Anita Guarino Sanesi

Pubblicato il 10 settembre 2018 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Anita Guarino Sanesi
Di te, di me, dell’albero
ExCogita Editore, Milano 2014
pp.263, 18,50 E.

 

ANITA GUARINO SANESI

 Un libro su un poeta e sulla (sua) poesia, Di te, di me, dell’albero, edito da ExCogita di Milano. Un libro di poesia, abitato da un grande fuoco, quello dell’amore-poesia, che fa di quest’opera, veramente commovente e coinvolgente, ben più di ciò che sembrerebbe a prima vista promettere, un saggio cioè biografico-critico.

Il poeta è Roberto Sanesi, scomparso troppo prematuramente all’alba del nuovo millennio, il 2 gennaio del 2001: uno che ha incarnato agli occhi di molti (quorum ego) la capacità di dar voce, polimorficamente,  in modo plurimo e prismatico, alla poesia intesa come ricerca ed esperienza di senso, come messa in gioco di sé in territori vastissimi, dalla poesia, alla critica d’arte, alla traduzione, sulla scena della nostra inquieta contemporaneità.

L’Autrice ne è Anita Guarino Sanesi, che, sua compagna di una vita, ha goduto dell’impareggiabile privilegio di esserne stata depositaria di pensieri, sentimenti, confidenze, progetti, sogni, che qui vengono disseminati come perle in un testo, che ha l’andamento intermittente e irregolare dei meccanismi della memoria accendendosi a tratti di commozione soprattutto nella conclusiva riconferma dell’impegno a “mantenersi degna” di un lascito intellettuale e morale assolutamente eccezionale, riannodando attraverso la scrittura i fili di una vita, di una “storia”, unica e tutt’altro che “immaginaria”.

Concepito come “una lettera mancata che non ha fine indirizzata idealmente al marito, Di te, di me, dell’albero, dal titolo bellissimo, tratto da un testo di Roberto, ha il pregio di mettere da subito in evidenza ciò che il libro contiene, una storia che, ancorché privata e personale (“di te, di me”), fatta di solidarietà e complicità sentimentale, si allarga ad abbracciare un sistema vastissimo di rapporti familiari e intellettuali (letterati e artisti tra i più prestigiosi del ‘900, da Eliot, a Berio, a Cecchi, e via via Dorfles, Michaux, Paci, Pivano, Pomodoro, Quasimodo, Schwarz, Guanda, Strehler, Sutherland, Tilson, Vittorini, e tanti altri), che ne fanno il quadro di un’epoca nell’arco di mezzo secolo.

Il risultato è il diario di una vita, costruito per frammenti, con i materiali incandescenti della memoria, cui non nuoce l’assenza di un rigoroso ordine cronologico, agiti come sono, ad espansione, da una sorta di meccanismo metonimico.

A farla da padrone, in tutto questo, è logicamente il protagonista, Roberto, ma un ruolo assolutamente non secondario lo gioca l’autrice, che si rivela “una protagonista, una vera partecipe dell’arte e della poesia in fieri del marito”, come sottolinea nella Prefazione per Anita Gilberto Finzi, e come lei stessa proclama in apertura, rivendicando con orgoglio il suo spazio accanto  a “un uomo”, “che ho accompagnato per tutta la vita”. Anche se in una posizione in apparenza defilata e marginale, “spettatrice inconsapevole di se stessa”, Anita si rivela qui interamente calata nella sua parte di moglie e compagna, svolta con amorevole devozione, come gli era stato riconosciuto dallo stesso Roberto in una delle ultime uscite pubbliche al Teatro Arsenale nel novembre del 2000. Preziosa custode di memorie, ci illumina su fatti fondamentali della sua vita: ci informa sugli anni giovanili, sulle incertezze e difficoltà degli inizi, sui successi e le delusioni che ne hanno costellato la vita e soprattutto su certi fondamentali episodi, come l’incontro con T.S. Eliot, un vero punto di svolta di una carriera intellettuale straordinaria. Il tutto con l’amarezza a stento dissimulata di non poter incidere più di tanto nel contrastare il tempo perduto, un fatto questo che ci fa ritenere questo libro come un essenziale tassello alla scoperta, oltre che di un Poeta tra i maggiori che abbiamo avuto la ventura di conoscere, di una Donna di umanissima sostanza.

Vincenzo Guarracino

 

 

 

 

 

 

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