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DARIO FO & FRANCA RAME
Il dubbio e' il padre di tutti i cambiamenti

Siamo arrivati a meta' del secondo mese di guerra e Zucconi, su Repubblica, ci racconta che in Usa molti iniziano a porsi alcune domande: "Stiamo vincendo? Stiamo combattendo questa guerra giusta nella maniera giusta? E' lecito discutere i metodi, senza essere accusati di mettere in causa l'obiettivo?"
"Il fronte interno sta diventando un campo minato per il Presidente", ammette il New York Times.
La mina non e' il pacifismo, ma il realismo, come vogliono la storia e la natura pragmatica dell'America."
Piano piano si scopre che i generali hanno mentito e non hanno un progetto concreto per catturare Osama Bin Laden. E si inizia a mormorare che "la cattura del "profeta del terrore" non e' neppure un obiettivo
essenziale, perche' Osama potrebbe essere il simbolo, neppure il vero cervello, di un'organizzazione che ha troppi tentacoli per essere distrutta con una sola amputazione".
I bombardamenti continuano a un costo medio di 30 miliardi di lire al giorno e i giornalisti dei maggiori quotidiani americani iniziano a chiedersi quante volte sara' bombardato ancora un aeroporto gia' distrutto. E il presidente della Commissione Esteri del Senato, senatore Biden, ha dichiarato che l'esercito Usa rischia di apparire agli occhi del mondo come "un bullo high tech" che bombarda inutilmente un cumulo di macerie.
Senza contare che a fianco delle salme di centinaia di vittime innocenti fra poco ci saranno le decine di migliaia di morti per fame e malattie tra quei 7 milioni di disperati afgani che vagano su quei terreni aridi e che presto saranno raggiunti dall'inverno. Insomma l'immagine di una guerra trionfale che facesse giustizia per le stragi dell'11 settembre si e' di molto appannata. E si inizia a temere che in Afganistan ci si impantani senza riuscire a inferire un colpo decisivo ne' ai Talebani ne' ai terroristi, che si nascondono o in rifugi sotterranei irraggiungibili o in mezzo alle popolazioni inermi, usandole come scudo umano.
La realta' si mostra piu' aspra delle speranze. E non solo in Usa le speranze vengono spezzate. Sergio Romano, sul Corriere della Sera, lamenta che Berlusconi sia ormai additato a livello europeo come un dittatorello. Dice Romano: "Spiace constatarlo, ma si direbbe che Berlusconi stia diventando, per una parte della opinione pubblica europea, un piccolo Milosevic contro cui esercitare una continua vigilanza democratica." E Romano ci racconta vari episodi raccapriccianti: "Due settimane fa, alla vigilia di un viaggio di Berlusconi a Norimberga (poi cancellato), il giornale Nuernberger Nachrichten pubblico' un appello, firmato da un centinaio di intellettuali e professionisti, in cui la visita del premier italiano era definita "un'offesa alla citta' della pace e dei diritti umani".
Berlusconi vi era descritto come "antidemocratico", corresponsabile dei "brutali comportamenti" polizieschi di Genova, autore di leggi che lo proteggono dalle azioni giudiziarie promosse contro la sua persona.
Questo appello e lo zero in profitto che il ministro degli Esteri belga dette a Berlusconi in una intervista radiofonica sono soltanto le forme piu' clamorose di una campagna che ha assunto nelle scorse settimane
dimensioni preoccupanti. Con poche eccezioni (ad esempio il Wall Street Journal ) il lettore trovera' giudizi analoghi, anche se espressi con maggiore finezza, in molti giornali stranieri, dal New York Times a Le Monde, da Business Week all' Economist. Persino la Bbc ha dedicato a Berlusconi un servizio pungente. Persino una grande agenzia di stampa, la Reuters, abitualmente distaccata e neutrale, ha terminato un suo
dispaccio, qualche giorno fa, con una frecciata ironica contro di lui." Sergio Romano arriva ad ammettere che questa situazione ci danneggia come italiani:"incide sulla nostra credibilita'".
Cioe' siamo in presenza di un fatto grave. Tanto che Romano ha uno scatto d'orgoglio e arriva, pensate, a muovere una critica contro Berlusconi. Egli dice addirittura: "All'origine delle critiche vi e' naturalmente il conflitto d'interessi. Accade cio' che molti avevano previsto e su cui avevamo cercato, inutilmente, di attirare l'attenzione del presidente del Consiglio: quando il governo modifica la natura dei reati economici o il regime delle rogatorie, i giornali stranieri drizzano le orecchie e scendono sul sentiero di guerra."
Insomma, Berlusconi, dopo aver stravinto, si trova in difficolta'. Il pacchetto di leggi "salva furbi" che il governo sta varando a passo di carica sembra una vera follia perche' nel bel mezzo di una crisi di proporzioni mondiali diventano strumenti utili ai terroristi, ai mafiosi e a chiunque voglia infrangere la legge.
E persino Sergio Romano se ne accorge. E quando se ne accorge lui vuol dire che la situazione e' veramente grave.
Finendo il suo pezzo Romano pone anche una domanda interessante, chiede all'Ulivo che spieghi "perche', nei cinque anni in cui e' stato al governo, il centrosinistra non ha votato una legge sul conflitto d'interessi
e non ha ratificato la convenzione italo-svizzera sulle rogatorie".
Ecco questo vorremmo sapere anche noi.

Da "Il C@c@ao della Domenica", 28/10/2001

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