A. Di Mineo

Del tempo disumano – Annitta Di Mineo

Pubblicato il 14 febbraio 2024 su Recensioni e Segnalazioni da Adam Vaccaro

Annitta Di Mineo, Del tempo disumano, Montabone Ed., Milano, 2023

di Luigi Cannillo

“Mentre la folla corre/ senza vivere la vita/ chiedendosi perché/ Tu/ ritirato nell’angolo/ della stanza occupata/ con capelli tra indice e pollice/ inanelli ideali inanimati/ Tu/ affossato nella poltrona/ naufrago d’inquietudine/ con sussurri di versi/ sfidi il tempo disumano”.
Questi versi, non più solo sussurrati ma approdati sulla pagina, mi sembra possano ben riferirsi all’intera raccolta di Annitta Di Mineo, diramando ulteriormente il senso della loro scrittura. Il Tempo Disumano è il tempo storico nel quale viviamo la sconfitta dell’etica, dei più elementari valori di solidarietà, giustizia ed eguaglianza ad opera di quei poteri, di quelle gerarchie che reggono i fili delle nostre esistenze, provocano guerre, commettono ingiustizie e soprusi. I “sussurri di versi” sono le armi che può imbracciare la poesia anche nel denunciare queste manifestazioni di disumanità. Ma il soggetto tu non rappresenta solo un destinatario indefinito, si può riferire ed estendere all’io dell’autrice in una sorta di autoritratto e in un rinvigorirsi dei sussurri iniziali in vibrata denuncia. E, nella realizzazione dell’opera poetica, pervenire ai destinatari ultimi, i lettori, e coinvolgerli: siamo tutti partecipi, almeno come possibili vittime, della disumanità del tempo.
Si tratta di una poesia di forte sensibilità civile, che concentra le tematiche di riferimento in sezioni specifiche: “Pace”, “Vittime di mafia”, “Migrazione”, “Voci di donne”, “Natura”, “Shoah”, ognuna delle quali mette in evidenza diverse tipologie di responsabili, i Potenti, le gerarchie di vario genere, ma pone in luce anche le vittime: sia quelle più misconosciute o anonime che quelle più definite e individualmente significative.
Nel mosaico di protagonisti troviamo militi imberbi, migranti, vittime della mafia e del cyberbullismo, donne assoggettate al potere maschile o al fondamentalismo religioso, umili contadini, la stessa Natura, vittima di reati ambientali. Come si chiede Vincenzo Guarracino nella sua introduzione: “Ma è possibile che la luce, la forza della fiamma, possa restare nascosta e compressa ‘sotto il moggio’ senza che trionfi, che si innalzi e divampi, per mostrare a tutti, agli astanti come ai mille altri che se ne faranno testimoni e portatori? È con questa certezza che Annitta si muove: con l’ardire di farsi alfiere di un messaggio (termine quanto mai anacronistico e necessario), destinato ad alimentare ogni coscienza civile […]”.

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