Gioia

Lo chiameremo Olmo

Pubblicato il 29 aprile 2013 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Lo chiameremo Olmo

di Patrizia Gioia

Dicono che le radici dei frondosi – e perchè no, irrispettosi- olmi di via Mac Mahon danno noia alle rotaie del tram, del resto radici simili mica possono prosperare dentro una prigione d’asfalto, cella in cui furono trasferiti ai primi del novecento, dopo essere stati, volenti o nolenti, sfrattati dalla loro casa, il marciapiede davanti alla nostra di casa, dove gratuitamente offirvano respiro e bellezza.

Non è che potremmo qualche volta essere sinceri e dirci che con le rotaie abbiamo violato per la seconda volta la casa di questi nostri poveri amici olmi e dirci che non ce ne frega niente della nostra prepotenza, anzi questa volta siamo ancora più bruti e, alla faccia anche di Dante, li abbatteremo, ma siccome continuiamo ad essere finti cristiani e finti esseri umani, imbevuti di buonismo e sensi di colpa, ci diciamo che ne metteremo

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Il genocidio della cultura

Pubblicato il 16 maggio 2010 su Resoconti Esperienze da Adam Vaccaro

La politica in atto di genocidio della Cultura

Tagliare fondi alla vera Cultura, è come mettere una bomba su un ponte cosmico, come minare le rotaie di una mondiale ferrovia, come spezzare le gambe e il cuore ad ogni figlio futuro, perché è rendere sterile  la forza comunicativa generativa e dialogica del viaggio umano, che dal relativo volge e si spinge ogni volta verso l’assoluto.

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Crocifisso e interculturalità

Pubblicato il 6 novembre 2009 su Saggi Società da Adam Vaccaro

L’esperienza di Dio non è monopolio delle religioni

Patrizia Gioia

Partendo da questo illuminante pensiero di Raimon Panikkar, potremo, se davvero ci fermiamo a pensare con la testa ed il cuore, rispondere personalmente, prima di tutto a noi stessi,a questa domanda che ha scatenato drammatiche battaglie da più parti: che ne facciamo del Crocefisso?

Da anni “coltivo”, dentro me e fuori di me, questa difficilissima terra dove il dialogo interculturale e interreligioso è sempre più necessario e dove il pensiero di Panikkar è di vitale guida per il mio cammino. Il punto più difficile da accettare è quello di non temere di smarrirci nell’altro, perché è solo perdendo la nostra identità e, se serve anche la nostra fede, che davvero incontreremo l’altro da noi e noi stessi più in profondità. È la paura che ci rende aggrappati a sterili certezze, certezze che non esistono e che, sciogliendole, ci aprono alla meraviglia della differenza. Riconoscere che non ci sono universali culturali, anche se ci sono invarianti umane è il passo che ci apre all’incontro e non allo scontro.

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