La corteccia del mondo – Giacomo Graziani

Pubblicato il 2 marzo 2023 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

L’acuto squillare del sole sotto la corteccia del dominio
Adam Vaccaro

Giacomo A. Graziani, La corteccia del mondo, La Vita Felice, 2020

Giacomo Graziani incarna uno stile consonante a quella che Saba definiva poesia onesta, che qui si muove come un fiume carsico, dalle esondazioni disinteressate a zampilli spettacolari o a forme innamorate di sé, perché prevale l’interesse a un contributo di conoscenza, di sé e del Mondo. Un Senso complessivo interrogante che il Soggetto Scrivente trasmette e ci raggiunge, se non siamo seduti su qualche scranno idiota di Verità sussiegosa, come quella scodellata quotidianamente dall’ideologia e dalla propaganda dominanti, attraverso i mille canali della informazione accreditata.

Una interrogazione sulla somma di flussi maleodoranti, falsificazioni e strumentalizzazioni, che tendono a ridurci a tifosi o a merci sociali passive. Salutare diventa perciò una linea espressiva come quella di Graziani, che parte dal piano esperienziale dei sensi e delle emozioni, per estrarre dalla corteccia della superficie gocce di senso e conoscenza contrapposti al diluvio narrativo, che ci inonda spesso con fetori di cloaca.

Condivido per questo quanto scrive in Prefazione Alberto Figliolia: “Nulla è semplice e scontato nella ‘fatica’…datoci in sorte”, “eppure la corteccia, oltre la quale è la calda polpa, la carne, l’intimo senso…occorre andare al cuore delle cose…per quanto dolore o disagio ciò possa comportare”, per continuare a immaginare anche “con ingenuo coraggio e ardua pazienza” un oltre invisibile tra “le insidie delle tenebre”.

Il libro di Graziani si articola dunque lungo una linea di lucida coscienza e saggezza di umiltà (Eliot), oggi quanto mai necessarie rispetto alla complessità del Tutto, che la superficie rugosa tende a nascondere. Il libro è autoantologico, e si compone di otto sezioni (di cui la prima dà il titolo alla raccolta), attraverso le quali l’Autore, architetto urbanista nato in Romagna e residente a Milano, racconta di sé e del suo percorso, a caccia di quel senso profondo suddetto, svolto nel canto di condivisione fraterna e di un nostos di collettività che ci manca, fuori dagli individualismi (questi sì, deliranti) anche tra le scritture poetiche:

“Sopra il tappeto grigio delle nuvole/ ci figuriamo un sole/ per i cieli del nostro immaginare./ Ma è in ombra il mondo che ci tiene vivi” (Ombra e luce, p.36). Mi pare una tranquilla e insieme tagliente sintesi del senso che rincorre questo libro, tra schegge amorose, elegiache e dolorose denunce nell’incrocio di sentimenti e sguardi nello scenario di memoria immemore, che ci sconvolge lungo il nostro cammino nel tempo-spazio della storia o della natura. Faccio seguire altri pochi significativi esemplari di versi, che ne sono conferma con varie cadenze, endecasillabiche, alessandrine e haiku:

“Con robuste radici offrire una certezza/…/ Con rami tenaci resistere a bufere/…muta testimonianza delle mia vita in pace.” (Un albero, p.58);

“Risentire dal calmo respiro del mare/ l’urgente pienezza/…l’acuto squillare del sole.” Prima vigilia, p.37); “Amo la terra dura, scalfita dall’aratro/ vado per bori asciutti/ d’esili canne spente sfioro la venatura” (Lascio l’estate, p.32); “Luci d’infinito silenzio/ da un palpitante esilio/ trafiggono l’immenso” (Notte mediterranea, p.68); “Cresce un prato/ silenzioso/ d’erba nuova” (Aprile in Baraggia, p.62); “Dondola lieve/ il ramo del ciliegio./ Vento nell’aria” (Primavera, p.73);

“Quotidiano sterminio di innocenti/ ci raggiunge senza scalfire/ il muro di un’ipocrita distanza./…/ per la gloria dell’oro che del suo colore/ ogni delitto copre e ci nasconde/…/ Pareggiano il conto/ sussiegosi ministri della Chiesa/…/ Deboli e distratti/ siamo una folla anonima che ignava/ si raduna in popolo dei buoni” (Per una messa disarmata, p137); e su tale linea di denuncia, il libro si chiude con una cantata dolorosa dedicata A Gaza, Miserere per Ghaza: “Bombe!/ un tuono, la polvere in gola/ panni insanguinati/ innocenti senza scampo/…/ La lingua di Ghoethe udimmo urlata/ da bande spietate di mostri diligenti/,,,/ Noi, infingardi astiosi/ saliremo al trapasso? Miserere!” (p.138)

2 marzo 2023

Adam Vaccaro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *