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MARCO PALLADINI
Oblio di guerre (che continuano)
Il silenzio accompagna file d'ombre armate
tagliano il fianco alla montagna glabra
appaiono i villaggi indolenti macerie escarnate
Casupole di fango e sterco secco piagate e come erose
nella melma i pali cogli scalpi e le teste decollate
intorno si contano a decine le bombe inesplose
Piste pietrose o strade deserte ridotte a un pantano
il vento sibila infamie nelle sventrate carcasse dei carriarmati
ai posti di blocco si beve, si bestemmia o si ride piano
Il nemico è dappertutto, una vibrazione nell'aria
giù nelle fredde valli, nelle scure macchie dei campi
riparte l'offensiva, non serve la tattica ordinaria
Nidi di mitragliatrici piazzati ad arte sulle alture
s'infiltra la guerriglia per le strette gole di roccia
incubi bellici che innescano azioni premature
Con un boato soffocato il razzo sorvola fiumi vorticosi
replicano rombi di cannoni e accidiosi colpi di mortaio
neve frolla e buche nere, i morti giacciono, già copiosi
Si continua a sparare sul greto, in mezzo alla vegetazione
poi si ritirano i blindati a sobbalzi sull'asfalto squassato
l'odio è un fremito che l'anima divora e tutta la nazione
Distanti, obliate mattanze, così vicine come orridi obitori
gli ingenui pensano che cesserebbero le guerre sante
se dio, jahvé e allah si dichiarassero i primi disertori
Marco Palladini
maggio 2001
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