Anticipazioni – Marco Bellini

Pubblicato il 15 maggio 2021 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: https://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa

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Marco Bellini

Tre inediti
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Nota di lettura di Luigi Cannillo
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Riflessioni sulla poetica e su ciò che agita la scrittura in versi
Definire e mettere a fuoco la propria poetica significa provare a fissare qualcosa che, almeno nei suoi elementi periferici, muta continuamente nutrendosi di nuove esperienze e di letture in grado di suggerire modalità e percorsi insoliti. Contemporaneamente esiste un fulcro centrale composto da più “forze” destinate ad interagire e dialogare costantemente. Tenterò qui di descrivere almeno alcune di queste componenti che, nel loro insieme dinamico, determinano quel “precipitato” vivo e pulsante che chiamiamo scrittura poetica. Forse, potrei dire che, nella mia esperienza, fare poesia significa tentare di dare ascolto a quello stato primario dotato di forza germinativa che rappresenta il nucleo profondo a cui sento di rispondere. Certamente, è importante porre il proprio sguardo sul mondo, lasciando che il reale ci tocchi e attraversi, per poi esprimere una capacità di identificazione con il processo che definisce la vita stessa. Vita, le cui infinite declinazioni vorrei poter innestare all’interno di un linguaggio basato sulla potenza simbolica delle immagini. Sono i versi, a questo punto, a divenire restituzione del reale in forma di parola e, se possibile, rappresentazione di un senso dotato di originalità. Non vi è dubbio che una delle accensioni poetiche di maggiore rilevanza sia costituita dalle ossessioni che ci abitano e che innervano, spesso sottotraccia, le opere di un autore; pensiamo, ad esempio, a ciò che Ted Hughes definiva “evento soggettivo di intensità visionaria”. Si tratta evidentemente di materiale emotivo che il poeta deve saper incanalare all’interno di un percorso attento anche alla diversificazione. Penso alla poesia come forma di espressione/comunicazione in grado di arrivare al lettore attraverso canali segreti destinati ad incontrare spazi nascosti della mente, luoghi del profondo densi di un magma sempre vitale. In ultimo, credo che scrivere in versi significhi, oltre che attivare ed esprimere delle riflessioni dai tratti filosofici ed esistenziali, anche cercare di suggerire/indurre la percezione dell’inconoscibile, di quell’ignoto che si colloca oltre la scienza, oltre le nostre possibilità di comprendere razionalmente.

Marco Bellini

Adesso che sei un po’ così

Per Franco Loi

Adesso che sei un po’ così
come quel polline, lo guardavi
nell’aria mischiata alle ragnatele
e a quella confusione di luce.
Un po’ così sei adesso
che il taglio di luce tra te
e l’angelo si è chiuso, lo spiraglio
che ancora vi faceva due.
Potresti dirmelo
ora che sei un po’ così
di quel Dio, di quello strano
che ti circolava in corpo senza un invito
capace di stare lì e accompagnarti
senza troppo rumore. Potresti
dirmi qualcosa di quel Dio
che ti regalava qualche parola
da mettere nei versi.
Potreste dirmelo tu e l’angelo
tu come un amico
che senza richiesta ti svela
il finale di un film.

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Il profilo della cornice

Chi ci vieta di pensare che dietro
il profilo della cornice, dentro lo specchio
non si muovano un tempo e una luce diversi?
Chissà cosa faceva lui prima di comparire
venendo chissà da quale tempo, dentro quale luce
prima di portarsi vicino allo specchio
e appoggiare il palmo della mano al tuo
contemporaneamente appoggiato.
Magari quei due fili, la tela d’un ragno
nell’angolo in alto della cornice
volgono anche all’interno e lì catturano
farfalle bianche di luce in un tempo senza attese.
Siamo sicuri che spegnendo la luce
anche quel mondo di là si faccia buio?
Ci sono notti sigillate nel pieno dell’inverno
quando nel buio del letto senti una brezza
sparpagliata e calda; accendi la luce
guardi se di là è un’altra stagione
e se magari i destini hanno curve nuove
se le donne si girano a guardarti
e la bontà magari ti stupisce
bagnando i visi delle persone.

*

Sull’orlo del bicchiere

È in quello spostare di poco le posate
che lievita sulla tavola sporcando la tovaglia
il nodo del silenzio pronto
a riempire di cocci i piatti vuoti.
Le sedie appena di sbieco tracciano un graffio
che il vino non saprà sciogliere.

Il cristallo vibra ancora per l’incontro
risuonato nell’apparenza
di forme cadute in punta di tavolo.
Sono gesti che lasciano un respingersi taciuto
nel riflesso di una nuca distante
posato sull’orlo del bicchiere.

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NOTA BIOBIBLIOGRAFICA

Marco Bellini, nato nel 1964, vive in Brianza. Sue pubblicazioni sono: Semi di terra (LietoColle, 2007); per le Edizioni Pulcinoelefante la poesia Le parole (2008); la plaquette E in mezzo un buio veloce (Edizioni Seregn de la memoria, 2010); Attraverso la tela (La Vita Felice, 2010); Sotto l’ultima pietra (La Vita Felice, 2013); La distanza delle orme @ – Poesie con CD Inserti (La Vita Felice, 2015); il libro d’artista Tra le spine (Edizioni Il ragazzo innocuo, 2018); La complicità del plurale (LietoColle, 2020). Nel 2013 è risultato vincitore con inedito nelle selezioni italiane per l’European Poetry Tournament. Sue poesie hanno ottenuto riconoscimenti in diversi concorsi e sono presenti in numerose antologie, su blog e riviste di settore. È stato tradotto in diverse lingue europee. Fa parte delle giurie del Premio Letterario Nazionale Galbiate e del Premio Nazionale di Poesia Umbertide 25 Aprile. Ha collaborato con la rivista Qui libri. Collabora con il semestrale di letteratura Incroci e con il blog CasaMatta. Con Paola Loreto ha curato l’antologia poetica Muri a secco (RPlibri, 2019). Cura la rassegna di eventi sulla poesia in collaborazione con l’Associazione artistico culturale Artee20 di Merate (Lc).

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Nota di lettura
Nelle riflessioni di poetica che precedono i testi Marco Bellini mette in evidenza diverse intenzioni della sua scrittura: il nucleo creativo, lo sguardo sul mondo, le declinazioni della vita nel processo di restituzione del reale. Accanto a queste componenti, che si potrebbero definire più virtuose, si colloca un fattore talvolta meno visibile, più inquietante: quello delle ossessioni che abitano l’autore e che possono sollecitare nel lettore una “percezione dell’inconoscibile”. Queste componenti si dispongono negli inediti di Bellini anche – ma non solo – attraverso l’osservazione di oggetti comuni, con senso della misura e con accenti disincantati e riflessivi, talvolta complici.
La poesia dedicata a Franco Loi ricorda il maestro recentemente scomparso nel suo ricongiungersi al proprio mondo poetico e, nella oscurità/luce attraversata negli ultimi anni, anche al Divino tante volte evocato con rispetto e confidenza. Nel cogliere il mistero, tra fede e scetticismo, in tutta familiarità, rimane aperto un cerchio nello slancio affettivo e metafisico, l’enigma insoluto della vita, della scrittura e della morte. Ma una luce “diversa” si può celare anche dietro alla cornice, ai tanti aspetto simbolici e introspettivi dello specchio: “Siamo sicuri che spegnendo la luce/ anche quel mondo di là si faccia buio?”. L’interrogazione, legata visivamente a un altrove, richiama la possibilità di collegamenti imprevisti, provenienze sconosciute, effetti dilatati nel contatto tra la mano sullo specchio con il suo riflesso.
C’è in questi inediti una poetica del margine, del confine che investe sia il passaggio tra la vita e la morte che quello tra manifestazioni esteriori dei fenomeni e la loro consistenza immateriale. Ma c’è anche, nell’ultimo degli inediti, il linguaggio del margine in presenza di eventi quotidiani e di oggetti d’uso comune. In una rappresentazione molto efficace la presunta convivialità scricchiola in gesti impazienti, silenzi da riempire e forme cadute. L’orlo dei bicchieri che si avvicinano in un brindisi riflette così distanze non colmate e il tinnire del vetro che solo apparentemente sigla l’incontro. È sull’orlo, in bilico e in trasparenza, che sono colte per riverbero le relazioni umane.
Se – per ritornare alla nota dell’autore – volessimo ritrovare a quella “ossessione” che caratterizza la scrittura poetica, qui possiamo ritrovare un insistere, un approfondimento nell’osservazione oltre la superficie degli eventi e degli oggetti, una interrogazione analitica rispetto al loro significato più profondo. E anche, nella misura espressiva e nella consapevolezza della articolazione del testo e del verso, la domanda sempre viva di una verità oltre le apparenze.

Luigi Cannillo

6 comments

  1. Marco Bellini ha detto:

    Ringrazio tutti i componenti di Milanocosa per l’attenzione che rivolgono alla mia scrittura. Un grazie particolare a Luigi che con parole attente e ricche di intuizioni definisce e valorizza gli inediti. Un abbraccio a tutti. Marco Bellini.

  2. Paolo Valesio ha detto:

    Si vede una bella maniera di tracciare le linee della vita, fra il quotidiano e il non-quotidiano, in queste poeste

  3. Liliana Zinetti ha detto:

    Come sempre Marco non delude. L’originalità e la profondità del linguaggio muovono mondi altri ed è una mia convinzione che questo movimento sia la base della poesia. Ho letto e molto apprezzato anche il suo ultimo libro La complicità del plurale. Buoni giorni

  4. Marco Bellini ha detto:

    Ringrazio Il Prof. Paolo Valesio e l’amica Liliana per le loro riflessioni. Rappresentano per me un’ottima occasione per riflettere sul mio fare. E’ sempre importante quando si attivano occasioni di scambio e crescita.
    Grazie a tutti. Marco

  5. Adam Vaccaro ha detto:

    Mi compiaccio dei riscontri positivi al post, alimenti fondamentali per la prosecuzione del nostro impegno culturale.
    Adam

  6. Fabrizio Bregoli ha detto:

    Personalmente mi colpisce molto e si avvicina alla mia sensibilità l’idea che la poesia manifesti “quell’ignoto che si colloca oltre la scienza, oltre le nostre possibilità di comprendere razionalmente”, cioè l’idea della poesia come strada insieme alternativa e complementare al pensiero ragionante. Tale concetto trova conferma in particolare – credo – nella poesia “Il profilo della cornice” dove il topos dello specchio viene personalmente riscritto dall’autore come terra di confine, soglia per la comunicazione fra i due mondi, il visibile e l’invisibile, il reale e il possibile che spesso può risultare oggettivamente determinato più del reale stesso. La poesia di Marco si conferma come questo spingere il passo in prossimità di questo crinale, o di questa regione di osmosi, lasciando al lettore la gioia della scoperta e dell’attraversamento.

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