Anticipazioni-Fabia Ghenzovich

Pubblicato il 15 dicembre 2017 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
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Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa

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Fabia Ghenzovich

Tre inediti: La nudità

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con una nota di Luigi Cannillo

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Ho scelto una poesia che rispetto ad altri miei testi, presenta versi più lunghi, raccontando attraverso figure e immagini metaforiche. In questo caso: due ritratti e una poesia introduttiva, perché è rispetto a questa nudità della parola e dell’essere, che i personaggi delle due poesie successive si confrontano per mancanza, quando la parola diviene mezzo di profitto e intrallazzo, o il linguaggio non verbale, ammicca in una maschera di narciso. C’è però qualcosa che tradisce, in negativo o in positivo, lasciando intravedere una possibilità diversa.

Fabia Ghenzovich

Nudità

Dico – la nudità –
qualcosa di integro insomma
come alba o natale ma corporale
dico ecco la voce pulita sotto strati e strati
la voce dal fondo che spiazza
ogni parola vassalla che non suona
che non filtra più la luce.

Piccolo predatore

Al saldo di chi in seno ad un vuoto s’insinua
sguazza covando patogene imperfezioni
così chiede il conto sempre a propria discolpa
tra fazioni di pensieri e patteggiamenti.
Solo all’ombra del dubbio mastica amaro
al sentore del primo crollo
a irrigidirsi.
Piccolo predatore ingurgita avanzi di sogni
temendo il suo uguale si guarda intorno
col sospetto gli sia sfuggito il senso
dei suoi disanimati commerci
e cade a pezzi mentre turbato si chiede
perché non mi riesce più di mentire?

Occhi di pavone

Premono ombre di solitudine all’angolo cieco.
Così diviso tra sistole e diastole così compresso
di chiari e di scuri stenta una più viva fiamma
negli occhi troppo prudenti dietro occhiali fumè
occhi di pavone che invitando escludono
a volte distanti raramente stupiti
per l’ironia dell’istante quando il volto tradisce
una gentile fossetta come un tic
una fessurina intima quasi infantile
quel piccolo colpo di reni
che può farti campione della tua vita.

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Fabia Ghenzovich è nata a Venezia dove vive. Ha pubblicato “Giro di boa” (Joker edizioni 2007), “Il cielo aperto del corpo” (Kolibris 2011- menzione speciale al premio Astrolabio 2013), riproposto in ebook su La Recherche, “Totem”( Puntoacapo Editrice 2015 – II° premio nazionale Anna Osti 2016, finalista al premio internazionale “Sulle orme di Leopold Sèdar Senghor” 2015, finalista al premio nazionale “Tra Secchia e Panaro” 2016, menzione speciale al premio Lorenzo Montano 2016 ). Ha avuto premi a concorsi di poesia: secondo premio per la silloge inedita al concorso Guido Gozzano 2009, terzo premio al concorso nazionale poesia scientifica Charles Darwin 2014. È inserita in numerose antologie tra le quali: “Blanc de ta Nuque” – uno sguardo dalla rete sulla poesia italiana contemporanea – a cura di Stefano Guglielmin (edizioni Le Voci della luna 2016) e nel Tomo II° “Il Fiore della poesia contemporanea” (Puntoacapo editrice 2016). Ha partecipato a numerosi festival tra i quali: Festival Internacional Palabra en el Mundo (Venezia 2013 e 2016). E diverse sono state, nel corso degli anni, le adesioni e partecipazioni a eventi di Milanocosa, tra le quali Menti e Mondi della Giornata Mondiale della Poesia del 2005, e Quintocortile del 2007.

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Nota di lettura

In questa sequenza le poesie di Fabia Ghenzovich pongono chi legge davanti a una contrapposizione, un bivio apparente. Da un lato l’affermazione della autenticità nella nudità, lo spogliarsi dalle sovrastrutture, dagli atteggiamenti di maniera e d’occasione, per ritornare a una integrità originaria. Ci si riferisce qui a un atteggiamento etico in primo luogo, che ha però i suoi fondamenti e i suoi effetti nell’uso della parola intesa sia come pura comunicazione che come lingua poetica che ritorni in libertà a “filtrare la luce” senza essere vassalla di una forma di potere. Dall’altro lato la seconda e la terza poesia rappresentano forme contrarie alla autenticità: il calcolo, l’opportunismo del piccolo predatore abituato a mentire per realizzare minimi vantaggi e profitti – in un mondo di predatori ben più feroci – e le forme di simulazione e dissimulazione, legate anche al linguaggio del corpo, che ostacolano l’espressione e la realizzazione spontanea della propria esistenza.
Il contrasto si esprime anche linguisticamente e testualmente con forme diverse: per la definizione della nudità in modo più assertivo e perentorio, annunciato dal “dico” iniziale e, nei versi finali, dalla ripetizione del pronome relativo. Invece con versificazione più sinuosa e rapsodica, di misura più lunga, per la descrizione delle tipologie che si discostano dal concetto di autenticità.
Il bivio però è solo apparente. Certo, possiamo scegliere quale strada percorrere tra le due. Ma la contrapposizione si riferisce a un fenomeno che si può considerare complessivamente. Il rapporto tra la ricerca dell’autenticità, nel porsi nudi davanti alle scelte di rappresentazione di sé, (sia sulla scena sociale che in quella letteraria) e le forme che tale rappresentazione può e deve assumere è fondante del nostro essere/agire; è un coesistere di necessità e ricerca, per il quale piuttosto che un atteggiamento opportunistico e altalenante è fondamentale la dialettica tra etica ed estetica, il dialogo incessante tra il Sè e le Forme.

Luigi Cannillo

10 comments

  1. Salvatore Violante ha detto:

    Come sempre, Luigi Cannillo va subito al problema di questa poesia che è poi il problema della Poesia: il bivio davanti al quale si trova sempre il poeta stretto dall’esigenza dell’autenticità del dire e quella del come dirlo. La poeta Fabia Ghenzovich, non a caso, chiarisce la cosa nell’ultima poesia:
    “(…)quando il volto tradisce
    una gentile fossetta come un tic
    una fessurina intima quasi infantile
    quel piccolo colpo di reni
    che può farti campione della tua vita.”

    La chiusa è quella giusta. Serve a far comprendere che la parola non sempre è uguale a se stessa. Come un elastico, può dilatarsi, scavalcare il limite formale e strutturale, andare oltre i muri e i cocci di bottiglia. C’è bisogno del tic, di quell’atto poetico che si fa profetico quando arriva inatteso, creando un campo di forze, una polarizzazione affettiva decisiva per trasformare un racconto o una esrcitazione letteraria in lingua della Poesia.

    • Luigi Cannillo ha detto:

      Grazie a Salvatore Violante per la sua osservazione. Effettivamente la scrittura poetica, come l’opera letteraria in generale, può essere una forma di distorsione dell’impulso originario, a volte perfino una sua smentita. Eppure l’autenticità, al di là della fedeltà all’impulso originario, è elemento essenziale nell’onestà della scrittura, il non compiacimento di dettami o dogmi letterari, del gusto altrui. In questo senso io parlerei di nudità e autenticità, se ci riferiamo alla libertà di un autore, nella necessità e nella consapevolezza di ciò che si scrive.

      • Salvatore Violante ha detto:

        non posso che essere daccordo con te caro Cannillo. Il cervello non funziona per reparti stagni:l’intelletto di ragione anche quando prevale comunque si tira dietro quello che è l’intelletto d’amore e viceversa. Lo affermavo in una nota sul funzionamento cerebrale in relazione alla poesia su Blanque de ta nuque.

  2. Fabia Ghenzovich ha detto:

    ringrazio Luigi Cannillo per la sensibilità critica con cui hanno colto gli aspetti portanti di queste mie poesie e Salvatore Violante per aver evidenziato nei versi finali che cita, quel click o tic necessario nel farsi spazio aperto della poesia.

  3. Lucia Guidorizzi ha detto:

    Molto interessante la lettura di Luigi Cannillo in merito a questo trittico di Fabia Ghenzovich sul tema della nudità. C’è una nudità umana che è la grazia dell’essere esposti, vulnerabili ed integri nell’offrirsi alla relazione con l’Altro con gli altri e la nudità che viene smascherata dall’innocenza dello sguardo infantile che smonta tutte le sovrastrutture manipolatrici della politica e dell’economia fino a gridare la parola magica che svela e rivela “Il Re è nudo!”
    Fabia con la sua poesia ci racconta la Verità è nuda e coraggiosa nella sua essenzialità.

  4. Adam ha detto:

    Mi compiaccio per queste considerazioni e questi scambi che, a partire dai versi di Fabia, dicono e confermano la complessità della scrittura. Complessità che tutte le ricerche del ‘900 hanno evidenziato, dalla psicoanalisi alle nuove scienze, dalla biologia agli orientamenti fenomenologici, fino alla fisica quantistica. Se la scrittura non è generata (solo) dall’Io o dal Superìo, o (solo) dall’Es, ma da una soggettività molteplice quale è il Sé, che li ricomprende, sta in questo il paradosso della sua falsa verità e dell’impossibilità dell’autenticità, come punto di arrivo definitivo. E’ il paradosso che fa dire “l’io è un altro”, o che l’autore non esiste, o esiste solo se si fa voce di più voci, se si fa plurale e molteplice, sia con senso intrasoggettivo che intersoggettivo. Queste voci non sono riducibili ad unum, ma possono agire nel poièin e inventare una forma/forme in cui essere adiacenti, moltiplicando i piani, i sensi e l’operatività mentale, intesi quali funzioni di tutto il corpo e di quel cervello bagnato (Levi-Montalcini) che sono la materia viva della nostra identità umana. I versi di Fabia dicono e sanno misurarsi, aprono a tali orizzonti di complessità della poesia che cerchiamo, colti con acume sia da Cannillo che dai commenti aggiunti.

    Adam

  5. Fabrizio Bregoli ha detto:

    Scarnificare la parola poetica, restituirla alla sua nudità è forse la strada ultima della poesia nel mondo mercificato e dogmaticamente pratico in cui viviamo e che consente la rinuncia ad un’etica. Infatti l’etica è prima di tutto estetica, se la ricerca del bello non può prescindere dalla forza attrattiva del bene che lo deve permeare, ne rappresenta la motivazione. Credo che Fabia sia bene riuscita in questo suo intento, con una parola essenziale, liberata da ogni letterarietà o compiacimento di canto, a smascherare il servilismo convenzionale della nostra società, dove sono la predazione onnivora ed il narcisismo parossistico a dettare legge (purtroppo, quest’ultimo, anche in certa poesia). Come non mai serve ” quel piccolo colpo di reni / che può farti campione della tua vita”.

  6. Fabia Ghenzovich ha detto:

    “E’ falso dire: Io penso, si dovrebbe dire: io sono pensato. Scusi il gioco di parole: io è un altro”, Artur Rimbaud. Potrebbe essere come dire: ascolto il pensiero nel suo originario fiorire in me. Ecco, in questa rigenerazioine che è poi la continua rigenerazione del mondo, potrei riconoscere la molteplice soggettivita’, la pluralità come materia viva di identità umana, di corpo e mente, come dice Adam, e pensare alla relazione di tutti noi, uomini e donne, attraverso le parole di Erwin Schroedinger (premio nobel per la fisica): per quanto possa sembrare inconcepibile al senso comune, voi e tutti gli altri esseri senzienti, costituite un tutto indivisibile”. Ecco un altro paradosso: la mercificazione di tutto e tutti, che ci pone l’urgenza di dare significato alla nudità, restituirla alla parola, come Fabrizio ha evidenziato. Vi ringrazio per avermi dato l’occasione di nuove riflessioni e domande che spero siano e saranno motore e incentivo a “quell’orizzonte di complessità della poesia che cerchiamo”.

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