Testi al tempo del Coronavirus – 3

Pubblicato il 10 aprile 2020 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Testi al tempo del Coronavirus – 3

Proseguiamo con questa terza serie di contributi, dopo la prima e la seconda del 21 marzo
e del 27 marzo scorsi.

Vedi a
http://www.milanocosa.it/temi-e-riflessioni/testi-e-immagini-al-tempo-del-coronavirus-1
http://www.milanocosa.it/temi-e-riflessioni/testi-e-immagini-al-tempo-del-coronavirus-2
A.V.

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Seguono testi di
Valentina Bufano, Roberto Caracci. Giancarlo Fascendini,

Giacomo Graziani, Massimo Pamio, Angela Passarello, Paolo Quarta, 

Adam Vaccaro, Giuseppe Vetromile

***

 

 

 

Valentina Bufano

In principio era il nulla, il tutto
era piccolo così
Camminavo veloce e non vedevo niente
Facevo il mio lavoro e prendevo lo stipendio.
Ma esistevo, io, prima di questo?

Poi, un senso di pressione sul mio petto:
la paura di me prende possesso.
“Lui” è cresciuto; ha ucciso il mio vicino
quello che picchiavo quand’ero ragazzino.
Ho avvisato io la moglie.
Ho sorriso al suo bambino.

Siamo usciti per strada
e l’abbiamo pagata.
Ora stiamo in casa, in casa
mentre là fuori
nascono i frutti e ridono i fiori.

Un mio amico è caduto
ha respirato polvere di strada
sua madre si è ammalata.

Il mio respiro è corto.
Il Signore, dicono, è risorto
e se cerco il cielo con uno sguardo diritto
lo vedo bianco e duro,
gelido come un soffitto.

Sgretolo il biscotto dentro la mia tazza.
Dovrò lavorare anche a Pasqua?
Ero preparato, ricevo tue notizie,
sospiro senza pianto.
No, non ero preparato…
Ho ancora sulla lingua sapore di biscotto.
Mi scappa la pipì, quasi me la faccio addosso.

Io che la vita amo
(nel mio cuore arde una fiamma!)
prima chiamo il mio amico
poi chiamo la mia mamma.

Aprile 2020

*

Roberto Caracci

Nostalgia canaglia dell’Italiano medio

Mi chiama il mio amico, da Baggio, Roberto, e mi fa una telefonata tristissima. mi manca il calcio, mi dice. Mi mancano quei 22 uomini in mutande che inseguivano una palla. Che quando gettavano la palla nella rete urlavano il loro orgasmo animale e bestemmiavano davanti alla telecamera, che venivano fotografati proprio mentre si soffiavano il naso con l’indice e facevano schizzare sull’erba caccole argentee come grandine, che rispondevano alle tifoserie avversari indicando i genitali…. non so cosa darei per vedere su Sky una partita dell’oratorio, scapoli contro preti sposati, idraulici contro i mariti delle mogli che si sono ciulati, qualunque partita, il campionato dello Zambia o del Burundi.
La settimana aveva un senso se si aspettava la domenica e poi l’anticipo del sabato e poi il posticipo del lunedi’ e poi il pre-anticipo del venerdi’, e poi il mercoledi’ contro la Juve per gufare contro i gobbi maledetti e poi restare inchiodati alla partita della propria squadra ed esultare come maiali gettandosi sulla moglie senza mascherina e dirle “dai! diamo un fratellino a Carminiello!”. Bei tempi…tu come fai?
Eh, anche io sono molto triste…..
Io pensavo che Sky si prendesse troppo per farmi vedere serie A, Serie B e Champion, invece darei dieci volte tanto, 300 al mese per una partita di calciobalilla ‘uomini di legno contro facce di tolla’, ma come si fa, come si fa…tu come fai a resistere senza il calcio?….
mah, io ogni tanto nel sonno grido goal!!!! e mia moglie si illude che ogni volta sia quella buona per togliere la mascherina dalla faccia (la porta anche a letto) e metterci la giarrettiera….

*

Giancarlo Fascendini

si sfregano le mani brindano al cielo
i fabbricanti di cannoni per la guerra
imminente o provocata
coprono i cieli in tetri nuvoloni vendendo
allo scoperto e i derivati scarni
ficando carogne.
Gelide effigi
di una propria morte.
(Confuso) è il tempo dei particolari
di porre freno a distrazioni
fitto di strade che si fanno in due
a novanta gradi senza
conoscerne la china.
Le foglie della rosa
lucide piano
piene come due
guance di bambina

*

Giacomo Graziani

Ballata della noia

Non si vede la maniera di fuggire
dalla polvere invisibile e mortale.
Spolverate inutilmente scrivanie
siamo intenti ad accender fantasie
di ricette azzardate nella noia
donne ottimiste si danno all’esorcismo
di lucidare a cera i pavimenti.
Sono obliqui gli sguardi dei passanti
che incontriamo rischiando sulla strada.
Passano giorni vuoti e ormai son tanti
tutti uguali a legger libri stropicciati
a guardare la tv sempre distratti
e il telefono misura una distanza
di voci irraggiungibili che sembrano
provenire da un lontano Sudamerica.

10.4.2020

*

Massimo Pamio

ALL’UOMO DEI NOSTRI GIORNI E A TUTTI I POPOLI DELLA TERRA

Decalogo dell’uomo se vorrà futuro
1) Fino a che tutte le nazioni non faranno sedere sui loro Parlamenti un rappresentante delle associazioni ambientaliste e umanitarie e delle minoranze etniche, linguistiche, religiose e un rappresentante dei poveri, l’uomo non avrà capito nulla e dunque sarà destinato all’estinzione,
2) Fino a che tutti i Comuni non creeranno una commissione ambientale che vigili e decida sulla realizzazione di opere che comportino un intervento sul territorio,
3) Fino a che tutti i Governi del mondo non indichino nelle loro Costituzioni che la nazione è basata sui principi della gentilezza, del rispetto, del bene comune e della solidarietà,
4) Fino a che i Governi non riconoscano come “patrimonio della Terra” le foreste vergini dell’Amazzonia e dell’Indonesia concedendo un indennizzo annuale ai Paesi in cui insistono quelle superfici, che non dovranno essere sfiorate da passi umani,
5) Fino a che i Governi non riconoscano che bisogna creare una nuova economia etica, circolare, sostenibile, solidale, smantellando tutti gli attuali meccanismi commerciali,
6) Fino a che l’umanità non accolga l’uso di una moneta unica mondiale il cui possesso spetti ai popoli,
7) Fino a che l’uomo non comprenda che bisogna tornare a un’economia non solo agricola ma anche energetica a chilometro zero,
8) Fino a che l’uomo non comprenda che bisogna creare un’energia non inquinante favorendo invenzioni senza bloccarne la realizzazione,
9) Fino a che l’uomo non comprenda che la salute dell’uomo dipende da quella del pianeta, che la salute di ogni individuo è sacra, che l’esistenza di ogni individuo va rispettata al di là di ogni sua credenza, che ogni individuo è collegato all’altro strettamente e che la salvezza di ciascuno di noi dipende dalla salvezza dell’altro,
10) Fino a che l’uomo non comprenda che la felicità dell’individuo dipende da quella della comunità, e che la felicità comune è l’unica meta verso cui tendere, l’uomo non avrà capito nulla e dunque sarà destinato all’estinzione.

*

Angela Passarello

In quarantena

un cénno al mondo con la mano sigillata dal guanto
imbavagliati dalla bianca mascherina tacilingua
nell’incontro a distanza nemmeno il silenzio resta
timorati dalla bestia in agguato precipitiamo
nella fuga simili al topo di Kafka

*

Paolo Quarta

AI MIEI AMICI POETI

Vorrei dare un senso alle parole che scrivo, come fate tutti voi. ma il senso, almeno per me, è da cogliere nel silenzio; il che non è un buon affare per chi vuol scrivere ed essere letto.
Non saprei, del resto, quali parole usare; e sì che tante ne leggo, ne assaporo, tutti i giorni. così, di rado, mi muovo silenzioso di parole tra voi che scrivete, amici poeti. vorrei solo dirvi che ho immagini bellissime da descrivere con versi sublimi nella mia mente. ma lì dentro restano. hanno trovato casa, preso residenza e non ne vogliono sapere di essere sputate dalla lingua su di un foglio.
Ma credo che il senso della realtà che ci circonda, della vita che nasce e muore, della gioia, dell’amore, della riscossa, della vittoria e della gloria, esiste di per sé, non ha bisogno di parole per descriversi. è lì, granitica certezza davanti ai nostri occhi. il sole, il mare, il cielo sono lì, ad esempio; perché descriverli? non serve.
Se ciò è vero, allora la descrizione poetica assolve un’altra funzione, o forse due. è il fascino del narcisismo di ogni artista o è la pretesa di essere un interprete dei più che non hanno quel filtro nella mente. ho sempre pensato fosse così. l’arte, in qualunque forma sia espressa, ha una sua “utilità” solo se mette in bei versi, in bei quadri, in bella musica l’amore di un uomo semplice per la sua donna semplice.
“Tu che non sai scrivere, suonare, dipingere, prestami il tuo amore per lei, ne farò un sentimento universale”.
Non so, ho qualche dubbio. e quando il dubbio mi assale il silenzio prende il sopravvento. resta lì, fermo sulla porta, non lascia passare nulla all’esterno. mi guarda con i suoi grandi occhi neri e mi fa intuire che non serve parlare, non è utile, è ipocrita, che tutte le cose che avrei da dire non hanno alcuna importanza, che soddisferebbero solo il mio narcisismo.
Forse alcuni di voi, leggendo fin qui, pensano che sia meglio, dati i risultati, che io resti nel mio silenzio. vi chiedo scusa. solo che stasera ho voluto romperlo per cercare un contatto, almeno umano se non poetico.
O magari è solo che la pizza a cena era troppo pesante.

*
Adam Vaccaro

Cosa può insegnarci il coronavirus?

(Il testo che segue, già circolato in vari ambiti, può meritare accuse di sogni utopici, vedendo il gioco delle tre carte dell’attuale governo sul Mes, mentre dice una cosa e ne fa un’altra, mentre siamo rinchiusi in casa, impotenti, tanto che qualcuno ha detto, delitto perfetto!

Sembra di risentire la previsione di Leopardi (Zibaldone, 1820) di un dominio delle Nazioni del Nord Europa su quelle del Sud, o risuonare le parole di Foscolo, “Il sacrificio della nostra patria è consumato: tutto è perduto” – Maledetti poeti!)
Poi, certo, il futuro non dipende solo dalle ginocchia di Giove, per cui l’ottimismo della volontà (disperata) continua a dire: ascolta almeno qualche voce fuori dal coro!:

1) https://www.youtube.com/watch?v=J8OevVdRhTw&feature=push-fr&attr_tag=ZE4QUMfhBOUm1A3B%3A6 – Fusaro
2) https://www.youtube.com/watch?v=5neGPIr2UZ8  – Dragoni
3) https://www.youtube.com/watch?v=WxMbRNls1ilinkQ – Rinaldi

 

***
Il miglior regalo che potrebbe farci questo terribile coronavirus sarebbe quello di far saltare in aria la costruzione neoliberista dell’EU, che infiniti lutti addusse e dolori, e ancor più addurrebbe, ai popoli europei. Questo virus sta evidenziando oltre ogni dubbio le ingiustizie, le barbarie e le contraddizioni insanabili che permangono tra i vari interessi nazionali, risolti sempre a danno dei più poveri e a favore di una elite ristretta.
Anche a tanti fiduciosi iniziali sostenitori, appare evidente l’impossibilità di procedere con questa dittatura finanziaria (propagandata come massima libertà), sostenuta da un mainstream mediatico gigantesco e asservito alla ideologia dominante del pensiero unico. La forma di globalizzazione economica, messa in atto e che ne deriva, non tollera limitazioni democratiche e nazionali di ogni genere. Ogni relazione che sia conformata al dio profitto!, interessato a ridurci solo a merce e a consumatori, senza differenze identitarie. È un contesto che moltiplica la difficoltà, ma esalta insieme la necessità, di un pensiero critico che sappia recuperare un disegno umano, degno della nostra migliore civiltà culturale, magistralmente sintetizzata nella nostra Costituzione.
Credo che questo 2020 ci sfidi con due virus – corona e neoliberismo – e non so proprio quale dei due ci farà pagare il prezzo più alto! Dobbiamo dunque cercare di mettere in atto, singolarmente e collettivamente, sufficienti energie di autodifesa sociale che riescano a impedire ai poteri nazionali e internazionali del neoliberismo di utilizzare senza freni questa terribile occasione, per imporre arretramenti sociali ben più feroci di quelli che abbiamo finora visto. E, al tempo stesso, non va ovviamente tralasciata la necessità di elaborare tutti i mezzi possibili che ci consentano di resistere psichicamente e fisicamente, se l’attuale condizione di carcerazione domiciliare dovesse continuare, come penso, diversi mesi.

28 marzo 2020

*

Giuseppe Vetromile

Siamo chiamati ad una maggiore responsabilità
(L’arte e la Poesia in questi tempi di epidemia)

Questo tempo non fa per noi. Improvvisamente ci siamo resi conto della nostra fragilità, della nostra inadeguatezza di fronte al male che forse noi stessi abbiamo generato, attraverso l’uso indiscriminato delle risorse, gli avvelenamenti, gli inquinamenti, le trasformazioni forzate della materia a nostra disposizione, il depauperamento della flora e della fauna e altre deleterie cause di sfruttamento esagerato. Una Natura squilibrata che ora, forse in virtù di processi e meccanismi a noi ancora ignoti, cerca di rimettere ordine nel caos da noi generato. Dovremo forse abituarci ad un ordine nuovo delle cose, ad una nuova filosofia di comportamento, ponendo in primo piano il rispetto e l’amore nei confronti non solo del pianeta che ci ospita, ma anche verso noi stessi e verso il prossimo. Una maggiore consapevolezza e responsabilità ci chiama.
Penso che l’arte, e nel nostro caso la Poesia, possa dare un valido contributo in tal senso. Riflettendo, descrivendo, denunciando, indicando, proponendo.
Ecco qui di seguito alcuni miei versi in proposito:

Bisognerà aspettare i tempi della cicala morta
per tornare a frinire le nostre avventure
in cima agli alberi
a dispetto del vento che ci toglie ogni ala
e ogni appiglio ai rami secchi

ora il modo migliore è custodirci
al riparo del pianeta che più non ci
trastulla né ci accarezza
con le sue mani intorpidite

troveremo una soluzione al male che
ci attanaglia – è certo

quando anche l’ultimo abbraccio
sarà memoria d’uomo
dispersa in riva al mare

8/4/2020

One comment

  1. Fabia Ghenzovich ha detto:

    Vi invio una poesia scritta in questo periodo nel tempo del coronavirus,
    un piccolo contributo a quanto ho già letto ringraziando per l’iniziativa.

    Come in un film d’epoca
    gli alieni dunque siamo noi
    sterminati dal virus. Noi
    i parassiti che infestano
    il pianeta in fiamme
    le stellette sventolando
    dell’apocalisse
    che ci sta a pennello addosso.

    Questa implacabile
    immobilità a risucchiarci
    nel disordine delle stanze
    in sillabe ruffiane
    che del vuoto esplorano un nuovo
    senso carnale insomma evidente
    che almeno un poco brilli

    la vita non soltanto
    differita al solito refrain
    di un somaro occhi bassi e spallucce
    che tra sé e sé bofonchia

    è sempre meglio di niente.

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