Il fuoco il sangue e la poesia

Pubblicato il 12 ottobre 2008 su Saggi Poesia da Adam Vaccaro

Il fuoco il sangue e la poesia

In la gola tagliata del sole di Hafid Gafaïti

Adam Vaccaro

Poesia scritta nel sangue e col sangue della storia, intessuta nelle sue “devastazioni”(p.97). Unico modo – è il senso complessivo di questi testi arroventati – per cercare “la sporca perla/ del futuro”: ultimi versi dell’ultima poesia, che da soli dicono la poetica che li sorregge e giustificano l’esistenza di questo libro di Hafid Gafaïti (Algerino residente in USA), la gola tagliata del sole, Lietocolle, Como 2007, pp.110. Libro posto sul versante, poco frequentato, dell’impegno a stare a corpo intero nel mondo. Atteggiamento e condizione che esaltano le possibilità espressive della scrittura, della poesia e dell’arte. E aiutano a evitare il peggiore dei rischi, quello di un esercizio estetico che si innamora e si appaga di sé.

Se la poesia nasce da una tensione verso l’Altro, l’ignoto e il futuro, non si può incarnarla e concorrervi senza misurarsi e immergersi nelle viscere del presente. Che hanno sempre tratti orribili ma nascondono il seme, la perla del futuro. Vengono in mente i versi “Dai diamanti non nasce niente/ dal letame nascono i fior” di Fabrizio De André. E non cito a caso il suo esempio di poesia che (sul versante suddetto) si fa canzone, perché Gafäiti è anche cantautore di cui è prossima l’uscita di un CD.

I versi citati di quest’ultimo costituiscono uno dei diamanti metonimici che spuntano da un tappeto metaforico di nomi, luoghi e date della storia algerina degli ultimi decenni, corredato da opportune note informative. Diamanti dell’imprescindibile percorso simbolico della poesia, che possono (ri)generare energie quanto più non navigano o fluttuano in un impersonale spazio-tempo, ma si fanno specchio e misura del sangue e delle lordure di quel tappeto. Che, a sua volta, non è più solo nastro narrativo o ideologica sequenza di dati storici, ma vede ampliata la sua funzione perché connesso a modalità di linguaggio che coinvolgono sia il livello etico, sia le profondità dell’Es e dei sensi, che traslano la sua orizzontalità su un piano verticale.

Così, tutte le descrizioni di memorie vissute o di fatti richiamati, in testi come “partire”, ”5 ottobre 88”, “la Rivoluzione”, “la memoria dell’acqua”, o nel poemetto “l’Algeria, l’arte e la morte” (maiuscole e minuscole non casuali!) etc., diventano il supporto necessario, il piano concreto che consente di compiere il balzo dell’invenzione che sogna l’oltre, o gli esercizi dello strabismo satirico e dell’ironia amara:

“a coloro che sognano/ gli esili/ la realtà dei visti/ non conosce la metafora/ ride dell’immagine/ ignora l’ellisse/ non tollera il paradosso/ la ragione di stato/ se ne frega dell’allegoria/ dei poeti e dei loro resti/ / a coloro che scoppiano/ dal desiderio di stare retti/ contro l’intransigenza dei palazzi/ conviene ricordare/ che non si tratta di fiori e di parole/ ma di vomiti e di spine/ / a coloro che vanno in visibilio/ per il vagabondaggio/ dall’alto del loro piedistallo/ truccata e nuda/ forzata/ la camminata/ verso il nord/ glaciale/ la corsa/ verso l’estate”(pp.13-14).

Ritmi martellanti di un tessuto che descrive e taglia le superfici dei corpi del visibile: del potere e dei sottoposti, degli strumenti e delle parole dell’uno e degli altri. Il taglio impietoso fa emergere le duplicità e le polarità contrapposte e inconciliabili, dunque il senso del tragico e la sua complessità. Nella quale ogni parola diventa polifonia di sensi non riducibili a una monocromia di significati che pretendono di contenere e spiegare tutto. Il pensiero critico è esplicito ma è solo parte della dialettica, spesso rimossa per ignavia, con il potere. E quest’ultimo, se genera orrori e ingabbia la vita, non riuscirà mai a prenderla tutta, a impedirle fuoriuscite, liberazioni, camminate e corse verso l’estate. Ed è qui che agisce la poesia.

Tutto ciò è posibile se il corpo del Soggetto Scrivente è cellula attiva immersa nel Resto tra connessioni e contraddizioni esterne-interne, sospinta a un’apertura che riguarda potenzialità e ferite di tutta l’umanità: l’estate, il sole, l’acqua, sono il contesto e il cuore di un sogno di vita intravisto e massacrato: “le braccia alzate/ i poliziotti sparano/ il mare disteso/ il sole osceno“; chi spara, mentre “i generali si nascondono“ e “i politici-cani mentono“, non colpisce solo “i corpi/ che nemmeno le madri riconosceranno più“, ma anche i simboli eterni della vita, il mare e il sole. Che diventa osceno (messo fuori scena), e “nel fumo non restano che i frantumi del nostro destino/ e quest’ombra diafana che uccide la poesia“(p.93). La poesia e la vita sono legate, chi uccide l’una, uccide anche l’altra, spegnendo così la capacità del fuoco dei sensi molteplici di ogni parola, in relazione al contesto, alla fonte e al soggetto che le muove. Come il sole, anche l’estate può farsi allora ben altro, colorarsi di imbroglio: “al di là dell’acqua/ lo sguardo verso la Spagna/ la menzogna dell’estate/ ne siamo tornati/ per errare di nuovo“(p.95).

La stessa erranza è perciò traguardata criticamente e tutt’altro che idealizzata, subita e posta su un crinale che non garantisce alcun destino salvifico verso quel Nord-Occidente, che tutto tende ad assorbire e uniformare: “anche se resto in pista/ come un pagliaccio avido/ un profeta senza popolo/ una sorgente senza destino/ sono già fermo nella morte“(p.61), “ho barattato il sole/ per il pane bianco e le pietre squadrate“ e “ho perso il bacio dell’acqua“(p.49). Un orizzonte in cui è dunque più facile accumulare e registrare perdite, che fanno dire, parafrasando Montaigne “’vivere è imparare a morire’“(p.61).

Eppure, andando da Parigi a Montéal a New York, inseguendo e tornando al vento e al deserto, “a questo erg natio“, ai suoi musici come Allala entrati nel sangue, trova la gioia di dire: “non c’è che la danza delle stelle sotto il colore dell’istante“ e ritorna “pronto a morire/ a danzare sulle creste/ piangere e ridere/ ancora avido di camminare“(pp.51-52).

Ne risulta un Io resistente, che sa ridursi e abban-donarsi ma non troppo all’Altro-in-sé, sapendo che deve sputare sangue per aprirsi varchi, posare pietre, semi e codici nel vento e sotto le stelle del deserto contemporaneo, segnando sognando un istante per-sé: “lavoro e poesia/ mi inginocchio davanti alle pietre/ tra dune e quarzo/ nel deserto rinnovato“(p.27): bellissimo questo ossimoro, che si fa immagine metonimica e allegoria della complessità, poste su un crinale di sensi che contiene sia la crescita della desertificazione mondiale, sia un’eco di cambiamenti positivi e speranze.

Sono testi che fondono lucidità e passione di un cittadino del mondo che tra le sue perdite non annovera la memoria della propria origine, di cui non fa però mito nostalgico, ne fa misura del mondo contemporaneo: “vengo da un paese/ bello/ grande/ malato/ come la terra/ ogni paese“. Ne fa corpo che canta: “vengo da un paese/ illuminato dalle braci/ di montagne abbaglianti/ con un deserto d’oro“, mentre la coscienza urla: “le strade in fiamme/ dai cammini bagnati di sangue/…/ al nord delle ricche porte chiuse“, “vengo da un paese/ dall’intelligenza distrutta/ la scienza ferita/ dai poeti assassinati“, e dunque “canto impossibile/ la speranza in piedi/ d’acqua sale e grano/ / il mio paese non è un paese/ è l’estate“ (pp.69-75).

Il cerchio si chiude e si riapre, forse anche per la lunga prassi dell’autore con la filosofia Zen (lo ricorda nella nota introduttiva Victoria Surliuga, che ha anche il merito della cura della raccolta e della sua traduzione a fronte dei testi in francese): “il fuoco sempre/ sangue e poesia/ cavallo al galoppo/…/ e nel cuore dell’uovo/ circondato dai serpenti/ la sporca perla del futuro“(p.97). Concrezioni di canto riottoso cercato tra dolore e rabbia, che si affaccia come un bambino col muso sporco. E non smette.

2 comments

  1. Maurizio Spagna ha detto:

    IL POEMA ERA LI’ DAVANTI…

    Ho letto in dismisura la fluida poesia
    e quelle righe sul vostro spirito-

    Ho inchiostrato qualche spruzzo di spirito
    sulla mia diversa e smisurata poesia-

    L’introduzione alla cultura
    scrisse di noi:
    “ Il poema era lì davanti a noi nel bosco
    e brillava anche se fosco”-

    di Maurizio Spagna

    Si è consacrato
    Il Rotoversi.com
    La cultura poetica in linea con la vita…
    Verso i nostri sogni riversi ma scritti per sempre-
    Un raccoglitore di poesia on line-

    Maurizio Spagna
    http://www.ilrotoversi.com
    info@ilrotoversi.com
    L’ideatore
    Scrittore e Poeta-

  2. Adam ha detto:

    grazie del commento e della condivisione!

Rispondi a Adam Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *