Guerre e clima, tra le cause principali dell’esodo

Pubblicato il 27 agosto 2015 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Articolo con dati utili per chi vuole riflettere su due aspetti di fondo del problema, senza dimenticare ovviamente il punto centrale di un sistema capitalistico (a più teste) imperiale mondiale, che considera giusta e naturale l’attuale distribuzione della ricchezza, tra aree geografiche, popoli e classi sociali.

A.V.

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Guerre e clima: tra le cause principali dell’esodo di milioni di migranti

di Marinella Correggia

sul Manifesto e su Pagine Online del 27 agosto 2015

Lavo­ra­tori migranti in fuga dalle nostre guerre, sfol­lati dalla nostra guerra al clima, vit­time dello sfrut­ta­mento post-coloniale: tre cate­go­rie a cui è negato tutto. Eppure, acco­glierli non è gene­ro­sità, è un obbligo da parte di chi è col­pe­vole delle loro sven­ture: anche l’Europa.

Stima lo State of the World 2015 del World Watch Insti­tute che fra il 2008 e il 2013 le per­sone che abbiano dovuto spo­starsi in altre aree o paesi, a causa dei disa­stri ambien­tali e cli­ma­tici, siano state circa 140 milioni. Solo una pic­co­lis­sima mino­ranza bussa alle porte dell’Occidente. Dove un migrante ambien­tale o eco­no­mico non ha diritto allo sta­tus di rifu­giato (per­ché non fugge diret­ta­mente da guerre od oppres­sioni): è bol­lato come clan­de­stino e respinto al suo paese, o schia­viz­zato in cam­pa­gna dai capo­rali, con infi­nite com­pli­cità. Eppure, dei danni da caos cli­ma­tico sono respon­sa­bili i paesi abbienti, già col­pe­voli di sfrut­ta­mento colo­niale e post-coloniale ai danni di Africa, Asia e Ame­rica latina.
Anche la quasi tota­lità delle decine di milioni di sfol­lati e rifu­giati di guerra nel mondo rimane all’interno dei rispet­tivi paesi o nei paesi con­fi­nanti; solo 600mila sono stati accolti in Europa. Eppure, i con­flitti che l’Occidente con­duce con i pro­pri bom­bar­dieri o fomenta – senza subire mai con­se­guenze in ter­mini penali, eco­no­mici e poli­tici – con­ti­nuano a pro­vo­care esodi biblici: non solo di cit­ta­dini dei paesi bom­bar­dati o attac­cati, ma anche di milioni di migranti che in quei paesi lavo­ra­vano. Un nige­rino o un bur­ki­nabè che, perso il lavoro in Libia a causa della guerra della Nato nel 2011, cer­cano di appro­dare in Europa, non hanno diritto di essere rico­no­sciuti come rifu­giati. E invece, dovreb­bero avere addi­rit­tura avere, dai paesi Nato, un risar­ci­mento danni.
Ecco alcuni numeri sulle fughe dai con­flitti pro­dotti o diret­ta­mente fomen­tati dall’Occidente, negli ultimi 25 anni. L’Italia non si è mai sot­tratta…
1991: «Tem­pe­sta nel Golfo», guerra all’Iraq. La guerra pro­voca l’esodo di circa tre milioni di per­sone dall’area. Fra que­sti, 300mila lavo­ra­tori pale­sti­nesi ven­gono espulsi per ven­detta dal Kuwait «libe­rato» e da altre petro­mo­nar­chie, o lasciano l’Iraq distrutto dalle bombe e impo­ve­rito e dal suc­ces­sivo embargo. Abban­do­nano l’Iraq in tutto circa un milione di lavo­ra­tori stra­nieri (ben­ga­lesi, egi­ziani, yeme­niti, filip­pini, indiani, paki­stani…). L’Arabia sau­dita espelle circa 800mila yeme­niti per­ché il loro paese non ha votato a favore della guerra all’Iraq.
1999: «Ope­ra­tion Allied Force», bombe Nato su Ser­bia e Kosovo . L’azione mili­tare, non appro­vata dall’Onu, pro­voca – invece di pre­ve­nire o arre­stare – l’esodo di massa di cen­ti­naia di migliaia di koso­vari. Dopo la vit­to­ria della Nato, sono i serbi a fug­gire a decine di migliaia dal Kosovo «libe­rato».
2003: Ope­ra­zione «Iraqi Free­dom», bom­bar­da­menti e invasione/occupazione dell’Iraq. Varia fra i 3,5 e i 5 milioni il numero di ira­cheni sfol­lati interni e rifu­giati all’estero a causa dell’occupazione anglo-statunitense (con alleati) del 2003 e della suc­ces­siva guerra set­ta­ria. A par­tire dal 2014, un milione e 800mila ira­cheni hanno lasciato le loro case di fronte all’avanzata del cosid­detto Stato isla­mico in Iraq.
2011: Libia, «Uni­fied Pro­tec­tor», sette mesi di bom­bar­da­menti Nato. Fino al 2011 in Libia lavo­ra­vano oltre due milioni di stra­nieri, rego­lari o irre­go­lari, fra nor­da­fri­cani (in pri­mis egi­ziani), afri­cani sub-sahariani e asia­tici (70-80mila dal Ban­gla­desh). Con le bombe della Nato e la con­co­mi­tante «cac­cia al nero» da parte dei «ribelli» libici alleati della Nato sul campo, lasciano la Libia 800.000 lavo­ra­tori migranti. Con l’arrivo dei «ribelli» a Tri­poli, fine ago­sto 2011, lasciano il paese anche quasi due milioni di libici, distri­buiti soprat­tutto fra Tuni­sia e Libia senza un vero sta­tus di rifu­giati.
2011-oggi: Siria, guerra fomen­tata da paesi Nato e petro­mo­nar­chi Dal 2011, sei milioni e mezzo di siriani sono diven­tati sfol­lati interni; tre milioni hanno lasciato il paese. Poche cen­ti­naia di migliaia hanno otte­nuto asilo in Europa.
2015: Yemen, bom­bar­da­menti dell’Arabia sau­dita e alleati. A par­tire dal 26 marzo 2015, con i bom­bar­da­menti sullo Yemen da parte di una coa­li­zione di paesi arabi gui­dati dall’Arabia Sau­dita e cn l’appoggio tec­no­lo­gico degli Usa, oltre un milione di yeme­niti si sono spo­stati in altre zone. Sono altri poten­ziali richie­denti asilo in Europa. L’Arabia sau­dita è il primo acqui­rente di sistemi d’arma dall’Italia.

2 comments

  1. Nicola Franco ha detto:

    CHE TRAGEDIA!
    COME CAMBIARE I COMPORTAMENTI DEGLI OCCIDENTALI E CAPITALISTI ?
    INDIVIDUALMENTE DOBBIAMO PRENDERE COSCIENZA DI QUESTI DRAMMI UMANI E INSIEME PREMERE SUI NOSTRI GOVERNI AFFINCHÉ CAMBIINO D’ATTITUDFINE DI FRONTE A QUESTI DRAMMI UMANI.
    IL GOVERNO CANADESE PER DECENNI APERTO A L’ACCOGLIENZA E A L’INTERVENTO PACIFICO NEI PAESI DI TURBULANZE, OGGI RIMANE CON LE BRACCIA INCROCIATE E SENBZA MUOVERE UN DITO O APPENA E QUESTO PERCHÉ È DIVENTATO L’ALLEATO POLITICO -ECONOMICO DEL VICINO PAESE, GLI STATI UNITI D’AMERICA.
    SPERIAMO CHE LA PROSSIMA ELEZIONE FACCIA CADERE QUESTO GOVERNO PRO AMERICANO E TRAGICAMENTE RESPONSAGBILE PER LA SUA INDIFFERENZA DI CIO’ CHE STA AVVENENDO IN QUESTO MOMENTO IN EURTOPA E IN ORIENTE.

  2. Adam ha detto:

    Grazie del commento, che implica ricerca di modi e responsabilità di tutti, rispetto ai mali che producono i poteri in atto.

    Adam

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