Anticipazioni – Lidia Sella

Pubblicato il 15 giugno 2018 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa

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Lidia Sella

Inediti

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Con un commento di Adam Vaccaro

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Nota dell’Autrice

I poteri forti ci hanno rinchiuso in una gabbia a forma di 1. Hanno impiccato i sudditi al gancio di un’unica verità. Si sono arrogati il diritto di stabilire in esclusiva ciò che è buono/giusto/sacro.
E noi siamo tenuti a uni-formarci. Schiavi di regole cervellotiche impartite dalla cupola mondialista.
Costretti a inchinarci davanti alle superstizioni monoteiste. Obbligati a percorrere la carreggiata a senso unico del pensiero politicamente corretto.
Omologazione, sradicamento e meticciato globale minacciano la specificità dei popoli, negano la pluralità delle idee, e del sentire, abbattono l’albero della tradizione. I poeti non hanno altra arma che le parole e la fiamma del pensiero. Perché allora non usarle per contrastare l’oppressore e gli invasori? Traduciamo in un grido catartico l’indignazione contro la barbarie dell’ignoranza e della bruttezza. Scuotiamo le coscienze di chi è inconsapevole. Opponiamoci al tragico destino di decadenza ordito contro di noi. Che almeno un segno di ribellione resti, un riverbero umano nella terra desolata del declino.

Lidia Sella

Fede pagana

Solitario Sole lontano,
che qui inventi nuvole e colori
ti distendi sull’acqua
trasformi corpi in ombre lunghissime,
senza di te non si sarebbero formati occhi per guardarti
né parole a descrivere gli effetti che talvolta scateni:
siccità, incendi, deserti, macchie solari fuori controllo
e un misterioso fenomeno che ti coinvolge.
Se infatti ti assenti un po’, soprattutto là, nel profondo ghiacciato Nord,
qualcuno decide allora di abbandonare il mondo,
però anche alle nostre latitudini, quando torni in primavera,
tanti giovani, feriti dalla tua luce, preferiscono annegarsi nel buio,
sai?
su questa palla oblunga che rotola giù dai pendii dello spazio,
due millenni fa l’uomo creò un Dio unico, conteso in seguito da tre civiltà.
Tutti lo chiamano padre il nuovo signore dei cieli
nonostante il carattere ipocrita, presuntuoso, sanguinario.
Soggetto dotato di tripla personalità,
alterna deliri di onnipotenza e attacchi schizofrenici.
Gran sacerdote del male, si considera misericordioso.
Di fronte al dolore del mondo, finge stupore.
Si giustifica con il libero arbitrio concesso ai fedeli.
Un dono fittizio, perché mai nessuno può scegliere davvero.
E il bene poi, così vago, impervio, ambiguo.
Una divagazione, solitario Sole lontano,
per spiegarti che prima del monoteismo tu eri una divinità
imperfetta eppure amatissima
e sebbene oggi adorarti sia proibito, di nascosto ti veneriamo ancora.
Purtroppo non sarai eterno,
tra qualche miliardo d’anni, esaurite le tue scorte di idrogeno,
spazzerai via il piccolo pianeta azzurro in una tempesta di vento infuocato,
ma che importa?
nell’attesa, ci dissetiamo alla fonte della vita, del tempo.
Mentre tu sorgi, in noi la morte arretra.
Ogni mattina attendiamo che la fiaccola dei giorni si accenda.
Salvaci, con la tua carezza splendente.
Finché vederti sarà possibile, non smetteremo di credere in te,
nella gioia effimera dell’essere, in quel sapere che illumina dentro.

***

L’industria del timore

Per quale stravagante motivo,
un bel giorno,
Dio avrebbe dovuto mettersi a creare sé stesso dal nulla?
E come diavolo ci sarebbe riuscito?
Domande che suonano sacrileghe.
Il Signore dei cieli, si sa, è onnipotente ed eterno.
Nessuno ha ancora spiegato con esattezza dovecomequando sarebbe nato,
né di quale materiale sia composto.
Puro spirito, si dice. Sui dettagli, meglio sorvolare.
L’Universo non può essere scaturito dall’apatico niente
sostengono i monoteisti.
La divinità invece si.
Con due capriole concettuali da acrobati sofisti, ecco liquidata la questione
e annegato ogni ragionevole dubbio nel pozzo della fede.
Si ciba di oscurità l’aura del sacro.
Gli alti prelati in Concilio spacciano dogmi, confezionano verità a tavolino.
Il loro fragile edificio dottrinario teme perciò le bombe di precisione sganciate dalla logica.
L’Onnisciente avrebbe dotato l’uomo di razionalità, solo per poi vietargli di servirsene?
Un’incongruenza solo apparente.
La Chiesa si fonda su un tacito patto societario.
L’essere umano ha terrore della morte?
E la religione gli promette l’aldilà.
Se indossare il paraocchi, credere a qualunque fanfaluca
è il prezzo per conquistarsi Paradiso e immortalità dell’anima,
indagare sulla natura una e trina del mistero ai fedeli certo non conviene.
Se scoprissero l’imbroglio, la frode,
sgonfiato il salvagente dell’illusione,
presi dal panico, affogherebbero.
Che angoscia la prospettiva di ridursi a un mucchietto di cenere e ossa.
Meglio confidare nell’eterno futuro celeste.
Grazie al suo collaudato campionario di superstizioni,
così il clero alimenta il proprio potere temporale
da millenni specula, si arricchisce sull’ancestrale invincibile paura.

***

La nuova diaspora

La lingua materna plasma le tue prime sinapsi.
Lì si formano concetti nuovi
nascono fiori
dalla parola.
Tu sogni ami inventi combatti vivi
in italiano.
Pensieri sfilacciati intuizioni opache, se indossi un idioma posticcio.
Sei straniero a te stesso, nella gabbia dell’inglese.
Sgretola l’identità etnica il potere mondialista.
Ti strappa le radici a partire dalla mente
castra la dialettica
stempera l’acume dell’argomentare
dissecca le metafore
mina l’essenza stessa della coscienza.
Più sciocco e confuso – dunque alfine innocuo – il tuo cervello,
se già dentro di te inizia l’esilio.
Senza quel suono dolce, e sacro, nessuna Itaca dove tornare, un giorno.

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Avviso ai qualunquisti

Tranquilli: se anche non vi occuperete di politica, sarà la politica a occuparsi di voi.

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Occidente: un nome un destino

Da cittadini a sudditi da sudditi a schiavi:
soffocati da macigni fiscali
catene di leggi inique e tassi usurari
euro-burocrati nei panni di carcerieri
l’invasione di immigrati la nostra condanna a morte.
Senza più midollo, azzerati gli anticorpi, l’infezione ci divora.

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Suicidi per debiti: sacrifici umani sull’altare dell’Usura.

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Intelligenza vegetale

Le piante annusano, assaggiano, digeriscono.
Autosufficienti e consapevoli di sé,
interagiscono con l’ambiente circostante.
Vanno a caccia di luce.
Lottano per lo spazio vitale.
Aggrediscono, si difendono.
E fuggono dal pericolo.
Riconoscono i parenti,
proteggono i piccoli
e davanti a una minaccia allertano i propri simili.
Toccano, abbracciano, si aggrappano. Amano.
Hanno affinato ingegnose strategie riproduttive.
Posseggono organi sessuali, si dividono in maschi e femmine.
Ma ci sono anche gli ermafroditi.
Sensibili e generose, timide o prepotenti,
alcune si comportano in maniera corretta,
altre sono invece disoneste.
Soffrono, si sacrificano, provano amicizia, depredano, oziano.
La notte dormono.
Ma quando invecchiano soffrono di insonnia.
D’inverno, entrano in letargo.
Prediligono la musica a bassa frequenza.
Se mutilate, ricrescono.
Posseggono un sofisticato sistema vascolare.
Si scambiano informazioni interne
mediante una rete di segnali elettrici, idraulici, chimici, ormonali.
Comunicano tra loro attraverso foglie e radici.
Dialogano con il sole
e intavolano difficili trattative con microrganismi, batteri, insetti e funghi.
Producono energia, ossigeno e zuccheri.
Ci riforniscono di medicinali, legna, carbone e sughero.
Regalano fiori bacche frutti vini cacao caffè tabacco spezie droghe tessuti pregiati.
E migliaia di profumi.
Dotate di memoria e capacità di apprendimento,
elaborano dati,
effettuano calcoli complessi,
risolvono dilemmi.
Distinguono le sostanze tossiche, neutralizzano i composti inquinanti.
Individuano a distanza le fonti d’acqua.
Misurano il gradiente di umidità del terreno.
Captano i campi elettromagnetici.
Rilevano la forza di gravità.
Si evolvono senza sosta da tre miliardi e mezzo di anni.
Ecco
quando i vegani avranno compreso quanta complessità,
e intelligenza,
si cela nel mondo vegetale,
eliminata dalla loro dieta anche la verdura, si lasceranno divorare dalla fame?
Preferiranno salvare tutte le insalate del pianeta, a costo di uccidere sé stessi?
Per tutelare gli ortaggi, e non infierire sui poveri tuberi indifesi,
si trasformeranno, prima del previsto, in nutrimento per vermi avvoltoi sciacalli e pesci?
E dopo un’esistenza spesa a boicottare la logica di Madre Natura,
cadranno infine nel gorgo del creato, là dove vita e morte si alimentano a vicenda?

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Notizia Biobibliografica

Lidia Sella, nata a Milano dove vive e lavora, laureata in scienze politiche, giornalista, scrittrice e poeta, ha collaborato con alcuni quotidiani (Il Giornale, Libero, L’Indipendente, Il Sole 24 ORE-on line etc.) e numerose riviste (Gente, Gioia, L’Europeo, Lo Specchio, etc.). Ha pubblicato cinque libri: Amore come…, Sonzogno, 1999 (25.000 copie); La roulette dell’Amore, Bur, 2000 (43.000 copie); La figlia di Ar – Appunti interiori, con postfazione di Armando Torno, La Vita Felice, 2011 (alla VII edizione); Eros, il dio lontano – Visioni sull’Amore in Occidente, con postfazione di Armando Torno, La Vita Felice, 2012 (alla VII edizione); Strano virus il pensiero, con riflessioni di Antonio Prete e postfazione di Giulio Giorello, La Vita Felice, 2016 (alla II edizione).

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Nota di lettura

Questi testi di Lidia Sella (ci) trasmettono sollecitazioni e problemi, dal dichiarato di pensiero critico alla costruzione della forma. Tra tanti scriventi versi di cui non si riesce a decrittare una visione di idee, qui abbiamo un grido di rivolta privo di equivoci, che si pone fuori dal recinto del prevalente politically correct e va oltre le declinazioni delle destre e delle sinistre storiche.
Ma una lettura che non sia solo ideologica, deve in primo luogo evidenziare e capire il nucleo-motore dell’energia trasmessa da un testo. Nella scrittura di Sella tale nucleo risale a visioni precristiane, radice profonda della nostra identità culturale e fonte di critica di tre forme di pensiero unico: il monoteismo religioso, la globalizzazione del capitalismo finanziario e il pensiero neoliberista, un intreccio che riduce l’autonomia dei corpi sociali nazionali rispetto ad elite extranazionali, e produce un peggioramento di condizioni di vita materiale dei più.
È un pensiero critico che si pone ovviamente fuori dal perimetro designato dal pensiero dominante, e che incarna quindi un’altra forma di sacer – il cui etimo è appunto interdire, mettere fuori.
Le poesie, da Fede pagana a L’industria del timore, lo declinano riaffermando il percorso generativo della propria visione, incrociando alto e basso. Sta in questa congiunzione il nucleo-motore profondo dell’energia espressa. In proposito ricordo che lo stesso simbolo della croce è frutto di sinestesia tra tensione spirituale verticale e necessità orizzontali profane. E nella ricerca espressiva di Sella agisce, ed è rilevante, il piede materico e biologico.
Tale senso di sacro non è dunque radicato solo in un esercizio speculativo, ma è vissuto da tutto il corpo e dalla totalità soggettiva dell’Autrice. È un coinvolgimento da cui derivano sensi e forme espressive anomale, che irrompono tra corsi diluviali (in cui si confrontano pensiero-Io e corpo-Es) e ciottoli luminosi che sintetizzano dolore e visione altra, premesse di rinascita vitale. La forza espressiva cerca, con un senso di ultima ancora di salvezza, parole del bisogno di contrapporsi alla chiacchiera, scontata e non più tollerabile, del pensiero dominante.
Ciò che fa poesia non sono (solo) le righe spezzate, ma il moto complesso che coinvolge la totalità di chi scrive, e che nei testi di Lidia Sella lampeggia non solo in un altrove cerebrale. Coinvolge i cunicoli scuri delle proprie emozioni e delle proprie viscere, in cui l’eros ferito ribolle e viene fatto percepire, attraverso catene significanti che cercano consonanze di immagini, allitterazioni e assonanze. Poesia dunque, generata da un flusso di pensiero altro, che prova ad andare oltre argini formali consueti. E gli esempi in tal senso, offerti dal novecento, sono tanti e diversissimi.

Adam Vaccaro

5 comments

  1. Fabrizio Bregoli ha detto:

    Poesia pensiero, che argomenta di sé e per sé, nell’eredità della poesia scientifico-didascalica che ascende fino alla matrice lucreziana. Il rischio è che l’eccesso argomentativo possa depotenziare la riuscita poetica in senso stretto, ma credo che la fitta trama di riferimenti filosofici e letterari combinata con effetti retorici opportuni riesca a mantenere alta l’asta della dizione poetica, anche se con un andamento certamente prosastico/saggistico in più punti, a tratti gnomico o aforistico. Mi sembra chiara anche la lezione del modernismo, in particolare dei Cantos di Pound, non a caso vediamo qui l’attacco alla “usura”, per estensione al capitalismo finanziario tutto. Encomiabile in ogni caso la volontà di dire, di esporsi, in controtendenza con molto orfismo criptico di maniera. Che dire? Brava cara Lidia!

    • Lidia Sella ha detto:

      Grazie anche a Fabrizio Bregoli per le sue fini e azzeccatissime considerazioni critiche sul mio lavoro. Ne approfitto per complimentarmi con lui per la sua recente silloge Zero al quoto. Qui anima e intelletto, voce e silenzio, demonico e divino, arte e luce, terra, aria, vita, amore e tempo, intrecciano un dialogo sorprendente, ai confini dell’anima. Un viaggio attraverso i simboli, capace di rendere eterno il presente. Con lucidità, amarezza e passione.

      E grazie anche a Nicola Franco per aver compreso e apprezzato il mio coraggio intellettuale, la mia solitaria battaglia di parole.

  2. Nicola Franco ha detto:

    Che piacere leggere questa scrittrice, Lidia Sella !!!
    Ci vorrebbe un esercito di persone come questa per illuminare le menti di noi occidentali in schiavitù da secoli sotto i potentati religiosi e laici. Come e cosa fare per ritrovare la nostra idendità originaria d’esseri liberi e sbarazzarci del virus che contamina oggi l’umanità,l’ideologismo autoritario, il capitalismo e consumismo riduttivo della dignità umana, le religioni angoscianti che mutilano le speranze dell’uomo nel nostro mondo moderno?
    Una soluzione è di lottare nella ricostruzione di noi stessi e ritrovare la nostra libertà profonda. E se siamo in molti possiamo cambiare qualcosa.

  3. Adam ha detto:

    Ringrazio per i commenti Fabrizio, sempre attento, e Nicola, di cui conosco la particolare intensa sensibilità sociale. Commenti da ambiti diversi, ma che colgono la passione di Lidia, intessuta prima di tutto nel dolore per il declino umano cui stiamo assistendo, spesso con un senso di impotenza. Per questo ogni grido che lo denuncia è importante, per i tanti che ne subiscono le condizioni.
    Adam

  4. Lidia Sella ha detto:

    Grazie, Adam Vaccaro, per l’intelligente, puntuale commento ai miei testi.
    Sarò un’illusa e un’idealista, ma ancora nutro la speranza che l’arma affilata della parola e il lanciafiamme di un pensiero non politicamente corretto potrebbero forse medicare questa società impazzita. E ritengo che chi riesce a vedere dietro il velo dell’apparenza abbia il dovere di scuotere da questo vergognoso torpore le coscienze degli italiani, avviati verso il baratro di un declino pilotato.
    Nella tua analisi hai anche colto un aspetto centrale della mia poetica, che spesso sfugge ai più. La mia denuncia non è un mero esercizio speculativo. Ma affiora dal dolore profondo di assistere impotenti alla rovina, L’identità etnica, culturale e linguistica del popolo italiano, che ha donato all’umanità intera sommi capolavori in tutti i campi del sapere, andrebbe protetta e tutelata a ogni costo. Invece lasciamo che ci strappino le nostre sacre radici millenarie, senza nemmeno emettere un lamento.

    Sempre nel solco di questo sentire, mi permetto di sottoporre alla tua attenzione tre mie nuove recenti riflessioni da naufraga ribelle.

    Preistoria italiana
    Gli ominini che popolano la penisola italica 780 mila anni fa,
    sono i più antichi abitanti dell’Europa mediterranea.
    Ma un giorno entra in scena il Neandertal,
    primo vero autoctono del Continente,
    dotato di un cervello più grande del nostro
    e, già 337 mila anni fa,
    capace di utilizzare raffinate tecniche per la fabbricazione di armi.
    Circa 130 mila anni fa, si insedia fra le Alpi e la Sicilia.
    Vive in accampamenti con zone destinate ad attività specifiche,
    macelleria, focolare, laboratorio litico,..
    Intreccia estese reti sociali e avvia tradizioni culturali stabili.
    Frequenta le coste, va a pesca, è ghiotto di mitili e patelle.
    Caccia cervi caprioli stambecchi camosci daini renne
    lepri marmotte castori
    cavalli uri bisonti ippopotami rinoceronti
    elefanti antichi
    orsi delle caverne
    e diverse specie di uccelli.
    Indossa monili, adorna le abitazioni, gli abiti e il proprio corpo
    con penne, artigli d’aquila, conchiglie e pigmenti minerali.
    Per difendersi dal clima glaciale, si veste di pellicce.
    Seppellisce i defunti,
    con fiori e corredi funerari, cui attribuisce valore simbolico.
    Circa 90 mila anni fa si spinge verso est,
    colonizza il Vicino Oriente e le medie latitudini asiatiche.
    Lì si ibrida e meticcia con l’Homo Sapiens.
    Finché 44/40 mila anni fa, inspiegabilmente,
    scompare dai registri della Storia.
    Grazie all’Homo Sapiens,
    che proviene dal Vicino Oriente
    e cala qui attraverso le regioni del Nord Adriatico,
    nasceranno poi l’astrazione e la musica,
    l’iconografia e l’arte parietale,
    la capacità di comunicare e trasmettere il sapere,
    l’organizzazione sociale, i commerci
    e una sfilza di innovazioni tecnologiche.
    Ma questa è tutta un’altra storia.
    Riguardo invece al sangue che ci scorre nelle vene,
    che in fondo è ciò che conta davvero,
    teniamo presente che
    oltre l’80% delle varianti del DNA umano
    si ritrova in tutti i continenti
    mentre un 7% esclusivamente in Africa
    e l’1% soltanto in Europa
    o in Asia.
    E soprattutto non dimentichiamo
    che l’attuale popolazione euroasiatica
    è l’unica a conservare tracce geniche del Neandertal.
    A lui, al cugino estinto,
    dovremmo perciò eterna gratitudine
    per aver depositato in noi quel suo seme straordinario
    che ha contribuito allo sviluppo del pensiero umano
    e alimentato l’albero fecondo delle civiltà boreali.

    Controcanto
    Soffro per la bellezza offesa e la vittoria del brutto ovunque,
    per i capolavori dimenticati negli scantinati del musei
    i magnifici paesaggi deturpati dai capannoni.
    i giovani corpi sconciati dai tatuaggi
    Mi angosciano i ragazzi bruciati nell’alcol e obnubilati dalle droghe.
    Mi immalinconisce la sorte delle fanciulle
    che non diventeranno madri ma solo consumatrici.
    Mi amareggiano i genitori che non sanno più insegnare nulla,
    l’educazione, la cultura, il valore dell’esperienza.
    Mi addolora quando i vecchi vengono considerati dei rimbecilliti
    perché non padroneggiano la tecnologia informatica.
    Mi indigno perché nemmeno le femministe
    alzano un grido di protesta contro la barbarie degli uteri in affitto.
    Mi sconvolgono il commercio di organi
    il cambio di sesso
    i bambini abusati.
    Mi intenerisco per i figli delle coppie gay,
    ai quali la normalità è negata per legge.
    Provo compassione verso i bambini africani
    deportati qui per essere adottati da una coppia di estranei
    e destinati a un futuro di emarginazione, lontani dalla loro gente.
    Mi dispero per le intelligenze italiane che regaliamo all’estero,
    per la diaspora del nostro straordinario patrimonio cromosomico.
    e perché l’invasione ci ha snaturato.
    Temo per l’idioma italico assediato dall’inglese
    e per la nobile musica europea a rischio estinzione.
    Mi ribello davanti al baccano che annienta il pensiero.
    Sono in lutto per il cinema e la letteratura contemporanei
    che raccontano ormai solo storie
    di olocausto
    perversioni
    sopraffazione
    degrado
    terrore
    e follia.
    Mi rattrista che la pigra ignoranza abbia vinto sulla sete di sapere.
    Mi sconvolge che nel terzo millennio religioni e superstizione
    siano ancora così fiorenti.
    Sono preoccupata perché l’Islam spazzerà via
    la sublime arte delle immagini.
    Piango per le città europee rase al suolo dagli americani
    le bombe atomiche sul Giappone
    le vittime delle foibe
    e gli esuli Giuliano-Dalmati
    cacciati per sempre dai territori un tempo dominio della Serenissima.
    Mi commuovo al ricordo di tutti i soldati che si sono immolati,
    invano,
    nella difesa della nostra civiltà.
    Patisco per la verità imbavagliata e il predominio della menzogna.
    Mi allarma che l’economia abbia calpestato la politica.
    Aveva ragione Pound:
    gli usurai hanno conquistato il mondo,
    il capitale si è comprato tutto, anche gli ideali.
    Lo spettro della decadenza aleggia su ogni cosa.
    La denatalità non è un caso:
    siamo stati tanto presuntuosi e sciagurati
    da voltare le spalle a Madre Natura.
    e il sacro anelito vitale ci ha abbandonati.
    Mi affliggo perché, senza la sua terra,
    la sua lingua,
    le sue tradizioni,
    e l’appartenenza al proprio popolo
    l’essere umano non dà più frutti, e muore,
    come un albero a cui abbiano strappato le radici.

    In ciò che scrivo
    nei miei scatti fotografici
    non compaiono mai discariche e centri commerciali
    asfalto plastica ciminiere tralicci o grattacieli
    ma reti di immagini e parole
    a catturare un riverbero almeno
    di quella bellezza greco-romana
    sopravvissuta in qualche interstizio del mondo.
    E nelle mie arterie morenti.

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