Anticipazioni – Giuseppe Vetromile

Pubblicato il 1 giugno 2020 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa

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Giuseppe Vetromile

Tre poesie inedite
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Nota di lettura di Adam Vaccaro

Dichiarazione di poetica
Penso che la poesia, non solo come genere letterario, ma intesa anche nel senso più ampio del termine, e cioè che coinvolga tutta la persona (comportamento, carattere, atteggiamento, modalità espressive, relazioni ecc…), sia innanzitutto una ricerca interiore, un continuo chiedersi i perché fondamentali dell’esistenza, ma senza peraltro giungere ad alcuna conclusione, senza ritrovare una definitiva e rassicurante spiegazione. La poesia infatti è viaggio dell’anima verso una meta asintotica. Ne deriva uno stato di continua tensione, in un contesto sociale e ambientale che non dà certezze né promesse.
“Certo che siamo qui/ nel cerchio dello schema a dirci quanto basta/ una morte scontata/ in balia di un cosmo straniero” (Da “Schemario inverso”, Inventari apocrifi, Bastogi, 2009)

Giuseppe Vetromile

La mia età è questa zona verticale

La mia età è questa zona verticale in perenne equilibrio

Sotto i miei piedi il cammino frana
su ciottoli aspri
e dal tetto si espande il mio sguardo
fino a lembi di possibili sogni ultraterreni

Così io mi dilungo a dismisura tra terra
e cielo
ma in nessuna sostanza mi definisco
né in alcuna ombra o ipotesi di realtà
molecolare

Sono da quello di sopra a quello di sotto
unico nome sottile
attraverso tutto il creato
in un solo momento
ora mentre scrivo

e ancora mi rivedo fantasma:

la mia impossibilità è certezza quotidiana di vita
di volta in volta devo imparare nuovi amori

di volta in volta ritrovo scorie di morte
tra le pagine della mia storia
effimera
*
Ascolto la lontananza
l’acuta voce dell’assenza

Non so da quali silenzi proviene il tuo grido d’amore

Squarcia le risonanze di un’alba
o di una notte illune
senza riflessi di te ormai che sei oltre la vista

celata in una candida storia senza inizio
e senza fine

Qui ora la tenebra
qui il ristagno delle ombre negli angoli della casa
e dalla scrivania il lento scivolare delle parole
su un taccuino dal gusto un po’ retrò

ma sempre vivo proprio sull’orlo consumato

e vi scrivo ancora un’eco immaginaria di te
come canto di sirene verso Cariddi
impossibile da stringere a mani nude
fatale come sempre al cuore naufragato

Sto qui e ascolto la tua lontananza
nel grigiore privo di distanze e di tempi
in un attenderti al vecchio davanzale
ancora vivo di ricordi

e di gelidi silenzi

*

Via da così poco

Via da così poco
mi attornio di ricordi
mentre la neve fa la sua prima apparizione controtempo
ma non è il caso di guardare fuori
e gelare dentro insieme alle cose

Quel nero mi ritorna qui sulla scrivania
: anditi dispersi nell’eco di anni giovanili

Mi sta sul cuore una pietra di silenzio

La vita è fuori dal mondo in questa sera che non mi perdona
e sto abbracciato all’immobile sogno
qui con la mia mano che deterge segni inutili dal taccuino
mentre vado scrivendo

Rimane un’ombra sfrangiata che è alone falso d’amore
pietoso come un caritatevole gesto materno
di chi ti vorrebbe felice
steso al sole come candido innocente indumento

ma sa che il tempo termina già oggi
e tutto è un precipitoso labile sorriso
sulle labbra strette a sussurrare brevi romanzi

o favole e lusinghe di chimere

Ed io per non rinnegarmi
mi fingo ancora quel profumo di rose
quella pienezza di lune
quel sapore di baci

*

Notizia biobiblio
Giuseppe Vetromile è nato a Napoli nel 1949. Attualmente svolge la sua attività letteraria a Sant’Anastasia (Na), città in cui risiede dal 1980. Ha ricevuto riconoscimenti sia per la poesia che per la narrativa in importanti concorsi letterari nazionali. Numerosissimi sono stati i primi premi. Ha pubblicato più di venti di libri di poesie, gli ultimi dei quali sono Cantico del possibile approdo (Scuderi, 2005), Inventari apocrifi (Bastogi, 2009), Ritratti in lavorazione (Edizioni del Calatino, 2011), Percorsi alternativi (Marcus Edizioni, 2013), Congiunzioni e rimarginature (Scuderi, 2015), Il lato basso del quadrato (La Vita Felice, 2017), Proprietà dell’attesa (RPlibri, 2020), ed il libro di narrativa Il signor Attilio Cìndramo e altri perdenti (Kairos, 2010).
Ha curato diverse antologie, tra le quali, recentemente, Percezioni dell’invisibile, L’Arca Felice Edizioni di Mario Fresa, Salerno, 2013; Ifigenia siamo noi (2015) e Mare nostro quotidiano (2018) per la Scuderi Editrice di Avellino. È il fondatore e il responsabile del Circolo Letterario Anastasiano, e l’ideatore e il coordinatore del Premio Nazionale di Poesia “Città di Sant’Anastasia”, giunto alla XVII Edizione.

*

Nota di lettura

Poesia come ricerca di viaggio senza soluzioni e possibilità di punti di arrivo; “Così io mi dilungo a dismisura tra terra/ e cielo”. Una visione antichissima e modernissima insieme, dall’eracliteo panta rei alle aperture, che non consentono alcuna conclusione parmenidea, della moderna fenomenologia.
Ma questo stato e presa di coscienza, non crea o non è fonte di stati d’ansia negativi o di angoscia. Chi scrive riesce anzi a trasmettere una fluttuazione serena, di una sorta di astronauta che ha assorbito, elaborato e fatti propri tutti gli insegnamenti della sapienza mediterranea, per cui: “la mia impossibilità è certezza quotidiana di vita/ di volta in volta devo imparare nuovi amori”. Una sapienza che sa fare di tale moto incessante una fonte di gioia, senza la quale la vita si spegne. Vita che è vita, non malgrado, ma perché “di volta in volta ritrovo scorie di morte/ tra le pagine della mia storia/ effimera”. La morte, dunque, come parte necessaria del processo vitale. Una concezione libera da tante ossessioni della cultura occidentale, che vedono la morte come nemica e negazione assoluta di vita.
La gioia è carburante e premio per procedere, segreto tenuto/donato nelle/dalle mani dell’Altro/a: è “il tuo grido d’amore”, che “Non so da quali silenzi proviene”, che “Squarcia le risonanze di un’alba”, “celata in una candida storia senza inizio/ e senza fine”. È questo grido di luce, che squarcia le tenebre irrisolubili della vita e conduce a “Cariddi…/ fatale come sempre al cuore naufragato”.
E, in questo attimo di splendore “naufragato”, è impossibile non sentire il risuono del “naufragar m’è dolce in questo mare”. Mare di una petit mort di rinascita, cui l’immensità leopardiana ha saputo dare insuperabili forma e voce. Il viaggio di Giuseppe Vetromile affonda le sue radici espressive in tali alimenti e profondità.
“Quel nero mi ritorna qui sulla scrivania/…mentre vado scrivendo”, gesto in presa diretta, “pietoso come un caritatevole gesto materno/ di chi ti vorrebbe felice/ steso al sole come candido innocente indumento”, nella memoria resistente di “quel profumo di rose/ quella pienezza di lune/ quel sapore di baci”.
Poesia come risuono di lingue di canto, luce, profumi – sensi che entrano nella memoria del corpo e diventano resistenza di vita. Non per una consolazione mielosa, ma per l’inventio di energia che ci rinnova e ci aiuta a proseguire, anche se non sappiamo verso dove.

Adam Vaccaro

2 comments

  1. Giuseppe Vetromile ha detto:

    Onorato e felice di essere stato ospitato in questo importante spazio letterario di Milanocosa, ringrazio il caro Adam Vaccaro per la considerazione e per la nota di lettura, ben dettagliata e assolutamente aderente al mio percorso poetico.
    Giuseppe Vetromile

  2. Adam Vaccaro ha detto:

    Grazie, Caro Pino, del riscontro, importante per ogni operazione di lettura che da parte nostra cerchiamo di fare, motivati dall’amore della poesia. Perché questa forma di scrittura si misura con la complessità dell’intangibile e dell’invisibile. Gli scambi con gli autori sono quindi utili sia per chi ne offre una lettura, sia per altri lettori.

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