Versinguerra
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STELLA
SAVINO
Non so ancora cosa
ma i cristalli di sale si scioglieranno
e le mosche
non avranno più da succhiare
Ceneri
Volti, volti su volti
tetti su tetti, spazi
imponenti
Mondo vanesio diserti l'assenza
ti porti trofeo
sgraziata colonna
d'Impero
teatro di pietra, scena
attesa
gloriosa attesa nell'aria assonnata
incredula della campana la morte
blasfema e profana proclama
un bianco delirio senz'ossa
lapidato sull'asfalto
Mozzata la mano al bambino, mortificata
la storia, il mio essere donna oggi
non so testimoniarla
Vedo orge di uomini ammassati
piloni d'acciaio
fiumi in piena
discesi nel fango
fiori sbocciati
divorati da rossi leoni
prigioni ricolme di schegge
corpi
immense fosse deserte
le tue ossa nude sul mio petto
*
Larva putrida d'un deserto d'anime
larva bruna di terra d'agosto
sonno lento, avvizzito, congeli gli arti
ossuto sudario di calvizie estranee
ai miei denti di polvere e cemento
Il mondo intero è niente dentro l'ore del giorno
infiammato di noia lucente che spegne
la notte ritmata in tamburo
in eco di iena
tronco e ramo salvato all'acido ozonico
spento dalla sorgente che lo riporta al mare
con i detriti del niente
e risale in forma certa e chiara
di luna campestre
*
Metti via il pane
per i giorni che verranno
quelli da vedere
seduti attorno a un tavolo.
Si dirà che anche questa vita è andata
si è compiuta nella trama
si è cambiata come cambia pelo il cane.
Metti via il pane, allora
per i giorni di grama
quando non ci saranno fiori
da odorare né fiori finti per colorare.
Le mele che hai davanti
rosse in mezzo alle arance
invecchiano veloci e prima
che faccia buio saranno marce.
Metti via il pane sorella
per la tua pazzia
che la mollica ne assorba l'odore
insieme all'alcool
che ti fa sudare quel sudore acido
che gli altri, tutti, denigrano.
Metti via il pane, amore
per quando semplicemente avrai fame
e la crosta anche
la si può succhiare, farla durare.
*
Un po' d'incertezza sul mio domani
si staglia minaccia di fame
di povertà
un osso per favore che ho da mangiare
se voglio ancora pensare.
Mi riposo sotto un albero imponente
difesa di spighe, di meli d'Oriente
frutti beati santificati
piovono, tenere carni
chiarori a stanare
i lupi dalle stalle
i fieni alberghi
dalle mie natiche.
Spalanca le fauci mondo ottuso
sublime
che in corsa pazza rimbalzi nella pelle dell'altro
se anche fossi l'altro
ripensandoci
lo stesso rimarrei bruciato.
Stella Savino
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