Autografi e scarabocchi

Pubblicato il 26 aprile 2011 su Saggi Società da Adam Vaccaro

Autografi e scarabocchi

Guido del Giudice


(Giordano Bruno)

L’articolo pubblicato sul Corriere della Sera a pag. 39 dell’edizione del 17/04/2011, dal titolo “Il notaio fotografò Giordano Bruno sul rogo” mi suggerisce alcune amare considerazioni. Tralasciando il giudizio sulla significatività della testimonianza presentata, mi vien da chiedermi quali siano oggi i veri valori della cultura e chi ne detenga il monopolio. Mi spiego meglio. Studio Bruno da decenni, ho pubblicato libri, ripercorso personalmente la sua peregrinatio, collaborato a cortometraggi, video, mostre, convegni, e ho dovuto continuamente fare i conti con l’egemonia e la protervia della classe accademica. Mi direte: cosa c’entra questo con l’articolo in questione?

C’entra, perché tre anni orsono ho presentato con i mezzi a mia disposizione (l’entusiasmo dell’editore Di Renzo e il sito internet dedicato al filosofo 13 anni fa) la mia scoperta di un inedito autografo bruniano, rinvenuto su una copia del Camoeracensis Acrotismus, nella Biblioteca del Klementinum di Praga. La risposta degli accademici? Silenzio assoluto sulla scoperta, veto di pubblicazione della notizia sugli organi di stampa da loro controllati e boicottaggio delle mie pubblicazioni! Ancor prima avevo pubblicato un saggio nel quale, per primo, identificavo una fonte rabelaisiana in un opera del Nolano.

In seguito ho messo a disposizione di studiosi e appassionati la prima traduzione in assoluto di tre importanti opere latine del Nolano: Camoeracensis Acrotismus, Summa terminorum metaphysicorum e i Dialoghi su Mordente.

Tutti questi studi sono stati regolarmente segnalati ai responsabili delle pagine culturali dei principali quotidiani nazionali, senza ricevere, salvo rare eccezioni, la benché minima risposta, magari critica, ma che almeno attestasse imparzialità di giudizio. Come può accadere una cosa simile? Non ignorate certo che, a partire dall’anno 2000, due o tre personaggi si sono spartiti, oltre ai fondi stanziati, anche le pagine culturali delle testate nazionali, esercitando il diritto di veto sulla pubblicazione di qualsiasi articolo o recensione che non riguardi una delle parti in lotta. Una sorta di comitato trasversale controlla, gestisce e censura tutto ciò che riguarda Giordano Bruno.

Non posso credere che l’Italia sia giunta a un punto tale di degrado, che il potere accademico occupi tutti i centri nevralgici della cultura, oltre che nelle università, anche nei quotidiani nazionali e nelle principali case editrici! Non voglio entrare nel merito delle competenze e dei reali contributi scientifici offerti da costoro, non è questa la sede, ma soltanto evidenziare la disinvoltura con cui si spacciano per “bruniani” studi che col filosofo hanno quasi niente a che fare o saggi di autori stranieri che molto hanno da imparare da noi sulla personalità e sul pensiero del Nolano. Proprio in questi giorni Laterza pubblica con grande risalto (è citata anche nell’articolo in questione) una biografia di Bruno, che la stessa autrice, Ingrid Rowland, definisce “una introduzione per un pubblico anglofono […] per lettori con scarsa consuetudine con l’autore”. Con tutto il rispetto per la Rowland (sono sempre stato il primo ad incoraggiare ogni iniziativa volta a diffondere il verbo bruniano), è allucinante che in Italia si dia importanza a lavori tanto approssimativi e poi si trascurino le scoperte di studiosi competenti, impedendone la diffusione. Tanto per dare l’idea, al periodo zurighese di Bruno, indagato minuziosamente nelle circa 100 pagine del mio recente saggio “Bruno in Svizzera, tra alchimisti e Rosacroce”, la Rowland dedica la bellezza di…. 8 righe!!  L’ho già fatto più volte, naturalmente senza che nessuno la raccogliesse, ma rilancio qui la sfida a chiunque voglia confrontarsi con me, pubblicamente, su questo terreno. Vorrei capire: sarebbe una novità l’aver trovato un bozzetto, dal quale dovremmo dedurre che Bruno aveva la barba e non la mordacchia, e non ha invece rilevanza il ritrovamento di una firma autografa inedita del filosofo, quando finora ne erano note soltanto due, di cui una dubbia? Val più uno “scarabocchio” dell’identificazione di un passo di Rabelais in un’opera del Nolano, influenza soltanto evocata e mai provata finora, o, ancora, last but not least, la mia recente ricostruzione, basata su inediti documenti rinvenuti in Svizzera, dei rapporti intercorsi tra Bruno e il movimento dei Rosacroce, che erano stati solamente intuiti, senza dati di fatto, da Frances Yates? Qui non si tratta di semplice discriminazione, ma di vero e proprio “banditismo” intellettuale!
L’autore, rivelando finalmente i suoi veri appetiti, chiude l’articolo con la richiesta che i miliardi di euro stanziati per gli allevatori (non si capisce poi perché proprio questi e non quelli dilapidati da tante altre categorie in modo ancor più scandaloso) siano dati alla “scuola” e alla “cultura”, cioè ai soliti noti! Ha forse dimenticato lo sconcio della “grande torta del Centenario del 2000”, allorquando
una sola persona, Michele Ciliberto, gestiva il 92% di tutti i finanziamenti e il 100% dei fondi (3 miliardi del vecchio conio in tre anni) stanziati per le Celebrazioni del quarto centenario della morte di Giordano Bruno e cinque ricercatori si sono spartiti l’ottanta per cento dell’intera somma stanziata? Secondo lui sarebbero necessari milioni per interpretare una vignetta trovata in un archivio, mentre ci sono scoperte di studiosi, realizzate a proprie spese, soltanto per amore della verità che vengono tenute nascoste, in quanto non fruttano nulla, ma anzi mettono a repentaglio lo sfruttamento dell’affare. Si, amici miei, perché soltanto di affari si tratta e null’altro. E’ una situazione vergognosa, cui si è giunti grazie alla complicità di quella stessa stampa sempre pronta a scavare negli armadi di tutte le “caste”, tranne di quella accademica.

Perfino i giudici vengono oggi messi in discussione, ma l’università continua ancora, sorprendentemente, a farla franca! Nonostante le sollecitazioni degli studiosi onesti, nessuno dei grandi censori della sinistra, per ovvi motivi politici, ha mai osato violare il covo dei furfanti accademici. Il mio non è un semplice sfogo, è di più! E’ il lancio di una giusta crociata per la salvaguardia della libertà e della coerenza di pensiero. Crociata il cui campione è a pieno diritto, proprio quel Giordano Bruno che costoro pretendono di gestire in esclusiva. Ciò che più indigna, il paradosso più assurdo, la più beffarda offesa che si possa fare a Bruno oggi è permettere che a rappresentarlo sia proprio il prototipo del pedante che Egli ha criticato e combattuto per tutta la vita. Il nemico numero uno dell’intolleranza e dei pregiudizi accademici che gli impedirono di salire in cattedra a Oxford, a Parigi e in quasi tutte le università d’Europa, è finito nelle mani  di personaggi che fanno proprio questo: impediscono a studiosi preparati di insegnare negli atenei, impediscono la pubblicazione dei libri, impediscono la diffusione delle idee, impediscono la realizzazione di opere senza la loro approvazione. E poi pretendono di venirci a spiegare come la pensava Bruno! Suonano sempre attuali le parole di Antonio Labriola: “Bruno filosofo non appartiene soltanto ai filosofi e noi non tollereremo che la corporazione degli accademici lo sequestri per sé. Bruno fu il filosofo fastidito, l’accademico di nessuna accademia, il nemico dei pedanti, il libero ricercatore della verità: dunque che cosa ha di comune con le Università? Dio ci guardi dalla dottrina ufficiale! I sapienti che oggi esaltano il Nolano, ieri in compagnia del Bellarmino, ne avrebbero sentenziata l’insanità, perchè é ufficio dell’ Accademia non promuovere la Scienza, ma irrigidirla e canonizzarla. Perciò i discendenti dei dottori che derisero il Nolano e con lo Scioppio gioirono del supplizio, oggi non sapendo come fargli offesa lo vorrebbero incarcerare nelle loro cattedre ed ipotecarlo per le loro dispense di esame”.
Non mi illudo certo che pubblichiate questa mia, né che apriate finalmente un dibattito serio su questi delicati argomenti, sintomo eloquente di quello stesso declino culturale che Bruno annunciò per la sua epoca, riproponendo il lamento ermetico.

Ciò nonostante continuerò sempre a denunciare questa situazione, con tutti i mezzi a mia disposizione, animato dalla stessa speranza che ispirava il Nolano:

“ora che siamo stati nella feccia delle scienze, che hanno parturita la feccia delle opinioni, le quali son causa della feccia de gli costumi et opre, possiamo certo aspettare de ritornare a meglior stati”.

Ai giovani studiosi che intendono dedicarsi alla ricerca mi sento di dare un consiglio. Non perdete tempo a rovinarvi la vista sui libri, non sciupate le vostre notti a percorrere insonni gli intricati sentieri della conoscenza! Affidatevi al marketing: preparate un accattivante polpettone, rimasticando materiali raccattati qua e là e comprate quanti più spazi pubblicitari e recensioni potete, se ne avete i mezzi. Il successo sarà assicurato, alla faccia del progresso del sapere e della obiettività storico-scientifica. Se, invece, siete davvero “Bruniani”, nel significato più profondo e autentico del termine (cosa che, nonostante tutto, vi auguro per la vostra evoluzione interiore), allora continuate a cercare la verità, cito ancora Labriola, “con passione, con frenesia, con ispasimo, senza riguardi umani, fra lo sprezzo dei dotti e disprezzandoli”.

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