, polimorficamente,  in modo plurimo e prismatico, alla poesia intesa come ricerca ed esperienza di senso, come messa in gioco di sé in territori vastissimi, dalla poesia, alla critica d’arte, alla traduzione, sulla scena della nostra inquieta contemporaneità.

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Le Geometrie scalene di Laura Cantelmo

Pubblicato il 2 settembre 2018 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Laura Cantelmo
GEOMETRIE SCALENE
Poesie 2005-2015
Marco Saya Edizioni, Milano 2016
pp.89, 12,00

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LAURA CANTELMO

È una scrittrice, Laura Cantelmo, che, ancorché da una posizione appartata e dimessa (l’ultima raccolta, Un luogo di presenze, risalendo al 2005), da anni si propone sulla scena non soltanto di Milano (è membro dell’Associazione Culturale Milanocosa cui presta un fattivo contributo) come una presenza critica e poetica di notevole interesse, tanto da salutare con vivo plauso chi, come Roberto Caracci, se n’è occupato approfonditamente auspicando altresì che altri le dedichino una riflessione non solo parziale, quale può essere l’occasionalità della recensione di un libro.
Per cominciare a parlarne ecco dunque la sua più recente fatica, la raccolta Geometrie scalene. Poesie 2005-2015, edita da Marco Saya e accompagnata sul piano critico da Adam Vaccaro, che dell’Associazione Culturale è lodevolmente da sempre infaticabile e riconosciuto demiurgo.

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PER RODOLFO DI BIASIO

Pubblicato il 23 agosto 2018 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Rodolfo Di Biasio
Mute voci mute
Ghenomena Poesia, Formia 2017
pp.23, 8,00 euro

PER RODOLFO DI BIASIO

Ancorché schivo e appartato, Rodolfo Di Biasio gode di sinceri estimatori in Italia e all’Estero. Autore di numerosi libri di versi, di racconti, di un romanzo, oltre che di un’autoantologia poetica, Altre contingenze, che raccoglie e condensa i testi pubblicati dal 1958 al 1995, tradotta in inglese (da Barbara Carle, per Gradiva, 2001) e in spagnolo (da Emilio Coco, per Sial, 2008).
Io l’ho seguito da diversi decenni, apprezzandone, da sempre, lo sguardo severo e sereno sulle cose delle vita e sul mondo circostante (penso in particolare a Poemetti elementari, 2008), riscontrando la sua coerenza nel non sottrarsi mai alle responsabilità di far testimoniare alla parola letteraria le sue idee e il suo impegno civile e morale.
È in questi termini che si propone ancor oggi in questa sua ultima, breve ma succosa, fatica, il poemetto Mute voci mute, che, raccogliendo testi anche non recentissimi, nella conclusiva nota che correda le tre sezioni, La guerra, La fame, La peste, ci dà conto con un preciso rimando memoriale del filo della sua vita di uomo prima ancora che di scrittore, all’alba dei suoi ottant’anni: “Ho insegnato storia per tanti anni ed ho cercato di far cogliere ai miei allievi il dolore della storia… Il poemetto vuole essere una laica dolente meditazione su questo dolore”.
“Raccontare” il bene e il male della vita, come dice esplicitamente nel terzo dei tre testi, diventa così una scelta di moralità, una pratica di scrittura da operare con determinazione e senza compiacimenti retorici e lenocini culturali, a contrastare lo scadimento verbale ed etico da cui è afflitta la nostra esistenza quotidiana, come si evince subito anche dai versi d’apertura della sezione La guerra: “La mia scoperta del mondo / è legata ad una ragnatela di morte / che la Guerra, ai bimbi / si addice la maiuscola, / mi tesseva nei giorni / una stagione che mi cucì addosso / una seconda pelle di malinconia / mi velò il sorriso degli occhi / mi curvò le spalle / Il suo vento la sua furia ancora / s’accanisce a farmi tristi / nei giorni, nei miei giorni tutti, / le cose belle della vita…”.
Per “riscrivere” insomma la storia da un’altra prospettiva, per risarcire con la parola poetica “i morti” di cui la guerra “lastrica…/ il fiume” dell’esistenza individuale e collettiva, contrastando la “peste” che in senso traslato e metaforico l’assedia (“La peste è dell’anima / vi si annida / vi scava purulenti anfratti / e apre a un tempo malcerto / Né giunge a segno / la parola salvifica”): ridare voce e forza, dignità, alle “mute voci mute” delle vittime che chiedono “udienza” e attendono non una “sterile pietà”, bensì un ascolto, un empito di commozione, tale da tradursi e realizzare un “sogno” di “luce” e di fraternità.
“Vengo da un tempo / in cui non ebbi / la mia porzione di carne e di latte / Vedevo negli occhi di mia madre / la pena per i figli”, dice nell’incipit della seconda sezione, La fame, e si capisce da questo, come dai precedenti esempi riportati, come la voce di Rodolfo sia una voce che vuole raccontare senza indulgere a patetismi, senza fare dell’elegia un momento di puro appagamento letterario: scarno ed essenziale, di un’asciuttezza davvero esemplare, protetto da una moralità direi montaliana, non per commuoverci ma per ammonirci e metterci in guardia. “Una laica dolente meditazione”, davvero, per sé e per gli altri: ma senza assurgere a un rango di maestro, proposta in una forma affabile e commossa, su registri che sono quelli da sempre adoperati, dando voce a un’intima esigenza di canto, intrisa di pietas.

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Gabriela Fantato – La seconda voce

Pubblicato il 22 luglio 2018 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Gabriela Fantato, La seconda voce
Transeuropa, Massa, 2018 – pp. 64

Rivendicazione umile, è l’ossimoro che emerge da questi testi, immersi e innestati nel flusso ardente e circolante nelle carni di chi scrive. Che viene rivissuto, rivisitato e fatto fonte incessante di Rinascita, di Parola e Voce nuova, appunto, di seconda voce, che dà il titolo e il senso della raccolta. Seconda, quindi, che qui non ha riverberi di secondario, minore, ma di rinnovata vita nova. Termine che è anche nel nome della Collana di poesia, “NUOVA POETICA”, che accoglie il testo. E che sia un caso o meno, non importa.
Conta che l’elaborazione del nuovo, implica conoscenza, quindi passione per ciò che precede, pur senza appiattimento acritico da epigono: rivendicazione ferma e umile di amore, capace di ridare vita nuova alla ricchezza racchiusa, impressa e trasmessa nella e dalla Poesia che più ci coinvolge – vedi il poemetto che chiude il libro, Marina Cvetaeva, l’ultima notte.
Ma questo è solo uno dei due flussi radicali che genera la poesia di Gabriela – in particolare in questa raccolta –, quello che trae alimento da voci e scritture precedenti. L’altro alimento del libro è innervato nel contesto storicosociale, in cui l’esperienza – a diretto contatto o a distanza, nel tempo e nello spazio – sa trarne intensità ed essenze di fiori e tenebre. Sa farsi carne del Soggetto Storicoreale (SSR), per poi tradursi in voce del Soggetto Scrivente (SS).
Nel libro agiscono entrambi questi due corpi radicali, come pilastri costitutivi di una forte tensione alla totalità intra e intersoggettiva, che chiamo Adiacenza, che costruisce forma e intreccio delle lingue del testo e delle sue forze della forma, tratte dunque sia dalla stanza che nella strada.
Voce e parole che vogliono farsi Verbo sacrale (come sottolinea in Prefazione Laura Liberale), ispirato sia dal canto di carte – per l’Autrice – alte, sia da pre-testi incarnati da vite altre, fonti di dittati amorosi ed etici che impongono il dono di restituzioni degne, tra-dotte in materia e passione di poesia. Scorrono così, quasi come ex voto, memorie e figure che vanno da affetti famigliari a squarci di esperienze politiche condivise, a vicende drammatiche singole e collettive.
Ne scaturisce un moto che fa parlare di nuovo o dà voce a chi/cosa non ha mai parlato, vittime – in particolare femminili, benché prive di aloni femministi – i cui nomi tendono ad ammassarsi e a sparire irrilevanti: “il tormento sfiora le cose”, canta un verso, e sta in questo tormento la linfa adiacente che si fa “seconda voce”, di una pietas riparatrice contro una “Unica certezza, unica sorte/ una comunità d’ignoti, in marcia, in ressa,/…/dentro l’addio.” (Cancellazione, p.14)
Sacralità amorosa, animale e materica, un filo rosso conduttore dell’espressività di Gabriela, condensato nei versi intensi di La materia dei sogni e Materica, delle pp. 18 e 19: “Ecco il sangue giusto che ci corre,/ quel sempre scendere e poi ancora risalire,/…/…ancora e ancora/ a ogni vento”; e “Siamo carne, semplice materia/ – ossa, nervi sottilissimi noi siamo/…eppure, eppure se ti vengono dei sogni,/…/ vanno dove non t’aspetti/…e lì si ricomincia”. Precedono e seguono versi di altri due testi, Invocazione, e Invocazione II – non casualmente collocati subito prima e subito dopo, alle pp. 17 e 21 –, che abbracciano e insieme definiscono il nucleo della poetica di Fantato, non solo di questo libro: “Invoco quello stare dritto/ davanti e dentro il mondo”(p.17), e “Vita, vita schiacciata, vita che salva/ non sei, vita dei senzanulla,/ dei perduti e andati, dei mai trovati,/ vieni! vieni, vita dei senzavoce,/…/ Vieni, vita – sono qui, ti ascolto.”
Anche solo da pochi versi si possono cogliere i loro ritmi, con battiti omofonici e palpitanti, di un corpo del SSR, teso a comporre sequenze del SS di “parola materiale e lirica” (Leopardi). Ritmi che, come sopra detto, tra spazi intimi e luoghi aperti percorrono il crinale del trambusto di tragedia e gioia, tra fede e speranza nella ciclicità fenomenologica che “lì si ricomincia”, tra possibili rinascite e smarrimenti di un amore per la vita che resiste nelle proprie profondità inconsce e animali. Un tema che non si estingue in Gabriela (vedi L’estinzione del lupo, Empirìa, 2012).
Luglio 2018

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PAIDEIA – N. 42/43

Pubblicato il 18 luglio 2018 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

Nel N. 42/43di Paideia – Quaderni di Poesia – Cassino

Diretto da Francesco De Napoli

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Memorie
dedicate a  Mario Lunetta e a Francesco Leonetti

Adam Vaccaro 

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PAIDEIA

Quaderni di Poesia – Cassino

Memoria di Francesco Leonetti

Memoria di Mario Lunetta

Testuale – N.61-62

Pubblicato il 20 giugno 2018 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

TESTUALE

critica della poesia contemporanea

n.61/62/2018

Autori

Giorgio Barberi Squarotti, Adriano Spatola, Giacinto Scelsi

Rosa Pierno, Gio Ferri, Luigi Cannillo, Adam Vaccaro

“Letterale”

Recensioni

Eleonora Fiorani, Marica Larocchi, Fausta Squatriti

Alessandra Carnaroli, Michelangelo Coviello, Michele Zaffarano,

Luciano Troisio, Andrea Rompianesi, Luciano Fusi

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TESTUALE 61 / 62 / 2018

Direzione

Gio Ferri, Rosa Pierno

Consulenza critica e redazionale

ITALIA: Renato Barilli, Marosia Castaldi, Ottavio Cecchi, Cesare De Michelis,

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Articolo di D. Bisutti su POESIA dedicato a Seeds

Pubblicato il 11 giugno 2018 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

Cari  tutti,

voglio condividere con amiche e amici interessati, un bell’articolo di Donatella Bisutti sul N. 338 (Giugno 2018) del Mensile Internazionale di cultura poetica “POESIA” di Milano, dedicato al mio libro Seeds (Chelsea Editions, New York, 2014) e al mio percorso di ricerca espressiva. Ringrazio Donatella per l’analisi puntuale – relativa sia ai miei testi, sia alla pregevole traduzione di Sean Mark – che il suo articolo ha saputo enucleare e trasmettere.  

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DI RUGIADA E CRISTALLI-Marica Larocchi

Pubblicato il 12 maggio 2018 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

Via Laghetto 2 – Milano

28 maggio 2018 – H 17,30

Associazione Culturale Milanocosa

presenta

A cura di Adam Vaccaro

DI RUGIADA E CRISTALLI

di

Marica Larocchi

(Book Editore,  2017)

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Dialogano con L’Autrice

Silvia De Laude, Adam Vaccaro e Marco Vitale  

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Un libro ricco di richiami dolorosi-gioiosi e di acuta attenzione alle risonanze polisemiche di ogni termine.  “Un testo che vive del confronto serrato di più registri ma riesce a fonderli in unica partitura, in programma di lavoro.”   (dalla pref. di Marco Vitale)  

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