Il riconoscimento in psicoanalisi, filosofia e politica

Pubblicato il 16 gennaio 2012 su Eventi Suggeriti da Adam Vaccaro

Il riconoscimento in psicoanalisi, filosofia e politica

SABATO 28 GENNAIO DALLE ORE 9.15 ALLE ORE 12.30, SEMINARIO
presso l’Associazione culturale Punto Rosso, Via Guglielmo Pepe 14 Milano: MM2 G ARIBALDI.

Intervengono: FRANCO ROMANO’, MARCO SOLINAS, ADRIANO VOLTOLIN.

Il concetto di riconoscimento è certamente una categoria fondante sia in psicoanalisi che in filosofia: non lo è però di meno nella teoria politica. Si potrebbe  dire che costituisce un cardine della riflessione gramsciana. Sia che si tratti della dialettica servo-padrone di Hegel che dei concetti di egemonia e nuovo principe in Gramsci o di negazione in Freud, il riconoscimento si  presenta come prassi, Durcharbeit, quindi come un percorso aspro ben distante d alla filosofia ingenua dell’anima bella e del nevrotico. Nell’ideologia corrente, sia che si tratti di psicoanalisi, di filosofia o di politica, sembra invece prendere sempre più piede l’idea di una contrattazione che appare essere più simile alla tolleranza – oggetto di un’aspra critica da parte di Marcuse – che al riconoscimento.

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Poesia contemporanea: Letizia Leone

Pubblicato il 16 gennaio 2012 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Letizia Leone, Carte sanitarie, 2008 e La disgrazia elementare, Perrone, Roma, 2011
Giorgio Linguaglossa

Quanto meno il testo è letteralmente marcato (voglio dire situato quale dirimpettaio del referente), tanto più la forma avrà la funzione di indicarlo. Assodato che per forma si intenda tanto la composizione testuale quanto lo stile, chiediamoci: è necessario che il testo realizzi la differenza problemato-logica in quanto logos? Meno il problema della letterarizzazione del «reale» è letteralmente detto e più dovrà dirsi figurativamente, più la problematicità sarà il testo stesso come forma discorsiva. Più il testo si de-letteralizza, più il rapporto col reale diventa problematico, e più la problematicità, che è dunque un fatto formale, sarà il testo stesso a fornirlo come prova della sua sopravvivenza. Più il problema è formalizzato, più si scava il fossato tra il letterale e il figurato; voglio dire che meno il testo sarà risolutorio, meno esso sarà consolatorio, più conterrà sempre qualcosa di non-definitivo, di non-ultimato, di infermo, di infirmato, di scoria che eccede, di scabro che sopravvive alla combustione in quanto non c’è più una stazione ultima della formalizzazione. In sostanza, più si scava il fossato tra il letterale e il figurato più la formalizzazione tenderà ad essere provvisoria, ad assumere la veste dell’abnorme, dell’indistinto, dell’inconsueto, insomma, del  problematologico.
Nella poesia di Letizia Leone l’esoterismo va di pari passo con lo psicologismo e con il de-realismo (e, perché no, anche con una nuova forma di realismo!) e con le zattere significazioniste della Storia, ma come divelte, scisse dal tutto (e dal lutto del tutto), come tessere schizzate via dal mosaico da una forza eruttiva (interiore-esteriore). Leggiamo la scena dello scorticamento di Marsia ad opera di Apollo in La disgrazia elementare:

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Poesia contemporanea: Francesco Dalessandro

Pubblicato il 16 gennaio 2012 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Francesco Dalessandro, L’Osservatorio, Moretti & Vitali, Bergamo, 2011

L’Osservatorio di Francesco Dalessandro fu pubblicato, per la prima volta in plaquette,  nel 1989 presso le edizioni Il Labirinto di Roma, e poi nel 1999 dalle edizioni Caramanica. Questa nuova versione ci consegna l’pera più significativa e cospicua del romano Francesco Dalessandro, appartenente alla generazione degli anni Ottanta,  che aveva il suo fortilizio nella rivista «Arsenale» con Gianfranco Palmery e altri valenti collaboratori. Cosa dire?, a distanza di più di due decenni l’opera di Dalessandro sembra acquistare smalto e consistenza proprio a causa della sua impoliticità di fondo: per quella poesia che sembra accarezzare il «paesaggio» e gli oggetti che fanno parte di quel paesaggio. Ecco, credo che oggi quello che risalta è l’impoliticità di fondo di quest’opera; altro aspetto che qui vorrei mettere in evidenza è che il paesaggio è quello visto dall’autore ogni giorno durante il suo viaggio di andata e ritorno dal luogo di lavoro. Ovviamente, è un viaggio privo di avventura e di scoperte. In una brevissima recensione del 1989 ricordo ancora chiaramente che scrivevo di «posizione estatica» di Dalessandro cercando di salvaguardarne l’immagine di poeta non necessariamente contemplativo pur nell’ambito di una categoria heideggeriana.
Certo, il libro rispecchia quelle che erano allora le linee della tarda poesia bertolucciana, il ritorno ad una poesia che si rivolgesse di più alla scatola acustica e meno alla temperie impegnata, civica o politica; era una poesia che sembrava aver messo nel ripostiglio dell’oblio le proposte di poetica che non provenissero dall’assunto di un indiscusso primato del Politico e da un rigorosissimo e severo controllo dell’organo della vista. Tuttavia, l’organo della vista (o meglio della visione) sembra dilagare ed effondersi in questa poesia quasi per prestare alle cose l’aura che le cose non hanno più o che la poesia sembra non essere più in grado di replicare in sé.
Ma la poesia di Dalessandro non vuole essere soltanto poesia di visione (pur se visione ad occhi aperti), né una poesia di veggenza; il moto lento e ondulatorio della visione dell’occhio segue docilmente l’andirivieni dei versi che si susseguono e si rimandano l’un l’altro senza soluzione di continuità, in un inseguimento incessante (quasi mai interrotto da segni di punteggiatura) non del senso ma dei sensi plurimi nei quali si cristallizza il senso delle visioni. Non una poesia a pendenza elegiaca (anche se l’elegia è la spia dominante di questo genere), non poesia del paesaggio quotidiano, anche se il quotidiano sembra trapelare un po’ dappertutto, non poesia di colori della città, anche se Roma è la protagonista assoluta di questa poesia.
Quello che allora, sul finire degli anni Ottanta appariva chiaro, è adesso agli inizi degli anni Dieci alquanto oscuro. La cornice degli eventi è cambiata e con essa è cambiata anche la cornice di lettura di un libro, è questo l’aspetto più interessante, credo.
Con gli anni Novanta apparirà chiaro l’infausto destino della poesia contemporanea: quello di essere costretta a muoversi all’interno di una scrittura tellurizzata, decentrata, bucherellata, spezzettata, psicosomatica, idiosincratica, persoanalitica, una sorta di periferia dei linguaggi peristaltici, mobili, dis-metrici, dis-tassici che nuotano in una geografia-topografia di rovine (lessematiche, semantiche, significazioniste). Allora, invece, si credeva ancora possibile ricostituire una parola politica, o meglio che fosse possibile riformularla secondo un linguaggio poetico che riuscisse a conciliare l’aspetto lessematico e quello fonosimbolico, tonosimbolico.  Ma tutto ciò non sembra scalfire  gli intenti di Francesco Dalessandro, né i suoi progetti per una poesia che riunisse la leggibilità con un ritorno alla tradizione. Gli anni Ottanta sono anni di riflusso ma possono contare su una cospicua serie di poeti di sicura qualità rispetto a questi nostri confusissimi anni di stagnazione economica, politica e spirituale, in cui è davvero difficile mantenere un orientamento. A quell’epoca c’era ancora un dibattito sulle sorti ultime e progressive. C’erano ancora i generi letterari con la sicurezza delle loro divisioni.

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Impara!/Aprende!

Pubblicato il 14 gennaio 2012 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Mentre è in corso una guerra sempre più esplicita tra Usa e Europa (vedi gli ultimi declassamenti  di S&P) che produce governanti e misure feroci contro i ceti popolari,  tra chiacchere di equità  e sprechi, mafie, corruzioni e privilegi  che continuano, noi che facciamo? noi, gli altri, che assistiamo impotenti alle starnazzate di caste piccole e grandi, silenziosi e un po’ inebetiti tra sciacalli e pistole puntate che ci dicono, impara!

Impara!

impara dalle falsità
che spacciano
come unica verità
impara dall’odio emanato
dai loro vestiti profumati
impara dai sorrisi esposti
che sanno di cartone
impara dalle lacrime sparse
per addolcire la tua pelle
sotto le loro unghie colme
di fame e sete persino
della tua pietà

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Messaggi di rete

Pubblicato il 12 gennaio 2012 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Messaggi ricevuti e condivisi di rete

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Cosa chiediamo a Monti?

L’EUROPA CI CHIEDE DI AUMENTARE L’ETÀ DELLA PENSIONE

PERCHÉ IN EUROPA TUTTI LO FANNO.

NOI CHIEDIAMO, inoltre,

DI ARRESTARE TUTTI I POLITICI CORROTTI,

DI ALLONTANARE DAI PUBBLICI UFFICI TUTTI QUELLI CONDANNATI IN VIA DEFINITIVA

PERCHÉ IN EUROPA TUTTI LO FANNO, O SI DIMETTONO DA SOLI PER EVITARE

IMBARAZZANTI FIGURE.

DI DIMEZZARE IL NUMERO DI PARLAMENTARI PERCHE’ IN EUROPA NESSUN PAESE HA COSI’

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Un nuovo scenario politico-militare mondiale

Pubblicato il 12 gennaio 2012 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Un nuovo scenario politico-militare mondiale

Dario Lodi

Già iniziato un multipolarismo entro il quale Cina e Paesi emergenti…

Dopo il crollo dell’Unione Sovietica si riteneva che l’unica potenza egemone nel pianeta fossero gli Stati Uniti d’America.

Assistiamo invece a uno scenario mondiale nel quale i paesi emergenti quali la Cina, l’India, il Brasile, non solo sono in ascesa economicamente ma anche militarmente. La stessa Russia ha mantenuto intatto il proprio potenziale militare e le relative capacità strategiche d’impiego, come visto nella guerra con la Georgia. La repubblica caucasica ex sovietica, militarmente addestrata dagli Stati Uniti e da Israele, nulla ha potuto contro la maggiore capacità militare russa, che, pur attaccandola con mezzi tecnologicamente obsoleti, ne ha fatto un sol boccone in pochi giorni. Evidenziando così come l’uso militare delle forze armate sia preminente rispetto alla qualità tecnologica delle stesse.

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Ma che razza di “globalizzazione”

Pubblicato il 11 gennaio 2012 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Ma che razza di “globalizzazione”…

Dario Lodi

Il sistema economico neoliberista si fonda sulle errate convinzioni che l’uomo sia malvagio e che il bene comune sia la risultante degli interessi particolari

La condotta del sistema neoliberista risponde a una certa logica. Si dirà: ma forse è una logica perversa, visti i risultati. È sicuramente così, tuttavia la perversione non è certo una novità. Non è che sia sorta all’improvviso una genia di cattivi. Si è presentata, semplicemente, una grande occasione di saccheggio tramite la globalizzazione. L’atavica avidità, esercitabile “seriamente” da pochi, ha avuto modo (e lo ha tuttora) di sfogarsi su un proscenio nuovo e vasto. L’Est è stato invaso da capitali dell’Ovest (capitali pubblici!) nonché sottomesso al mito del benessere capitalistico, un capitalismo moderno fatto di furbi con il beneplacito di altri furbi (le banche) e tollerato, quando non blandito, da inetti (i politici).

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Caro Monti, è uno schifo

Pubblicato il 2 gennaio 2012 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Una lettera aperta di Antonio Padellaro su Il fatto quotidiano che ci auguriamo spinga Monti o altri a dire o fare qualcosa contro queste immonde e non più sopportabili sanguisughe!

Caro Monti, è uno schifo.
di Antonio Padellaro

Caro presidente Monti, sappiamo che le lettere aperte ai potenti, in genere, finiscono nei cestini dei suddetti potenti troppo presi dai grandi affari di Stato per dare retta a giornalistici piagnistei. Ma se ci permettiamo di importunarla è perché nella memorabile conferenza stampa sulla manovra (quella che passerà alla storia più per le lacrime della ministra Fornero che per il sangue spillato a contribuenti e pensionati), Lei annunciò immediati tagli ai costi della politica, poiché si rendeva conto che a un Paese costretto a subire l’arroganza della cosiddetta casta non si poteva chiedere di svenarsi senza prima avere tagliato un po’ le unghie ai rapaci in auto blu. Leggi il resto dell’articolo

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Le lezioni di Lina Angioletti

Pubblicato il 26 dicembre 2011 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

La poesia di Lina Angioletti

Pubblicato il 23 dicembre 2011 su Saggi Poesia da Adam Vaccaro

Lina e la “liquida innocenza”

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