Recensioni e Segnalazioni

Storia naturale dei giganti. di Ermanno Cavazzoni

Pubblicato il 22 giugno 2008 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

Come un sasso gettato in uno stagno genera cerchi sempre più grandi, così questa Storia naturale dei giganti genera una storia particolare della letteratura italiana e una satira storica degli usi e costumi contemporanei.

Si parte dal Morgante (1478) di Luigi Pulci e si arriva all'Astolfeida (1547) di Pietro Aretino, con rapide incursioni in epoche anteriori (medioevo: Turpino, Storia di Carlo Magno; i Cantari) e posteriori (Bernardo Tasso: Amadigi, Il Floridante; Carlo Gozzi, La Marfisa bizzarra). Oggetto dell'indagine: i giganti. L'imprinting spetta di diritto e di fatto a Pulci con le celebri coppie comiche di Morgante e Margutte (giganti da guerra: giganti selvatici civilizzati, ri-convertiti, con l'uso d'armi improprie come il famoso battaglio di Morgante, a macchine di morte e distruzione) e di Sperante e Beltramo (giganti selvatici: rettiliani, egocentrici ingenui e isolati, dediti a una violenza sistemica non per sadismo ma per ignoranza e gaglioffaggine costituzionale).

Sono stata via settecento anni. di Rosella Scarabelli

Pubblicato il 18 giugno 2008 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

Una Sheherazade che racconta un canzoniere d'amore che, come acutamente nota nella seconda post-fazione Piero Marelli, «non racconta storie ma luoghi particolari» (p.107). Un canzoniere d'amore mistico, con svelti quanto alacri richiami alla Passione, con la dirompente tensione amoroso-conoscitiva che ci riporta, come osserva con lungimiranza prospettica Gabriela Fantato nella prefazione, al XIII sec., al movimento delle beghine di Fiandre e Germania, che «prese le mosse dal pensiero mistico di San Bernardo, vicino a Sant'Agostino e alle sue Confessioni [...]

L’IBRIDO E IL DOPPIO. di Pierangelo Sequeri

Pubblicato il 8 giugno 2008 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

Sacro e profano, cielo e terra, anima e corpo, eros e amore. Ma anche maschile e femminile, coscienza e inconscio, ragione e follia, rappresentazione e immaginazione, e altro ancora.

Esiste un'estetica della conciliazione, per quanto inafferrabile e incompiuta? La caduta nella forzatura dell'ibrido e nell'angoscia dello sdoppiamento, è forse una fatalità inespugnabile? Il tema ha qualche significativo collegamento con le ricerche svolte in corsi precedenti (“Il pure e il folle”; e ancora prima “Fasmi e fantasmi”).

E’ on-line il nuovo sito di Milanocosa!

Pubblicato il 22 maggio 2008 su Arte e Mostre da Maurizio Baldini

Sono stati completati i lavori di ristrutturazione del nuovo sito-blog di Milanocosa.

L’infanzia vista da qui. di Francesco Tomada

Pubblicato il 12 maggio 2008 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

L’infanzia vista da qui

Francesco Tomada

Sottomondo Editore, 2005, pp 90, Єnon indicato

La prova assoluta che la buona poesia c’è è che non esiste in libreria: infatti di norma la si trova quasi clandestinamente per edizioni che le librerie poco vedono se non nulla. Sembra un paradosso eppure….

Uno dei casi è lo splendido L’infanzia vista da qui pubblicato per la prima volta nel 2005 e ristampato nel 2006 (ma seguiranno altre ristampe a venire) da Sottomondo di Gorizia (www.sottomondogorizia.it) che oltre a pubblicare italiani è attenta alla vicina produzione slovena. Tralasciando la splendida grafica di copertina,L’infanzia vista da qui (con prefazione di Francesco Mattiuzza) è il sunto di una voce sincera, quella di Francesco Tomada, classe 1966 che cerca di colmare le lacune con la parola, che combatte con la sola osservazione delle cose e se ne fa ferire, ne conserva memoria. E chiede scusa quasi, di questa osservazione mentre ci lascia confissi a osservare, noi stessi e con altri occhi.

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Per sempre. di Edoardo Nesi

Pubblicato il 12 maggio 2008 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

Per sempre

Edoardo Nesi

Bompiani, 2007, pp 154, Є 14,00

Dì la verità, Edoardo: eri costretto a pubblicare per contratto e la scadenza era vicina. Per questo hai dato alle stampe questa vaccata di libro.

Dove sono le costruzioni/capolavoro di L’età dell’oro, Figli delle stelle, Rebecca, Ride con gli angeli , persino la bellezza di Fughe da fermo?

Dove hai dimenticato i dialoghi ferocissimi e veri, i personaggi totali, puri, credibili, dove? Dove la Prato delle aziende tessili decadute, dove i night dove industrialotti e disgraziati affogano la solitudine, dove la crisi delle relazioni, dove la crisi di mezza età, dove il tuo raffinato cinismo, dove gli eroi del nostro tempo?

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L’impronta del tempo. di Petr Halmay

Pubblicato il 12 maggio 2008 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

L’impronta del tempo

Petr Halmay

Il Foglio Clandestino, 2007, pp 110, Є 8,00

Ha la più bella veste grafica che mi sia capitato di vedere negli ultimi anni (vorrei potervi pubblicare io!!) questo L’impronta del tempo del poeta ceco Petr Halmay tradotto per la prima volta in Italia da Antonio Parente.

Non solo: l’edizione è con testo a fronte, cosi è possibile – per chi può – leggere anche l’originale.

In più: la pubblicazione partecipa alla campagna “Scrittori per le foreste” lanciata da Greenpeace.

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L’origine perduta. di Matilde Asensi

Pubblicato il 12 maggio 2008 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

L’origine perduta

Matilde Asensi

Sonzogno Editore, 2006, pp 502, Є 19,00

Terzo romanzo dell’autrice di Tutto sotto il cielo e Iacobus, tre “best seller” dalla vendita considerevole. Lo fosse anche la scrittura…

In questa terza pubblicazione, L’origine perduta, la trama prevede che a Barcellona l’etnologo Daniel Cornwall cada in catalessi dopo aver annotato una misteriosa scritta in una lingua sconosciuta. La catalessi, viene diagnosticato in ospedale, è causata da due diverse malattie: Agnosi e Illusione di Cotard (in breve, chi ne è affetto crede di essere morto e non risponde ad alcuno stimolo). La moglie di Daniel avverte il fratello di quest’ultimo, tale Arnau, ricchissimo e fricchettone, hacker per divertimento (assieme ai due collaboratori/amici Jabba e Proxi)nonchè creatore della Ker-Central, azienda che si occupa di new technology e web. Questi, dall’alto della sua incommensurabile ignoranza in materia di etnologia, ripercorrerà efficacemente e in breve tempo gli studi del fratello (che invece ha impiegato mesi per arrivare ad abbozzi e tracce) e grazie all’aiuto di personaggi aggiunti (che lascio a voi scoprire nella lettura) si recherà in Bolivia, fra le antiche rovine della città di Tiahuanaco, sulle tracce dei mitologici aymara, predecessori degli Inca. Se la catalessi del fratello è dovuta a questa misteriosa frase in una lingua sconosciuta, una lingua primigenia, assoluta e perfetta, la lingua “di Adamo” e di cui nessuna sa nulla, allora la soluzione dovrà trovarsi proprio dove questo popolo ha avuto origine. Complici mappe dettagliatissime disegnate molto prima della scoperta dell’America (altro mistero), il penetrare nella piramide Inca dove è custodito Il Viaggiatore (e ci riescono nel giro di 3 giorni, in barba a tutti gli scavi archeologici precedenti), ecco svelarsi l’enigma degli aymari (ma è davvero tutto svelato?)…

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Il pittore di battaglie. di Arturo Pérez-Reverte

Pubblicato il 12 maggio 2008 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

Il pittore di battaglie

Arturo Pérez-Reverte

I narratori Tropea, 2007, pp284, Є 15,00

Tralasciamo la copertina che è scialba e decisamente malfatta. La nuova prova di Pérez-Reverte è invece una piacevole sorpresa. Lo si conosceva per diverse e ottime prove precedenti, ma qui è quanto accennato con Territorio comanche nel 1999 che ritorna poderoso: l’orrore della guerra. L’autore – ricordiamo – è stato inviato per giornali, radio e televisioni, inviato di guerra, sino al 1994 quando ha lasciato per dedicarsi interamente alla scrittura. Se in Territorio comanche la storia era in presa diretta (un giornalista inviato, appunto, in guerra che racconta l’orrore, lo sperdimento e la disillusione) in Il pittore di battaglie è un fotografo di guerra (che così tanto ricorda James Natchway, personaggio reale nonché uno dei migliori fotoreporter viventi) che lascia il mestiere nonostante le tante pubblicazioni ed i premi per dedicarsi invece alla pittura. E lo farà rifugiandosi all’interno di un’antica torre di guardia a forma di cilindro appoggiata sulle rive del mediterraneo, lo farà in solitudine, dipingendone l’interno e mischiando tutte le battaglie, moderne ed antiche, sommando gli orrori assoluti e perenni della guerra in un unico immane affresco. Perché? Forse per desiderio di redenzione, forse per cercare di capire, forse per trovare l’immagine perfetta che mai è riuscito a cogliere perchè la guerra non è un singolo fotogramma né può essere un riassunto al caos del mondo. Forse per ossessione. Forse per chiedere scusa a quanti sono morti inutilmente e per i quali il suo passato di fotografo nulla ha apportato direttamente: la fotografia – sembra dirci – non è servita a niente.

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