Per Francesco Belluomini

Pubblicato il 6 febbraio 2019 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

PER FRANCESCO BELLUOMINI

“Un percorso da stato d’emergenza /da vero giramondo dei mestieri”, descrive così la sua “avventura” umana e intellettuale, Francesco Belluomini, giusto all’inizio del libro, Ultima vela, autobiografia “in forma poetica”, che raccoglie e condensa il suo lascito di esperienze in forma di parole, la sua storia (“tutto me stesso”), sotto un titolo metaforicamente comprensivo e allusivo di molte cose, della passione del mare non meno che del fatto che questa fatica si colloca in maniera riassuntiva al punto estremo dell’intera sua vita e costituisce in un certo modo il suo testamento morale nel consegnare ai posteri, senza falsa modestia, i montaliani “fatti” e “nonfatti” di un’esistenza quanto mai singolare, ricca di emozioni e “invenzioni”.
“Un percorso da stato d’emergenza”, attraverso “differenti mondi”, ma con una stella polare, un punto di riferimento inderogabile dal principio fino alla fine, che è la poesia: coltivata e praticata direttamente o stimolata e promossa, con indefessa pazienza e fedeltà, a costo di fatiche e innumerevoli battaglie, nell’infido mare dell’esistenza, la poesia, intesa non solo nel senso più proprio di scrittura ma anche come continua messa in gioco e “invenzione” di sé sulla scena della vita, ha costituito per l’autore il fecondo lievito di progetti, propositi e realizzazioni nell’arco di almeno mezzo secolo, attraverso stagioni e libri e soprattutto attraverso la sua “creatura” più significativa e duratura, quel Premio di Poesia, autentico “monumento”, per sua stessa definizione, che, intitolato alla sua città, ossia Camaiore, continua a costituire, a partire dagli inizi degli anni Ottanta e a tutt’oggi, la testimonianza più viva e concreta di un amore sconfinato, capace di esporlo alle “raffiche di poppa” e ai “perigliosi fortunali” di malevoli e invidiosi inchiodandolo, “disarmato” ma tetragono, come un novello Ulisse, all’”albero del velame” della sua passione.
“Giramondo dei mestieri”, come dire uno che ha fatto sempre molte cose insieme, versutum, insomma, per dirla con l’antico poeta latino: è una bella e appropriata definizione di sé, non c’è che dire, che fa pensare a quella, celebre, di Salvatore Quasimodo che si fissava icasticamente nell’etichetta di “operaio di sogni”, e da cui bisogna partire per comprendere il senso di una ricerca inesausta e inesauribile, fatta di “mestiere” costruito con certosina applicazione fino a dar corpo a un’originale e complessa struttura strofica e metrica, a una historia sui, in “forma prigionata” di stanze prevalentemente endecasillabiche, fortemente scandite e scalpellate in una lingua dal forte sapore idiomatico, che, a dispetto di ogni assunto “discorsivo”, s’inseguono e incalzano, in uno “scrivere con foga compulsiva”, per quasi 2500 versi con irruenza tempestosa e a tratti perfino visionaria, obbedendo alla “voce” profonda e irrefrenabile dell’”inconscio” memoriale dell’autore, coerentemente col suo carattere ben noto e riconoscibile.
“Operaio di sogni”, non meno di Quasimodo, e “versatile” non meno dell’eroe di omerica memoria, Francesco Belluomini, “battitore libero” in politica così come in letteratura, si è interamente investito nell’impresa davvero titanica di dar voce, da “veloce tessitore di versi”, esclusivamente alle vicissitudini della sua vita, ma senza concessioni al patetico e senza indulgenza per un elegiaco lirismo da “carta straccia” (oltre che verso certa correttezza lessicale e sintattica troppo letteraria), al punto da preferire (per farsi un’idea della sua formazione) uno “scurrile” Domenico Tempio a Dante, con l’unica intenzione esplicitamente perseguita di ricostruire scenari, situazioni e figure (tra tutte, fondamentali e memorabili, quella del padre, di Rosanna e di Raffaella), che hanno contrappuntato il suo itinerario verso una “linea del traguardo” da sempre intravista e prefissata, grazie anche a una formidabile memoria che gli ha consentito ad ogni passo di non lasciar “nulla del raccolto”.
Il risultato è il poema di una vita, di continui andirivieni tra porti e mestieri i più diversi, una vita costellata da viaggi, avventure, disavventure, amori e perfino da naufragi, oltre che da libri: quelli suoi, in versi e in prosa, usciti presso Editori differenti, grandi o piccoli che siano, e gratificati anche da riconoscimenti sempre più prestigiosi in Italia e all’estero; e quelli altrui, letti insaziabilmente dapprima solo nelle pause di un lavoro faticoso da mozzo sulle navi, poi “nottetempo” e nei silenzi, da inventore e Presidente di un Premio Letterario, che è diventato nel tempo uno specchio della società non soltanto letteraria italiana.

Vincenzo Guarracino 

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