Anticipazioni – Tito Truglia

Pubblicato il 15 settembre 2021 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa
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Tito Truglia
Inediti
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Nota di lettura di Laura Cantelmo

Nota di poetica
Da quando ho iniziato ad interessarmi di poesia con una certa continuità la mia personale cifra “stilistica” è stata quella di un deciso attivismo culturale, un impegno a tutto campo a partire dal nucleo fondativo del fare poetico. Negli ultimi anni devo confessare che la sfiducia verso l’ambiente poetico in generale ha preso il sopravvento. Da alcuni anni mi trovo a centellinare partecipazioni e contatti preferendo il lavoro più oscuro e meticoloso sui testi e sulle letture. Certo come molti pago anch’io il mio tributo di protagonismo ai social, ma, sul piano strettamente poetico, sono, oggi, più attento al lavoro di realizzazione e molto meno alla pubblicazione. Posso dire che la mia produzione ormai viaggia su due binari apparentemente distinti. Da una parte realizzo testi in italiano che, sul piano dei contenuti, uniscono un’esigenza espressiva a una riflessione sul sociale e sulla realtà, a volte declinata con ironia, a volte con uno sguardo cinico, a volte con una intenzione di analisi e comprensione dei fatti e sulle circostanze. Su un altro binario prosegue la mia sperimentazione in dialetto calabrese (la mia lingua d’origine), e su questo versante le linee tematiche ricorrenti uniscono, a una venatura intimistica e personale, una espressività a tratti onirica, che mi piace definire un pastiche di realismo ed ermetismo. La sfiducia che ho sottolineato in apertura, quindi, non coinvolge lo statuto originario del fare poetico, anzi la critica severa su certe forme attuali della cultura poetica in auge, non coinvolge la considerazione (fondativa) dell’importanza dell’utilizzo degli strumenti letterari. La parola poetica non è, per quanto mi riguarda, un dogma rituale da celebrare sempre e comunque, ma resta un’istanza necessaria, sia nel quotidiano, sia per un approfondimento di ricerca che abbia l’obiettivo di dare un segno di miglioramento qualitativo circa le condizioni degli istanti di vita reale dentro cui ci muoviamo concretamente. Buona lettura.

Tito Truglia

Compassione
(Poesia scritta nel dicembre del 2018)

La stanno portando via.
La stanno portando via con tutte le sue cose
e non credo abbia commesso reati.
La nuova legge dice che deve andare via.
La stanno portando via con tutte le sue cose.
Ora la stanno portando via.
La legge italiana ha deciso
che deve andare via.
E così deve essere.
Guardo una foto pubblicata dal giornale.
Ha un bambino legato sulla schiena.
La stanno portando via.
La stanno portando via con tutte le sue cose
e il suo bambino dietro le spalle.
E ora la stanno portando via.
E poteva avere da mangiare.
E poteva passare l’inverno.
Con un bambino legato sulle spalle.
E la stanno portando via.
Guardo una foto sul giornale.
Una canzone alla radio
racconta di una madre e dei suoi bambini
che le sono stati portati via.
È strano, mi torna in mente mio padre.
L’ho sognato stantotte.
Era a Singen, in Germania.
L’ho visto piegato su un grosso macchinario
aveva una bandana blu sulla fronte
e lucidava una lastra d’alluminio,
spingeva con tutte le sue forze
e quel pezzo d’alluminio è diventato
perfetto come un gioiello.
Mio padre ha vissuto molti anni
nelle baracche di una fabbrica in Germania.
Divideva tutto con altri operai
la stanza, la stufa, i turni di notte, la cena
le partite a carte, la neve e la solitudine.
Era andato in Germania per lavorare
e dare da mangiare ai suoi figli perché la terra
in Calabria ormai non valeva più nulla
e i bambini crescevano
e voleva che studiassero
perché lui non ha potuto studiare.
E poi è tornato nei campi
con tutti i suoi bambini diventati grandi
e anche lui grande,
era tanto grande
che non riuscivo ad abbracciarlo.
Ora a volte vado a trovarlo
e mentre leggo un giornale
vedo la foto di una donna
a cui le hanno ordinato di andare via.
E sta andando via con tutte le sue cose
e il bambino legato sulle spalle.
E mi torna in mente mio padre.
E osservo quella donna.
Una legge in Italia
gli ha ordinato di andare via.
E poteva passare l’inverno.
E poteva consumare almeno dei pasti caldi.
E mi torna in mente mio padre che non ha studiato.
E penso a quella donna.
E osservo quella foto.
E vorrei bruciarla.
E penso a mio padre
chiuso in un buco nel suo paese.
E osservo quella donna che stanno cacciando via.
Sembra mia madre
e quel bambino legato sulle spalle
potrei perfino essere io
o forse qualcuno di voi.
Dicembre 2018

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A poesia è na parola chi no’ torna
(Poesia a lu hòculàru)

Quantu tièmpu, quantu tièmpu
supa e sutta, sutta e supa.
Quantu tièmpu passàmma
jocàndu, gridàndu, volàndu!

M’a’nna vota: “Mi’nda’vaju!
Dissa – Mi’nda’vaju pe’ partira,
mi’nda’vaju pe’ tornara.”
E infatti mo’ tornàu.

Tornàu, u si caddija a lu sula,
pecchì quandu è luntanu
si sònna u huòcularu, i vràsci russi,
a cinnara, e a giru
tanti uòcchj addormentati.

Tornàu pemmu saluta sa’ terra
duva na vota na banda ‘e sciancàti
appa u coraggiu u chjanta na bandera
chi cercava giustizia e ricchezza pe’ tutti.

Tornàu pemmu sènta u rumbu
da machina ‘a li quattru da notta
nto misa ‘e dicembra, ed era na machina
chjna ‘e scarpi, zùccaru e cicculàti.

Tornàu pemmu vida i radicàti do Sarvu,
i vampurìni chi scattijavanu nto’ scuru,
i mammi cu’a ciuccia da capizza
e a banda, ‘nto vuoscu, hùjièndu,
e ‘nte hiùmàri.

Tornàu pecchì
u mundu è troppu randa,
u mundu è troppu luntanu
e non diventa jùncu cu nèscia da cèrza;
non si hèrma mai nto chjànu
cu si mparàu u sadda i santèra.

Sulu quandu l’omini
s’accordanu cu a terra
pua cuntàra i passi
‘e chìdhi chi mancanu.

Sulu quandu ti ‘mpari
u pijjhi u dolura cu i mani
u paìsa sgasciàtu
diventa na sipàla hiùrùta.

Allora a poesìa si chjuda ‘nto scuru
s’assetta duva ‘on c’è nudhu
disegna pregandu a lucia do sula
e cittu cittu prega pe’ tutti.
Settembre 2020
*

Traduzione
La poesia è una parola che non torna
(Poesia al focolare)
Quanto tempo, quanto tempo/ andando sopra e sotto, sotto e sopra./ Quanto tempo abbiamo trascorso/ giocando, urlando, volando!/ Ma d’un tratto: “Me ne vado!/ Disse – Me ne vado per partire,/ me ne vado per tornare.”/ E infatti adesso è tornato.// È tornato per scaldarsi al sole,/ perché quando è lontano/ sogna il focolare, le braci rosse,/ la cenere e intorno/ tanti occhi addormentati./ / È tornato per salutare questa terra/ dove una volta una banda di sciancati/ ha avuto il coraggio di piantare una bandiera/ che chiedeva giustizia e ricchezza per tutti.// È tornato per sentire ancora il rumore/ dell’automobile alle quattro di notte/ nel mese di dicembre ed era un’auto/ piena di scarpe zucchero e cioccolata./ È tornato per vedere le radici del Sarvo/ le lucciole che esplodevano nel buio,/ le madri con l’asino dalla corda/ e la banda, nel bosco, correndo,/ e nelle fiumare.// È tornato perché il mondo/ è troppo grande,/ il mondo è troppo lontano/ e non diventa giunco/ chi nasce dal tronco della quercia,/ non scende mai al piano/ chi ha imparato a saltare i sentieri.// Solo quando gli uomini/ S’accordano con la terra/ puoi contare i passi/ di coloro che mancano.// / Solo quando impari/ a raccogliere il dolore con le mani/ il vecchio paese in rovina/ diventa una siepe fiorita.// Allora la poesia si rinchiude nel buio/ si siede dove non c’è nessuno/ disegna pregando la luce del sole/ e in silenzio prega per tutti.

*
NOTA BIOGRAFICA
Tito Truglia nato a Vallefiorita (CZ) nel 1962. Laureato in Filosofia all’Università di Pavia dove vive e lavora. Ha partecipato a diverse manifestazioni artistiche tra cui: Creativa (Rignano sull’Arno FI); L’albero della poesia (Venezia/Mestre); Perfomedia (manifestazione itinerante). Ha ideato e realizzato alcune fanzine letterarie tra cui La Mosca di Milano, Beat Cafè, Azione Poesia. Ha ideato e coordinato il progetto di microeditoriapoetica Farepoesia e l’omonima rivista. Ha pubblicato: Diavuli e Santi (a cura di Crocetti Ed. Milano 1999); Assalti Poetici (Ed. OMP-Farepoesia Pavia 2008); Contadini del Mare (Ed. Farepoesia Pavia 2010). Ha partecipato a diverse antologie tra cui: Pro/Testo (Faraeditore, Rimini 2010), Pollokiana (Ed. Torino Poesia, Torino 2009), Vicino le nubi sulla montagna crollata (Ed. Campanotto, Pasian di Prato UD 2008), L’Impoetico mafioso (Edizioni CFR, Piateda SO 2010); Salvezza e Impegno (Faraeditore, Rimini 2010); Geografie Minime (Ed. JokerNovi Ligure AL 2015); Gli occhi che gridano (Rosa Anna Pironti Ed. 2015); Passione Poesia (Ed. CFR-Gianmario Lucini 2016); La mia prima volta con De André (Ibis Como-Pavia 2016); Ponte Poetico (Casa Editrice Kimerik 2020). Tra le ultime collaborazioni si segnala: quella con la rivista TAM TAM BUM BUM, con Slam Italia-Campionato nazionale di Poetry Slam e con il gruppo Verseggiando sotto le stelle di Milano. È attivo anche nel settore della fotografia e degli audiovisivi. Ha svolto saltuariamente anche l’attività di libraio volante e indipendente.

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Nota di lettura

Parlando della sua poesia, Tito Truglia stesso ha esplicitato la disillusione che molti provano oggi tra coloro che condividono la passione poetica. Credo che non sia percepito e circoscritto all’ambiente letterario di questo paese, bensì in tutta la società nella sua lunga profonda crisi identitaria e relazionale. Lo sfarinarsi delle idee di appartenenza, presupposto di relazioni umane con scambi anche dialettici, ma autentici, ha avvelenato i pozzi dell’umana convivenza rendendola ambigua e deludente, accrescendo così il senso di solitudine dei singoli. L’entusiasmo di Truglia nel tessere reti relazionali di scambio e di lavoro, che è appartenuto a molti altri come lui (Milanocosa ne è un felice esempio) ha incontrato muri e steccati tali da render difficile la realizzazione di progetti comuni.
La sua azione culturale si è così rivolta, utilmente (e umilmente), all’affinamento degli strumenti di scrittura, alla individuazione di tematiche che avessero un respiro ampio, rispetto alla società come realtà comune in cui si costruisce l’identità di ciascuno. La sua è perciò una poesia dai toni lirici e civili, il cui nucleo sta nella condizione umana degli ultimi della società globale.
“Compassione” espone in forma narrativa la vicenda di una donna straniera con un bimbo legato dietro le spalle, che le nuove leggi anti-immigrazione hanno destinato all’espulsione. Le ripetizioni sottolineano la sensazione di angoscioso isolamento della donna e l’impulso solidale del poeta, con versi e ritmi martellanti da musica Rap:” E ora la stanno portando via/ E poteva avere da mangiare./ E poteva passare l’inverno./ Con un bambino legato sulle spalle./ E la stanno portando via.”.
La vicenda della donna migrante, per effetto del rispecchiamento viene riproposta al poeta da un sogno in cui la figura del padre emigrato in Germania per dare ai figli crescite dignitose, piegata ai macchinari tra cui però resisteva un “Noi” solidale sull’”Io” individualistico. “E poi è tornato nei campi/ con tutti i suoi bambini diventati grandi/ e anche lui grande/…/ che non riuscivo ad abbracciarlo.” Ingigantita agli occhi del figlio, l’immagine paterna assume la grandezza del mito. La straniera con la madre e il padre del poeta si intrecciano e si fondono: ”E osservo quella donna…/Sembra mia madre “, di tono vagamente pasoliniano, che imprime alla lingua italiana ritmi e iterazioni, in versi regolari o ipermetri, con cadenze quasi ossessive.
Interessante il ricorso all’idioma vernacolare nativo nel testo successivo: “A poesia è na parola chi no’ torna (Poesia a lu hocularu)”, che in italiano recita: “La poesia è una parola che non torna (Poesia al focolare)”. Il tema è il ritorno – un nostos in qualche modo obbligato per chi se ne è andato dal paese e vi rientra per una insopprimibile urgenza interiore che sola dà senso alla vita – rivedere luoghi, persone, la magia della campagna: “le radici del Sarvo e le lucciole che esplodono nel buio”. Quel territorio che era apparso ristretto e difficile, per chi ne era stato lontano rappresentava ora il centro della terra – “non diventa giunco chi nasce dal tronco della quercia…”. Non vi è qui alcuna celebrazione mitica o nostalgica della vita agreste, ma un vincolo inscindibile, fisico, con la terra nativa, di cui il dialetto calabrese è parte integrante.
Poesia come parola e quasi preghiera donate alle proprie radici e al senso di appartenenza. Ne deriva la critica del presente della globalizzazione, che accresce l’importanza della ricerca identitaria, anche mediante la potenza di un verso alimentato dalla vita e non da vacui giochi di parole.

Laura Cantelmo

14 comments

  1. Gabriela Fantato ha detto:

    Bei testi, Tito.
    Sia quello di tono civile in italiano, sia quello in dialetto, e sai che già li apprezzavo.
    Bella la nota tua e la riflessione di Laura.
    Un abbraccio

  2. Tito Truglia ha detto:

    Grazie Laura. La sottolineatura stilistica della ripetizione presente nel primo testo mi fa particolarmente piacere. Certo come tu dici, è connessa a una frequentazione con la forma canzone o comunque con l’ambito musicale. E’una delle mie costanti. E poi l’indicazione dell’accostamento “onirico” con elementi autobiografici che è in effetti l’altra componente del testo. Ma soprattutto grazie per la sottolineatura, sul secondo testo, dell’uso della materia dialettale come “insopprimibile urgenza interiore”. Dialetto che sgorga non da un intento celebrativo aposteriori, ma come appunto necessità di ricerca identitaria qui ed ora. Come grimaldello per un ingresso nel senso che ci sfugge giorno per giorno… La tua citazione del “Sarvu” è davvero una freccia che colpisce nel segno… Un abbraccio. Con la necessaria disillusione ma con l’impegno sempre costante! A presto!!!

  3. Laura Cantelmo ha detto:

    Sono contenta di aver colpito nel segno almeno un paio di volte. Del resto ho riflettuto con piacere sui tuoi testi, di cui ho avvertito la genuinità del sentimento e la cifra stilistica da cui emergono i forti legami culturali sia attuali che con le origini. Complimenti!

  4. Laura Cantelmo ha detto:

    Grazie anche a Gabriela per l’apprezzamento.

  5. Wilma ha detto:

    lA POESIA DI Tito Truglia mi ha non solo colpito ma mi ha profondamente commossa perché è una poesia vera, attuale, anzi disgraziatamente attuale, per chi, come me, non è assolutamente razzista. Ormai si sente spesso dire: Prima gli italiani…una frase senza senso perché gli italiani ci sono e ci stanno, solo che vi sono persone costretta a fuggire poiché nel loro Paese, ricco di minerali preziosi, è semplicemente depredato anche da italiani, oppure come in Afganistan abbiamo mandato mine antiuomo e guarda caso a rimetterci le gambe, spesso erano bambini ricomposti da quel Santo di Gino Strada e della sua equipe di Emergency. Ora lui non c’è più rimaniamo noi e questa poesia ci porta a immaginare che potremmo essere noi quel bambino e quella donna che disperata se ne deve andare. e non sa dove andare. Grazie Tito Truglia è una pèoesia che tocca l’anima. Mi viene in mente una canzone, “lasciamo un posto a tavola che c’è un amico in più se sposti un po’ la seggiola stai comodo abìnche tu!” ecco un modo per accogliere un fratello o sorella disperata…..mi viene da piangere!

    • Wilma ha detto:

      Grazie poesia sociale importante

    • Tito Truglia ha detto:

      Grazie Wilma. Sì la poesia citata nasce dalle considerazioni “etiche” che tu fai. E dalla voglia di esprimere una indignazione che possa coinvolger-CI. A volte ci si riesce a volte no. E forse è sempre inefficace se fatta a parole… Ma bisogna tentare! Cari cari saluti!

  6. Wilma ha detto:

    La nota di Laura Cantelmo è splendida, ha colto nel segno con una appassionata pietà per i tempi cupi in cui viviamo.

  7. Wilma ha detto:

    Mi scuso per gli errori di battitura

  8. Tito Truglia ha detto:

    Ciao Adam, niente, ti ringrazio e ringrazio tutta la redazione per la pubblicazione e l’attenzione. Spero di ricambiare. Devo dire che fa bene, anche per uno disilluso come me. Che la poesia sia con voi e con tutti. E la volontà di non demordere. Un abbraccio sincero a Laura e a tutti voi. A presto!

    Tito

  9. Adam Vaccaro ha detto:

    Caro Tito, da tempo volevo inserirti in Anticipazioni e mi fa piacere – finché avrò forza – alimentare con riscontri come il tuo l’energia di Resistrenza al degrado senza fine in corso. Resistere e trovare ancora compagni di viaggio che lo condividano!

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