Angela Passarello – Poema Rupe

Pubblicato il 6 ottobre 2022 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Rupe daimon di Girgenti

Adam Vaccaro

Angela Passarello, Poema Rupe, New Press Ed., 2022

In questo libro è come scalpellato sulla pietra, con caratteri lapidari e icastici, un affamato e inesausto, vorace daimon che incarna quel chiodo su cui poi la nostra vita ruoterà e che Claudio Magris chiama primogiardino. È il luogo reale e immaginario, l’orizzonte geografico e umano in cui la nostra identità comincia a interagire col mondo, disegnandone primi tratti, con paralleli e meridiani del visibile, ma anche sprofondi nell’oltre invisibile, dentro e fuori di noi.
Memoria e presente, orrori e gioia di vita, infimo e immenso diventano fuoco vivo che inventa una lingua viva e rinnovata da un intreccio inestricabile, erotico e doloroso con l’Altro. Ne nascono corpi e accrocchi di segni, sensi e suoni, tesi a una immagine animale della totalità, simbolizzata dalla Rupe – utero di rinascita e creatività di questo poièin, che oscilla tra noto e ignoto custodito nelle mani di quel daimon che ci tiene, ci appartiene e ci sfugge, tra umano e divino, quale era inteso dai Greci, radice culturale cui il testo è profondamente innervato. Opportunamente Angelo Lumelli ne ricorda nella Prefazione i dibattiti sulla costruzione di una forma, poetica e no, tra accenti contrapposti, analogici e rivendicazioni della anomalia di ogni diversità, di cui la lingua si fa testo a fronte, contro ogni noto e consueto.
La espressività di Angela Passarello, non solo in questo Poema, ruota intorno a tale chiodo, cui lei dà nome di Rupe, icona del suo primogiardino, sempre presente e sempre passato nel suo venire e stare nel mondo. Tale immagine dà nome al testo e diverta nucleo atomico esplodente di detto e non detto, di dicibile e indicibile, crinale epifanico di poesia, con invenzioni verbali che accorpano termini e ci proiettano sia nel cuore della Rupe, sia sul nostro universo, denso di domande e ben poche risposte.
La Rupe assume perciò qui quasi il nome di un’astronave umana o un ufo, che affascina e spaventa, concreta e al tempo stesso onirica, piena di buchi in cui a tratti rimane in gola la nostra fame di significati e di senso. E tuttavia, la prima Sezione del libro, con lo stesso titolo del libro, in una sequenza di anelli vocativi- invocativi, con molecole apparentemente slegate, man mano costruiscono tessere di un mosaico e una catena di sensi, ricchi di magnetismo comunicante.

“Rupe delle graminacee attaccaradice”(p.21)
“Rupe dell’impronta fossile sulle pareti/ degli ipogei greco.feaci scorriacqua”(Ibidem)
“Rupe smossa da forze telluriche”(p. 22)
“Rupe dei notturni pipistrelli/ indiavolate creature dei sogni”(p.24)
“Rupe odorante di malve e di roseti”(p.26)
“Rupe del siero ricottato profuma-aria”(ibidem)
“Rupe martoriata da costrutti/…/ di viventi ignari delle alterazioni”(p.27)
“Rupe delle aquile con artigli stringipreda”(p.29)
“Rupe della vite regina di vini DOC”(ibidem)
“Rupe della tumminia di Cerere”(p.30)
“Rupe della sagra dei mandorli in fiore”(ibidem)
“Rupe del Gattopardo vestito di bianco”(p.31)

La Rupe diventa, quindi, il punto zero, caos calmo e vuoto-pieno dell’occhio di un ciclone, bocca di inferno e paradiso che tutto succhia e sputa nella sua smania di restituire un mondo amato-odiato fino al proprio midollo. Alla fine non c’è una fine, anche se alla fine tutto sembra precipitare in una somma zero di triangolo delle Bermude. Eppure, è proprio in questa somma (aritmetica e di eccellenza) assenza che risale una presenza, tra analogie e differenze trasmutate in una lingua che non può essere solo quella della grammatica inventata dall’Io, che riattiva e ritrasmette come una vecchia radio abbandonata, adiacenze umane di una Fenice capace di reinventare ciclicità epifaniche di rinascita – seppure possibilità non contemplate dalle logiche del presente.

“Rupe della ballata brechtiana”(p.32
“Rupe sfigurata da antenne/…/ dove fossili e archeologie/ custodiscono mutamenti“(p.19)
“Rupe dei satelliti invisibili a occhio nudo/ nella notte di San Lorenzo con le stelle/ effimere dell’ignoto”(p.42)
“Rupe della primaria conoscenza”(p.43)
“Rupe du pani duru a vuscarisi/ du pani tintu sudatu”(p.44)
“Rupe delle littorine a carbone/…con la valigia di cartone legata cu lazzu”(p.45)
“Rupe di Girgenti alta di Girgenti bassa/…con la Freccia del Sud sul binari”(ibidem)
“Rupe del pensiero mobile/con lo smart digitale”(p.50)
“Rupe nell’orecchio dionisiaco/ del Mediterraneo in tempesta”(ibidem)
“Rupe delle immaginifiche creazioni/ nella sfera del non ritorno/ di varchi sottratti alla memoria dai vuoti interstellari della materia oscura”(p.52)
***
Nella seconda Sezione ruotano come satelliti di una illusione di libertà frammenti di “figure di paesaggio”, cui l’Autrice affida il compito di “Scacciamalocchio”, e infine la terza breve Sezione è dedicata a “Girgenti”, nome arabico e mitico dell’alveo storico-geografico della Valle dei Templi, su cui si erge la Rupe.
È un fulcro che, dentro quel ciclone senza nome, nonostante i cigolii disperati, genera lampi di un grido silente di speranza e salvezza: “Rupe della rosa dei venti cardinali/…manovrati dall’osservatorio”, un osservatorio manovrante che diventa evocatore di ben Altro, oltre la Rupe.
Così, “in via Atenea i balconi barocchi/ di ferro battuto ruggine antica”(p.73), “nei giorni di frane e scompigli…dei palazzi risucchiati dalla voragine/ l’intimità degli abitanti restava/ esposta fuori e dentro la tendopoli/ in balia dei tellurici eventi”(p.79), mentre “i musici con lo scacciapensieri/ sonorizzavano lo spazio”(p.80) e “dalla punta della Rupe come un’apparizione/ la Ong Mediterranea in quarantena forzata/….gli imbarcati come sagome oscillavano/ nell’andirivieni sul ponte”(p.81).
Un ponte su cui siamo tutti, con una Rupe nel cuore, in cerca di uno scacciamalocchio dentro una tempesta che non cessa e, anzi, si annuncia più acuta. È un avviso poco consolatorio ma necessario, per i naviganti più esperti, affinché ne traggano risposte e segni altrettanto acuti!
Settembre 2022

Adam Vaccaro

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