Nella crisi euroamericana

Pubblicato il 23 giugno 2013 su Saggi Società da Adam Vaccaro

Nella crisi euroamericana

Tra falsità politiche e tenaglie finanziarie, il problema per i popoli rimane la ricerca di alternative a logiche economiche che ingiuriano livelli di vita e dignità.

Franco Romanò

Il decreto del fare è in realtà un decreto del fare nulla, ma i peana elogiativi si sprecano e la cosa paradossale è che le sole vere note critiche sensate sono scritte sul sole 24 Ore. Per Camusso, invece, reduce dall’aver posto la sua firma a una legge parafascista sulla rappresentanza sindacale, il decreto contiene aspetti positivi.

Tutti giocano a fare finta che vada comunque meno peggio, la propaganda gonfia le trombe, la Corte Costituzionale sembra essere per il momento la sola istituzione che non ci sta, vedremo se la Magistratura milanese farà altrettanto: per il resto, tutti a prendere tempo, non decidere nulla, mettere la sordina a tutto in attesa del 22 settembre, quando ci saranno le elezioni tedesche. Se qualcosa potrà cambiare anche prima, questo avverrà per decisione di altri, Stati Uniti ma non solo.

Il tramonto di Obama sta assumendo aspetti grotteschi e pericolosi. Lasciamo perdere quella parte della sinistra che ha visto in lui addirittura un liberatore, fino al punto che un dirigente di Rifondazione Comunista si spinse a dire che Obama era anche un po’ il suo presidente. Lasciamo perdere la giuria del Nobel, che assegnandogli il premio per la pace, ha toccato un fondo difficilmente raggiungibile in futuro, quello che lascia esterrefatti è la noncuranza con cui vengono accolte notizie come quella dello spionaggio di intere delegazioni al G20 scorso. Nello stesso tempo, si viene a sapere che Snowden ha potuto tranquillamente scaricare sul proprio computer documenti segretissimi senza che nessuno se ne accorgesse perché in realtà i sistemi di sicurezza sono assai fragili.

Questo mix di potenza incontrollata (faccio quello che voglio e non rendo conto a nessuno) e fragilità, è il sintomo di una profonda schizofrenia, ma dovrebbe essere guardata anche come un sintomo di grande debolezza. C’è un’attitudine paranoica in questa mania di controllare tutto, ma trovo anche che bisognerebbe smetterla di prenderla troppo sul serio. Gli Usa non hanno più vinto una guerra dalla Seconda Guerra Mondiale in poi (tranne la riuscita invasione dell’isola di Grenada), sono fuggiti dall’Iraq, hanno perso la guerra in Afgahnistan, come le trattative con i Talebani dimostrano.

Naturalmente tutto questo ha creato disastri umanitari, crisi economiche e altro, ma forse non è la loro potenza che bisogna temere, ma l’eccessiva paura che ne abbiamo e il poco coraggio con cui perseguiamo l’obiettivo di un altro mondo possibile. Rai News 24, l’unica emittente che sembrava poter reggere il confronto con una informazione degna di questo nome, è caduta definitivamente dopo quello che è successo in occasione della visita di Obama a Berlino. La direttrice Monica Maggioni si è posta sulla stessa strada che fu di Minzolini quando costrinse l’inviata speciale del TG all’Onu a un fotomontaggio che ritraeva la sala piena mentre parlava Berlusconi. In realtà in aula non c’era quasi nessuno a sentirlo.

Lo stesso con la visita di Obama: una folla grandissima e plaudente dicevano i servizi e in effetti l’immagine sembrava quella. Non abituato a distinguere subito un montaggio da una diretta vera e fidandomi tutto sommato di Rai News, ci sono cascato anche io. A sera, grazie a Radio Popolare, arrivano le cifre vere: alla porta di Brandeburgo erano in 4000, in maggioranza invitati! Non c’era praticamente nessuno a sentirlo, mentre quando venne da candidato ci erano andati in 200.000. Nessun accenno, da parte di Rai News, agli attacchi e alle critiche molto aspre della sinistra tedesca.

Visto lo scarso pubblico, però, vuole anche a dire che i sentimenti antiamericani in Germania stanno montando. Quanto al discorso di Obama, trionfalistico e demagogico (è riuscito persino a concludere urlando Chiuderemo Guantanamo! Sono sei anni che aspettiamo), ha sottolineato fino alla noia che i tedeschi devono la loro libertà agli Usa, ha sottolineato che lui stava parlando a est della Porta di Brandeburgo perché il muro era caduto grazie a Reagan e che ad Atene ci devono essere le stesse opportunità di lavoro che ci sono a Berlino.

Il significato vero di queste parole è stato il presidente della Federal Riserve, Bernanke, a chiarirlo poche ore dopo il comizio di Obama. La frase chiave pronunciata dal governatore è questa: “L’economia statunitense è in ripresa e se la disoccupazione scenderà al 6,5% la Federal Reserve non sosterrà più l’economia con aiuti (traduzione: smetteremo si stampare moneta fasulla).” Crollo immediato delle borse e ripartenza dello spread come conseguenza immediata.

Il discorso di Bernanke sembra essere chiaro e decifrabile, anche nei suoi aspetti in ombra. I cinesi, sempre più insofferenti per la politica monetaria della Federal Reserve che svaluta i loro crediti (i cinesi detengono una gran parte del debito americano e continuano nonostante tutto a finanziarlo) devono avere posto un chiaro limite, per cui gli Usa non possono più immettere dollari fasulli sul mercato (cioè darlo alle banche) e quindi cosa fanno?

Lo chiedono a noi europei: se la Federal Reserve non può più farlo, che lo faccia la BCE nelle forme che sono compatibili con i trattati europei esistenti (questo è anche il significato della maggiore integrazione fra Usa ed Europa, che sono costretti a stare più uniti, ma sotto il dominio americano, per fronteggiare un mondo ormai multipolare).

Questo dovrebbe voler dire che la politica tedesca del rigore a senso unico è con le spalle al muro, almeno nelle intenzioni americane: ma andrà davvero così?

In ogni caso l’Europa è in un vicolo cieco: se la Germania terrà duro, questo assetto europeo andrà in pezzi in breve tempo e poco importa sapere se saranno gli Stati del nord ad andarsene o quelli colpiti dalla crisi a non farcela più e quindi a gettarsi entusiasticamente nelle braccia angloamericane.

Se vincerà la linea di una dollarizzazione della BCE e la Germania rientrerà nei ranghi scordiamoci qualsiasi passo avanti nella direzione di una maggiore integrazione politica. L’Europa definitivamente omologata al modello e alla cultura anglo-statunitense assomiglierebbe sempre più al vecchio impero bizantino: un po’ riserva monetaria, un po’ cuscinetto, un po’ bidone della spazzatura nel quale gli Usa scaricheranno un po’ dei loro attriti e detriti.

L’una o l’altra di queste soluzioni, per chi è colpito dalla crisi, pari sono e allora sarà bene d’ora in poi guardare altrove, avere il coraggio di essere fuori e altro.

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