Proponiamo con piacere il saggio di NED CONDINI, MYSTICAL CARNALITY IN DE PALCHI’S PARADIGM, I capitolo del lavoro complessivo di analisi della poesia di de Palchi, condotto dal traduttore e studioso americano (nato a Torino nel 1940) dal titolo: SOLO UN DISTANTE MIRAGGIO DI ACQUE LIMPIDE – LA RICERCA DI DE PALCHI PER UNA INCORROTTA JUSTINE.
Il saggio è dedicato alle Opere complete di Alfredo de Palchi, pubblicate la prima volta in Italia da Mimemis-Hebenon Edizioni, Milano 2006 con il titolo Paradigma. Le stesse Opere erano state peraltro tradotte e pubblicate in America da October House, N.Y. 1970, e da Xenos Books, Riverside, California, 1993-1999.
Paradigma raccoglie poesie scritte tra il 1947 e il 2005 e relative a sei raccolte, da La Cupa Danza dello Scorpione (già inclusa in Sessioni con l’Analista, poi opportunamente raccolta autonoma) alle Ultime (quaranta poesie) e include sia una opportuna nota polemica dell’Editore Roberto Bertoldo, sia una preziosa introduzione critica di Alessandro Vettori.
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Nella poesia di de Palchi, uomo e donna sono fonti congiunte di umori grevi e lampi divini emanati dall’oro del sesso e della creatività, che non smettono di intrecciare aliti purissimi di amore e afrori di sporcizia. E su questo crinale senza soluzioni la poesia di de Palchi si fa impervia e impietosa scrutatrice, che non smette di infliggere alla carne tutta la sua (im)possibile verità, non per autoflagellarsi e disperarsi lungo deflussi masochistici, ma per continuare a cercare l’unica nostra possibilità di salvezza, con e nella donna, anche se rimarrà – come sintetizza l’immagine ossimorica di resa resistente del titolo di Condini – Solo un distante miraggio di acque limpide.
La donna è tuttavia la centralità solare, l’energia vitale che consente di proseguire, anche se è immersa nelle stesse contraddizioni irresolubili dell’uomo, nello stesso incrocio inevitabile tra tensioni all’infinito e ignobile sprofondo nei deliri di potere dell’Io, che tende a sognare e perseguire domini e violenze anziché fratellanza, unica nostra possibile prateria liberante.
Una poesia che ci scuote e ci attraversa, per riemergere nella nostra carne e nel nostro spirito spesso devastati da modernità e post-modernità, per riproporre tra tanta poesia di carta inconsistente e superflua, la disperazione e l’orgoglio di rifondare un paradigma di senso e di utilità antropologica della propria parola.
Di tutto questo insieme complesso di nodi della nostra esistenza è alimentata la poesia di de Palchi – su questo sito, come è noto ai nostri lettori, già proposta – quale strumento umano da conoscere e che ora invitiamo ad approfondire con la lettura di questo saggio di grande fascino e spessore di Ned Condini.
Adam Vaccaro
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Gentile Adam,
tra ieri e questa sera domenicale ho stracciato tanta carta finalmente da buttare, liberarmi dei documenti che non servono più––ma come capita, dopo anni, ci sarà perlomeno una sorpresa proveniente da un ufficio che chiederà di rivedere il tale documento. In quella occasione risponderei, come già feci nel passato un paio di volte, che non esiste più e che si cerchi la copia del documento tra le loro scartoffie. Ho ancora qualche giorno di questo stracciare. . . ma per non irritarmi
mi sono chiesto, è domenica sera, ci sarà posta? Guardo, ci sei tu che proponi generosamente ai lettori (?) di leggere fino alla fine un saggio che mi stupisce piacevolmente e mi diverte. Così sono il primo a commentare.
Si capisce subito che il saggista apprezza o ama la poesia depalchiana, la mia, quella del sottoscritto imbroglioato in un mondo infingardo. Mi diverte perché frugando attentamente nella mia poetica l’autore giustamente scopre la valida varietà della mia personalità fino alla fine. Senza umiltà ammetto che nella mia poetica c’è ricchezza di esperienze e di intuizioni da smorzare le fiammelle imbroglione che girano per sentieri cimiteriali al chiaro di luna. . . dopo Ungaretti Montale e Caproni? Che ritardo!
Pensi che vi saranno lettori che termineranno di leggere il saggio per commentarlo? A me, che non ho la smania di quella attesa, bastano le tre gatte amiche poete e i due arzilli saggisti poeti: Condini che sente odore di zolfo, e Adam per colpa mia cacciato dal suo paradiso.
Grazie e Buona fortuna.
Alfredo de Palchi
Quanto al numero di lettori, caro mio Alfredo, sai come la penso e butto la palla – come si dice – in tribuna. Ma poi ne scoviamo un’altra seppure mezza sgonfia e continuiamo a giocare, magari in quattro cinque, arzillando contro il tempo e l’inferno contemporaneo. No, non sei stato tu a farmi cacciare dal paradiso, è stata la noia, anche se il ricordo abbellisce tutto cercando sempre i suoi bocconi più gustosi.
Grazie a te!
Adam