Anticipazioni – Laura Di Corcia

Pubblicato il 15 giugno 2020 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa

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Laura di Corcia

Inediti

Con un commento di Luigi Cannillo
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Nota di poetica
Il tema della frattura è forse quello che caratterizza di più le mie scritture (non uso il singolare perché non credo che il mio lavoro sia inquadrabile in un discorso unitario). Non a caso il mio nuovo lavoro in versi è composto da due parti: una in versi e una in prosa. Anche a livello stilistico emerge quindi qualcosa di scisso, una crepa, la faglia che fonda tutta la mia ricerca poetica, e che se in Epica dello spreco era solo accennata diventa più preponderante nel secondo libro, in tutte le direzioni. In questo testo si ritrova ancora una progressione di tipo storico, che questa volta affonda le radici nel Medioevo, con qualche incursione nella preistoria. Motivi di riflessione e ricerca stilistica (di cui qui propongo alcuni brevi brani) su cui sto lavorando. Ci vorrà ancora tempo.

Laura di Corcia

Borragine, che dai coraggio
che sfidi il vento
oh tu insegnami la gentilezza.

Insegnami a vedere oltre il pelo dell’acqua
a non credere all’apparenza:
sii per me un orecchio teso sul dorso del cielo.

Le nuvole in alto non sanno niente
dei marciapiedi
insegnami a far volare le foglie
placami le doglie

sii per me come una rosa
che si suicida
in un abisso.

*
Essere una donna significava
non poter piegare il tempo
ripiegarsi sul grembo
avere le parole, e sprecarle
lungo il fiume, gettarle per terra
insieme al sale.

Inaridire piano
è
come
vivere sotto terra:
gettare un velo sugli occhi
polvere e fumo
rassettare la nebbia.

*
Oggi non capisci
ma capirai: un giorno, lontano
capirai l’inganno delle campanule
grigie, e grigio e velato
ti piegherai alla campana.

Niente al mondo sarà nudo
allora
tutto sarà velato
protetto dalla polvere

e noi vestiremo di bianco
come i pettirossi
quando perdono la memoria di se stessi.

*

Notizia Biobiblio
Laura Di Corcia, nata a Mendrisio nel 1982, è poeta, giornalista culturale, insegnante e saggista. Ha curato la biografia di Giancarlo Majorino, pubblicata per la casa editrice «La vita felice» nel 2014 con il titolo Vita quasi vera di Giancarlo Majorino. Nel 2015 ha pubblicato Epica dello spreco, per Dot.com Press. Di recente pubblicazione il suo secondo libro, In tutte le direzioni, per Lietocolle Il libro è stato finalista al Premio Maconi e al Premio Fogazzaro.

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Nota di Lettura

La borragine evocata all’inizio del primo inedito richiama non solo la natura vegetale della pianta, con la sua presenza familiare sul territorio. A questa erba sono legate comunque numerose leggende e tradizioni che risalgono all’antico Egitto e si sviluppano dall’Antica Roma in poi con riferimenti simbolici e pratiche d’uso destinate a cura, nutrimento, bellezza. Qui piuttosto la sua funzione resta legata, tra le tante proprietà officinali, alimentari e cosmetiche, a quella di infondere coraggio e gentilezza, come già avveniva con gli infusi somministrati alle partorienti durante le doglie (o anche durante i matrimoni per favorire l’euforia dei festeggiamenti) o anche per infondere calma e coraggio nei confronti delle difficoltà.
La poesia di Laura Di Corcia nasce da una intenzione forte: muoversi tra nuvole e marciapiedi, cieli e profondità subacquee. La stessa autrice afferma nella nota di presentazione che dalla sua ricerca poetica emerge “qualcosa di scisso, una crepa”. Negli inediti si ritrovano immagini legate alla scissione: distanze spaziali tra nuvole alte e abissi, tra superficie e sottoterra, nebbia e polvere. Se agli esseri viventi, alla donna in particolare, si è prospettato il ripiegamento, la rinuncia alle parole, alla scrittura si chiede invece il coraggio della sfida. Non per fungere da cerniera pacificante tra quelle distanze ma per percorrere i lembi di quella crepa e penetrarli come attraverso una breccia.
Nell’economia dei versi di Laura Di Corcia il ritmo è irrequieto, le immagini dirette e definite, i versi di misura breve: “Inaridire piano/ è/ come/ vivere sotto terra”, oppure “Niente al mondo sarà nudo/ allora/ tutto sarà velato/ protetto dalla polvere”. Le efficaci chiusure finali mantengono la tensione: “sii per me come una rosa/ che si suicida/ in un abisso. ”Oppure: “e noi vestiremo di bianco/ come i pettirossi/ quando perdono la memoria di se stessi.” Ma le affermazioni non diventano retorica, la poesia procede senza indugi con scatti e scarti improvvisi.
Non mancano i richiami di suono con assonanze (borragine/coraggio), rime (foglie/doglie), derivazioni (campana/campanule) che però non mettono mai in ombra al tono scarno ed essenziale. Come la costruzione di immagini e atmosfere rarefatte in una materia apparentemente inconsistente (capirai l’inganno delle campanule/ grigie, e grigio e velato/ ti piegherai alla campana. ”Come se non fosse certo la ricerca di facile ornamento, la decorazione, a fondare la poesia. Bensì il sentire e la conoscenza, osare percorrere la separazione non per riconciliarla ma per avventurarsi sui suoi lati.
Se negli Inni alla notte di Novalis viene evocato, nel clima del primo romanticismo, il papavero come fiore dell’ebbrezza e dell’oblio notturno, la borragine qui evoca piuttosto la fermezza e il coraggio. Nessun oblio. Il borus, il mantello di lana ruvida forse alla base della etimologia del nome della pianta, accompagna piuttosto la fierezza e le difficoltà del percorso di ricerca e di conoscenza – e la sua inquietudine.

Luigi Cannillo

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