Reperti metropolitani – Mario M. Gabriele

Pubblicato il 27 marzo 2024 su Scrittura e Letture da Adam Vaccaro

Moti d’Essere tra Tempo e Nulla
Entro gli orizzonti distopici contemporanei
Adam Vaccaro

Mario M. Gabriele, Reperti metropolitani, Gabdesign 2024

Continua, anche con questo libro, la personale circumnavigazione dell’orizzonte contemporaneo di Mario M. Gabriele, nell’arduo tentativo di cucire “echi più tesi a sommità che somma”, con un ossimorico “canzoniere-oratorio entro l’orizzonte distopico della totalità tempo-spaziale in cui stiamo vivendo”. Che fare e dire in tale contesto? Fu la mia domanda, posta nella recensione del precedente Red Carpet (Ed. Progetto Cultura, 2023, vedi a https://www.milanocosa.it/senza-categoria/red-carpet-di-mario-m-gabriele ). Domanda che Gabriele articola con vigore anche in questo libro nella sua Nota all’inizio e in IV di copertina: ”In questo stato di cose e di follia del potere, dove collochiamo la poesia?”
È una domanda cruciale, cui l’Autore – peraltro mio corregionale di Campobasso – risponde con questa ulteriore tessitura di poesia di una voce di lungo corso, che ha sviluppato una ricerca espressiva anomala rispetto a tante modalità attuali prevalenti, e forse anche per questo rimasta appartata, benché sia stata oggetto di attenzioni di rilievo.
Tra i suoi fondanti nuclei di senso c’è il Tempo, nomos posto con acuta intuizione talla base di una ricerca di pensiero critico rispetto ai degradi in atto, nella lucida coscienza che ogni identità collettiva è definita in primo luogo dalla percezione del tempo (basti pensare alle società più antiche anche oltre quelle greco-romane, a quella medioevale, alla società contadina e a quella industriale), radicalmente diversa entro i caratteri costitutivi, economici, sociali e culturali di ogni forma di Civiltà. La quale crea un sistema di valori che si affermano sempre come orizzonte migliore e non superabile, nel tempo presente e nel futuro.
È una affermazione ideologica che caratterizza anche l’assetto del capitalismo globalizzato in cui viviamo. Assetto di contraddizioni in termini, dati i suoi fondanti furiosi e incessanti cambiamenti, entro cui Gabriele articola versi, irsuti e privi di lucori glassati, a tratti con ritmi raptici. Forme con cui l’Autore traduce in primo luogo l’espropriazione del tempo vissuto dai soggetti singoli e collettivi nella dinamica di un tempo che non concede soste, H 24, come amano ripetere con orgoglio i suoi adepti più sussunti nella sua logica.
È una dinamica che sfocia in una ”hybris che, mentre rovescia in ottimismo idiota l’ironico avviso leopardiano di Magnifiche sorti e progressive, ci degrada in una crescente e inesorabile disgregazione.”, aggiungevo nella succitata recensione. Nella quale richiamavo anche qualche risposta data da Gabriele a Fausto Curi in una intervista del 2021, “Il Gruppo 63 e il manto di stelle sulla letteratura”. Alla domanda, “Cosa pensa del nuovo?, la sua risposta fu: “incrina le fondamenta di quello che gli preesiste…abolisce lo stanco presente e rende presente il futuro”. ”E la tradizione?”, cui rispondeva: “Esistiamo perché esiste la tradizione.: è la nostra madre. Il nuovo non può cancellarla. Deve solo integrarla e mutarla.”

Voglio ripartire da tali punti cardine, per una sintesi utile alla lettura anche di quest’ultima raccolta, che prosegue in coerenza nella ricerca di misure e risposte rispetto allo stesso coacervo storicosociale. Un orizzonte globalizzato e metropolitano, dominato da tre principali teste imperialistiche (USA, Russia e Cina) che tendono a cancellare il valore di ciò che lo ha preceduto. Ne deriva la pretesa di un punto Zero, da parte di una delirante onnipotenza finanziaria e tecnologica che, con una malsana assonanza col termine greco delle derive di onnipotenza, fa dell’ibrido uno dei suoi illusori marchi di progresso, una ibridazione che coinvolge progetti di transumanesimo in mano a un domineiddio che cambierà ogni connotato umano finora conosciuto.
Già dai primi versi sono offerte evidenze con toni lapidari:
“Le cose in cui credevi/ non erano come voleva Molly/ ma hub tecnologici”
Però “non c’era motivo di rinunciare/ ai viaggi metropolitani.”. (p.1).
Termini che incidono già il nucleo di senso e del suo immediato coerente carico di responsabilità etica che definisce quello che io chiamo Atteggiamento Generale del Soggetto Scrivente.
È un impegno sollecitato dalla complessità del qui e ora. Contesto, dominante le menti e i corpi dei singoli, ridotti a atomi, non più briciole di un pane condiviso, di una comunità. È l’ideologia e la prassi esercitata con vari strumenti, in primo luogo con una velocità di cambiamenti:
“Il pensiero va a ciò che disse Baby Scott:/ – tutto passa così in fretta/ che si finisce come petalo appassito”. Tuttavia “Nel labirinto della memoria/ non c’è oblio che intacchi la storia. / E siccome New York è anche cultura pop/ e poesia con Gregory Corso/ e Beat Beat Gasoline/ bisognerà umettarsi gli occhi con Collistrar/ prima di pensare alla fime del postmoderno”, in cui si naviga a vista tra le sue violenze e “Bob ha due doberman per difendersi/ dalla Electric Gang” (p.2-3).
La rapidità di salti e passaggi da un nodo all’altro à rivoltata contro le prassi del sistema dominante: “Il mondo di Ennie, mai salvato con Essere e Tempo,/…/ si è sempre spostato su Gaia Scienza/ per quel poco che serviva a fare un pensiero/ una fenomenologia, sottraendo a Sartre/ qualche principio estetico su l’Essere e il Nulla.// Non dureranno le tue visite al Carrefur, cara Ennie,/ né lo shampoo con BioKap, dimenticando i Queen/ mentre rimbalzava The Wall sul muro di Berlino” (p.3)
Nodi e attimi che il testo attraversa e scavalca con temerari trampoli, ma senza ridurre al Nulla di un idiotismo intellettualistico il furore del trambusto, a tratti sfolgorante, pregno e sorretto da criminalità, bassa e altra, che sostanzia il corpo sociale.
Vengono, come dire, accumulati reperti di vita, poi si vedrà, “mentre la generazione Z si smarriva/…/ dall’ugola usciva il non detto/ emettendo allarmi e neologismi/ con una voce diversa dal coro” (p.4)
“Come sarà lo store di Falconieri/ e il futuro è di tutti e di nessuna?” (p.15)
“Lucy andò a Parigi/ a cercare I fiori del male per sceglierne uno!” (p:16)
Ironia, autoironia e sarcasmo sono sbocchi luminosi e utili alle misure con il furore criminale dominante: “7 giorni a New York/ hanno mutato il concetto da City a Metropolis” (p.22).
“Come eravamo non lo siamo più./ Di certo le nostre avventure/ sono morte con Moby Dick” (p.52)
“Un ecobrand manager metterebbe/ in un’unica strategia di markerting/ anche una startup di quelle che fanno fuori uso/ gli stands dei mercatini.”; “Quel Mondo/ dove pure c’erano i Pink Floiyd/ torna negli auricolari per distrarre/ nonno Vincent alle prese con i ricordi/../ Visto il deserto che ci aspetta” ((p.53)
“Le città pullulano di misfatti/ e di comunità senza patria e futuro”; “Lo streaming muta i panorami,/ se ne accorto il follower/ durante i suoi interventi sui vanity metrics./ Una freelance ha messo in onda/ la rabbia dei lupi./ Nelle foreste c’è tutto da temere” (pp. 54).
Ma “C’è la barca dei sogni/ dove sembra di stare a casa/ ma non la usi, temi l’onda lunga/ e il remo che si spezza.”. Forse serve “Una gita a New York…/ al cinema Nitehawak/ con menù da Travel Goumet.” (p.56).”
“New York è una metropoli life./… e pensi a Lennon e Withiney Houston”; “Vado verso le rovine/ senza bitcoin e bypass” (pp. 61-62). Tuttavia, “Non era tanto la brachicardia/ ma l’insonnia a chiuderci ogni paradiso.”; “Il resto è l’attesa del domani distopico alla Bradbury” (p.69). Per cui, “Non dormo la notte./ Il cervello è un barbecue./ Conta il resto che rimane,/ l’incubo di Arancia meccanica.” (p.72).
Nel frattempo, registro che “Nella hall cercavano Ciber city analyst./ Ma pochi erano quelli/ che conoscevano la storia urbana/ come utilizzarla.” (p. 86).
Sono tra gli ultimi versi, anch’essi densi di punti e a capo, che indicano blocchi, ma anche non arresa resistenza di ricominciare, entro un altro orizzonte, nonostante le crescenti chiusure di tali bi-sogni umani.
27 Marzo 2024
Adam Vaccaro

6 comments

  1. Mario M. Gabriele ha detto:

    caro Adam, questa mattina con amabile sorpresa, trovo il tuo commento critico tra i più graditi, assieme a quello di Petronelli, e non posso che ringraziarti per la vicinanza critica espressa da te sulla mia poesia rispetto ai decenni passati in silenzio, senza alcuna partecipazione ai Premi e alle sedute reading, perché ho dato maggiore importanza alla poesia più che al clamore on the road della pubblicità mediatica. E’dall’82, data in cui Domenico Rea fece la prefazione a Carte della città segreta, che non ricevevo più commenti critici come quelli di Petronelli e i tuoi, tralasciando i bla bla di qualche influencer che adotta entrate e uscite dal suo Blog. Non credo che scriverò altri volumi se non l’ultimo in uscita verso l’estate e che ti farò recapitare. Dopo mi permetterò una lunga vacanza vicino al rush finale della vita, per godere delle meraviglie di questo mondo, anche se il Capitalismo occidentale e medio orientale dominano il Welfare sopprimendone la grande carica economica. Grato di tutto, ti invio i miei più cordiali saluti e auguri di un ottimo percorso alla tua Rivista. Un abbraccio. Mario.

  2. Salvatore Violante ha detto:

    Caro Mario M. Gabriele,
    ormai apro la posta con poca continuità soffocata com’è da inviti al consumo più o meno convenienti. Sono felice di leggere la tua voce. Sono ancora più felice di apprendere dal testo di Adam Vaccaro della pubblicazione de “I reperti metropolitani” che cercherò di procurarmi. Era un pò di tempo che non ti sentivo e la tua voce, credo, che sia autorevole e sorprendente. Ti pensavo impegnato a costruire una credibile e innovativa struttura per dare fiato ad una poesia che facesse della casa del poeta la casa di tutti. Vedo che addirittura hai voluto esagerare impegnandoti in prima persona come poeta. Sono davvero felice e pieno di curiosità. Il titolo già di suo pare voglia dare qualche traccia. Si parla di reperti e di metropoli. Io vivo a due passi dalla città distrutta dal Vulcano per eccellenza. Sono davvero curioso di sapere cosa resta, per la poesia, della tua, nostra metropoli in questo disfacimento globale. Un caro abbraccio. Salvatore Violante

    • Mario M. Gabriele ha detto:

      caro violante,
      ti riporto ciò che ho scritto nella quarta di copertina di Reperti Metropolitani:-“John Grisham nel volume- Gli Avversari – edito da Mondadori, ha rivelato le differenze negative, quali il razzismo, il problema della Verità e dell’onore, nel declino della democrazia e del sistema giudiziario, tanto che episodi come quelli di Capitol Hill denotano una società oppressa da una politica di prosciugamento del benessere. In questo stato di cose e di follia del potere, dove collochiamo la poesia? Direi in tutti gli eventi che deturpano il mondo perchè si comprenda che ogni ingiustizia é un delitto contro l’umanità”. Cordiali saluti e Auguri di Buona Pasqua, M.M.G.

      • salvatore violante ha detto:

        Tanti cari auguri di cuore anche a te mio carissimo poeta, a Luigi Cannillo, ad Adam Vaccaro, alla redazione e a tutti i lettori di Milanocosa.

  3. Adam Vaccaro ha detto:

    sono estremamente felice di questi riscontri, in primo luogo di Mario e poi di Salvatore. Andiamo verso il deserto, come dice un verso di Mario, e le voci vive che lo denunciano sono poreziose gocce d’acqua!
    Abbracci e auguri
    Adam

  4. Adam Vaccaro ha detto:

    Supporto tecnicamente Claudia Azzola, inserendo a suo nome questo commento
    ————————————————————————–

    Una sfavillante recensione, di Adam Vaccaro, del libro di Mario M. Gabriele, che ha passione venata di incertezza nel futuro che ci attende e che è già qui, di follia del potere, e non si sa se la poesia si potrà ancora “collocare”, ahinoi.

    Grazie.

    Claudia Azzola

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