Piccole infinitudini – Mauro Macario

Pubblicato il 16 gennaio 2023 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Il sorriso perduto dei padri nella palude del presente

Adam Vaccaro

 

Mauro Macario, Piccole infinitudini, puntoacapo Ed., 2022

Un libro necessario in questa stagione buia, pregna di falsificazioni del neoliberismo globale che deve spacciare paure sul suo piatto di bontà, verità e scienza, ponendo sull’altro squalificanti ismi per chiunque sollevi critiche o ipotesi di un pensiero diverso. Un utero ideologico dai caratteri di fondamentalismo religioso, vestito di progressismo accreditato di sinistra. Il che implica la desertificazione di una aggiornata azione critica del capitalismo, che lascia alle Destre praterie di bisogni insoddisfatti dei più, entro crescenti orizzonti di guerre tra più teste imperialistiche, con rischi letali per i destini dell’umanità. Ma sono solo bilanci di catastrofismi e cassandre deliranti, e il problema è risolto.
Questo libro offre lampi di luce in una lingua vietata e inattuale, nel diluviale bla-bla massmediale di sacerdoti officianti una democratura sorretta da protesi tecnologiche e finanziarie, mai così potenti e tendenti a generare hybris e schiavi felici, entro una caverna platonica che appare senza uscita.
A questa sorta di grado zero del tempo-storia, i versi di Macario offrono denunce e sarcasmi, tra evocazioni di un tempo perduto e spiragli di aperture, di una mente di più menti, che possa – a partire da piccole infinitudini – dare nome alla Cosa cui la storia umana è pervenuta. Versi che fanno domande rivolte in primo luogo al passato, personale e collettivo, in cerca di qualche risposta. Come fare, come trovare guide per dire lo smarrimento e il dolore vissuto dai più, senza cadere in ripiegamenti piangenti, facendone anzi moti di uscita, speranza e utopica rinascita?
C’è un non detto: cosa è successo e come abbiamo potuto perdere il sorriso e la visione positiva di futuro consegnato da padri e madri, usciti stremati dall’ultimo eccidio mondiale? Siamo una generazione fallimentare di illusori rivoluzionari, che ha ucciso insieme padri e futuro, tra frenesie di idiotismi tecnologici? Macario parte dalla carne e dall’anima, custodi di lampi di gioia donati da coloro che ci hanno dato la vita. Perdite primarie, metafore, metonimie e simboli della totalità rubata da un tempo-Crono che mangia memorie e menti.
Tra le perdite richiamate dal libro ci sono Leo Ferré (Il maestro, pp. 54-55): “mi hai svegliato poeta”, e l’ombra del padre Erminio: nomen omen con macarius, felice in latino. Memoria di sorrisi cui Mauro offre un controcanto impietoso del conto imposto alla gioia ricevuta: somme di “sguardo stanco di tutto e di tutti/ sentirsi abbandonati dalla morte/ di chi avresti ancora bisogno (Lezione di guida – p.29), mentre “Gesù/ ha dato le dimissioni/…/ Marx ha fatto di peggio/ ha incendiato i quartieri poveri/ le Case del Popolo/ ora è un blogger onlenin” e “Bakunin/ annega suicida nella Senna” (Trinità – p.45).
La conta delle spese e dei presagi (mio verso, eco di questi suoi) impone di dirci allo specchio: “Noi siamo un mondo finito/…/ l’onda anomala ricopre un’epoca/ derubandola di un antico tesoro”, e sta sola nelle nostre mani la possibilità di evitare “la rotta che conduce all’abisso” (Testamento collettivo – p.40-41). Il testo lancia SOS, senza scialuppe e cutter, tra teleintimazioni di carità drogata, bastano 9 € al mese!: “Qui sono qui/ non posso muovermi/ ho il buon senso/ fratturato in più punti/…/ respiro a fatica/…/ ogni dieci minuti/ un’armata di spot/ suona la carica/ Custer non è morto/ Dona Ora/ al 4558022/ mi svena la carità/,,,/ portate i cani/ seguite i miei lamenti/ sto per diventare/ un promoter di televendite,” (Appello urgente, pp.46-47).
“Basterebbe Cavallo Pazzo/ un urlo di guerra/…a farla finita/ con la nuova America/ / Abbiamo bisogno di poco/ e non abbiamo niente/ l’America è in ogni paese/ del mondo/ genocidio delle identità/ locali/ fatte a pezzi e svendute/ negli empori dei rigurgiti/ tra clienti artificiali/ senza essere affamati/ saccheggiano l’eccesso/ con furia eucaristica/Il Grande Spirito/ serve solo a smacchiare” (Ghost dance – pp.38-39).
Mauro ci dice coi suoi versi, basta chiacchiere al vento, veniamo al punto con parole che regalino almeno un po’ di dignità e verità ai mali e alla nostra intelligenza: “Sulla soglia del nulla/ voglio solo ricordi cattivi/…/ per non rimpiangere/ la vita che lascio” (Black pass – p.92); “Alla fine dei conti/ bisogna ringraziare/ i propri carnefici/ ad ogni taglio inferto/ invece di sangue/ è uscita poesia” (L’autore ringrazia – p.91).

Adam Vaccaro

3 comments

  1. Milena Tagliavini ha detto:

    Mi piace molto il titolo ossimorico della raccolta. È doveroso interessarsi sulle implicazioni delle nostre scelte di vita.
    Il fatto di ringraziare i carnefici perché “per ogni taglio inferto/ invece di sangue/ è uscita poesia” è un’affermazione geniale e disperata.

  2. VACCARO ADAMO ha detto:

    Ricevo per email da Mauro Macario, che ha avuto problemi tecnici e mi prega di inserire il commento splendido che segue. Caro Mauro, sono io che ti sono fraternamente grato:

    “La gratitudine verso un poeta che si sveste di sé e del sé per siamezzarsi in un altro avventuriero del verso reattivo, non è un atto formale ma un’urgenza viscerale che congiunge, fortifica e conforta, soprattutto in un ambiente avaro di fraternità che tende a tacitarti invece di amplificarti la voce. Adam non è solo il primo uomo ma il primo poeta che sa trasformarsi nell’altro e leggerne lo stato venefico che lo anima poeticamente perché “ è dal letame che nascono i fiori “. Dopo le recidive sublimazioni spiritualiste di cui fin troppo spesso sono condite tante poesie che si genuflettano al divino, Adam accarezza il serpente che è in me e sa che non cambierà pelle: per certe indignazioni rabbiose e terrestri mai sopite, è sufficiente soffiarci sopra e ravvivare così braci incandescenti. Ed è con un excursus impietoso e veritiero che, verticalizzandosi, va in apnea in un comune territorio di rifiuti, la discarica epocale in cui siamo costretti a vivere, a dibatterci come dentro un’ultima trincea umanistica resistenziale. La sintesi interpretativa è un magico dono e Adam la usa con un ritmo incalzante che rileva il percorso morfologico accidentato del mio poetare. Non lo ringrazierò mai abbastanza.”

  3. Mauro Ferrari ha detto:

    Grazie Adam per questa lettura così partecipe di un libro importante, che in qualche modo mi pare segnare una ulteriore evoluzione nella poetica di Macario. la sua poesia è sempre al calor bianco: sia quando rievoca con nostalgia una gioventù passata (gioie, passioni, persino dolori), sia quando inveisce — ed è uno dei pochi a usare questo registro — contro la betise del presente. E ci ricorda che fare poesia vuol dire essere poeti, non inanellare versi sterili. Mauro parla di sé, certo, ma è lontano mille miglia dallo stupido minimalismo dei mille poeti ombelicali che affollano cataloghi anche prestigiosi, o che pretendono di fare poesia ex cathedra. Perché Macario parla di noi, di ciò che è andato perso, e insomma di cosa potrebbe ancora essere se volessimo credere davvero nelle passioni e negli ideali. Facendo poesia dalla vita e soprattutto vita dalla poesia.E oggi non è poco.

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