La giustizia negata

Pubblicato il 3 agosto 2013 su Temi e Riflessioni da Adam Vaccaro

Abbiamo scelto alcuni degli articoli – di Giuseppe Di Lello, Antonio Padellaro e Marco Travaglio – che fanno al meglio il punto della situazione, dopo le speranze suscitate dalla sentenza della Cassazione.

Come previsto, il PDL sbraita e minaccia, mentre tra PD sbrindellato, moniti alla Napolitano e carenze del resto è difficile vedere sviluppi di uscita civile dalla situazione. In cui una massa di cittadini sta sempre peggio e la casta politica continua a garantire solo se stessa.

Gli articoli che seguono sono stati ripresi e diffusi anche da “PAGINE ON LINE”

Rassegna stampa quotidiana per l’informazione, la partecipazione e l’alternativa, a cura di Alfredo Giusti

A.V.

LARGHE INTESE CON UNO COSÌ ?

Antonio Padellaro sul Fatto quotidiano di venerdi 2 agosto 2013

La prima cosa che viene in mente è: ma come si permettono di manomettere la Costituzione italiana questi signori delle larghe intese quando il leader primario dell’alleanza di potere nata sul tradimento del voto popolare è da ieri ufficialmente un pregiudicato, condannato in via definitiva dalla Cassazione per il reato gravissimo di frode fiscale? Le 200mila firme raccolte in pochi giorni sotto l’appello del Fatto ora possono diventare rapidamente 500mila. Forza, dimostriamo che la democrazia dei cittadini è più forte dei giochi di palazzo. La seconda considerazione riguarda il pregiudicato Silvio Berlusconi. Che a tarda sera ha lanciato il suo videomessaggio elettorale. L’aria sofferente, lo sguardo lacrimoso, ci ha raccontato la solita barzelletta del grande imprenditore e dell’eccelso statista perseguitato dalle toghe rosse per poi concludere la tiritera annunciando l’intenzione di riprendersi il governo del Paese riesumando il cadavere di Forza Italia.

Del resto, un necrologio lo merita anche il governo del Letta nipote che, al di là delle frasi di circostanza sulla tenuta della maggioranza chiamata ad affrontare i problemi del Paese eccetera eccetera, assomiglia molto a un morto che cammina. Già nella primavera prossima in coincidenza con le elezioni Europee si potrebbe tornare alle urne. Una deriva che neppure la riforma della giustizia “allo studio” offerta da Napolitano al leader pregiudicato (proprio la persona giusta) servirà ad evitare. Bisognava pensarci prima: si sapeva dall’inizio che le questioni giudiziarie del miliardario di Arcore erano come una bomba ad orologeria. Ma i grandi strateghi dell’intesa Pd-Pdl non hanno sentito ragioni. Peggio per loro. Gli italiani per bene possono esultare: per la prima volta dopo vent’anni la legge è davvero uguale per tutti.

Il pregiudicato costituente

di Marco Travaglio sul Fatto quotidiano del 2 .07.13


Oddio, hanno condannato Berlusconi e nessuno sa cosa mettersi. Del resto, chi l’avrebbe mai detto che il compare di Mangano, Gelli, Craxi, Dell’Utri e Previti – per citare solo i migliori – già amnistiato per falsa testimonianza, prescritto due volte per corruzione giudiziaria e cinque per falso in bilancio e una per rivelazione di segreto, tuttora imputato per corruzione di senatori e indagato per induzione alla falsa testimonianza, nonché condannato in primo grado a 7 anni per concussione e prostituzione minorile, avrebbe potuto un giorno o l’altro diventare un pregiudicato? Era tutto un darsi di gomito, uno strizzare d’occhi, un “tutto si aggiusta” all’italiana, con leccatine agli “assi nella manica” del sommo Coppi, dipinto come il mago di Arcella che fa assolvere i colpevoli. Invece da ieri anche la Cassazione, grazie a cinque giudici impermeabili a minacce e pressioni e moniti, ha detto ciò che chiunque volesse sapeva da tempo immemorabile: Silvio Berlusconi è un fuorilegge, un delinquente matricolato, colpevole di un reato – commesso anche da premier e da parlamentare – che in tutto il mondo lo porterebbe dritto e filato in galera per un bel po’.

In America, per incastrare il suo spirito guida Al Capone, bastò la frode fiscale. In Italia, grazie anche all’indulto-insulto regalatogli da un centrosinistra così tenero che si taglia con un grissino, Al Tappone finirà ai domiciliari per un annetto. O, se li chiede, ai servizi sociali. I giudici milanesi lo manderanno a prendere dai carabinieri in autunno, non appena riaprirà il Tribunale. L’ignaro Epifani annuncia tonitruante che il suo Pd, se necessario, è pronto a rendere esecutiva la sentenza: non si dia pena, la sentenza è esecutiva a prescindere da lui. Come tutto il resto. Per arrestare un condannato, anche se parlamentare, non c’è bisogno di Epifani, né del Parlamento, né di nessuno. Piuttosto sarebbe interessante sapere con che faccia il Pd possa restare alleato con un pregiudicato prossimo all’arresto purché non faccia troppo casino: come se qualche parola o manifestazione scomposta fossero più gravi che mettere in piedi una monumentale frode fiscale.

E con che faccia il premier Nipote possa restare al governo col sostegno di B., magari per tuonare contro l’evasione fiscale, senza che gli scappi da ridere, a lui e a suo zio. Ma questa è la “separazione dei poteri” come la intendono i nostri politicanti: se un politico è indagato, attendono il rinvio a giudizio; se è rinviato a giudizio, attendono la condanna; se è condannato in primo grado, attendono l’appello; se è condannato in appello, attendono la Cassazione; e se è condannato in Cassazione, imboscano la sentenza in un cassetto perché bisogna separare la giustizia dalla politica. Solo sull’interdizione, quando sarà ricalcolata dalla Corte d’appello e confermata dalla Cassazione (pochi mesi), il Senato sarà interpellato: ma per ratificarla, non per discuterla o ribaltarla (è questa, cari analfabeti, la separazione dei poteri). E comunque i nostri tartufi si scordano un piccolo dettaglio: l’anno scorso Pd, Pdl e frattaglie centriste approvarono la legge “liste pulite” che dichiara decaduti e incandidabili i parlamentari condannati sopra i 2 anni: dunque neppure se fosse interdetto per un solo giorno B. potrebbe restare senatore e ripresentarsi alle prossime elezioni. A meno che, si capisce, l’abrogazione di quella norma giustizialista votata anche da B. non faccia parte delle “riforme della giustizia” invocate da Re Giorgio un minuto dopo la prova che la giustizia funziona. Ora i soliti idioti dicono che la Cassazione ha condannato 10 milioni di elettori del Pdl (che sono molti di meno): no, ha condannato un solo eletto. Ma anche, simbolicamente, tutti quelli che – sapendo chi era – l’hanno legittimato, ricevuto, favorito, riverito, salvato, strusciato, addirittura promosso partner di governo e padre costituente: da Napolitano in giù. Vergognatevi, signori. E rassegnatevi: la legge, ogni tanto, è uguale per tutti.

Sentenza alata, ha vinto la giustizia

di Giuseppe Di Lello sul Manifesto di venerdi 2 agosto 2012

Silvio Berlusconi è stato condannato con sentenza definitiva a quattro anni di carcere per frode fiscale, mentre è stato rinviato alla corte d’appello per la sola rideterminazione della pena accessoria per la interdizione dai pubblici uffici, erroneamente calcolata in cinque anni. La cassazione, senza farsi risucchiare dentro le larghe intese come la si supplicava da più parti, ha fatto il suo mestiere di giudice di legittimità riaffermando la correttezza delle due sentenze conformi di merito: questa volta non ci sono state toghe rosse contro cui imprecare. I giudici di Milano hanno dimostrato con i fatti che il Cavaliere, pur negando sdegnato il conflitto d’interessi, ha sempre diretto Mediaset e non c’è da scervellarsi per capire come se l’è ripetutamente cavata prima, con leggi ad personam, la prescrizione abbreviata, il falso in bilancio cancellato ed altre simili abnormità. Con un curriculum giudiziario di tal fatta, specie dopo lo scandalo della sentenza Mondadori e della prescrizione per corruzione della Guardia di finanza, in un altro paese sarebbe già scomparso politicamente da tempo, mentre da noi ha resistito anche grazie a venti anni di virtuosa opposizione di facciata e di supporto al suo impero televisivo, con il conflitto di interessi sempre agitato come spauracchio e mai tradotto in legge.


Certo in un paese normale sarebbe stata auspicabile una sconfitta politica, ma in uno stato di diritto, dove la separazione dei poteri è il cardine della democrazia, anche le sentenze svolgono il loro ruolo di controllo della legalità e da esse non si può prescindere. Non a caso, proprio su questo punto il Pdl, sempre pronto a scagliarsi contro la politicizzazione della magistratura, negli ultimi tempi aveva invocato un atto di responsabilità della Cassazione e, cioè, una sentenza politica di assoluzione che mettesse da parte i problemi giuridici risolti nei primi gradi del merito e difendesse il quadro istituzionale su cui oggi si regge la non troppo strana maggioranza di governo.


Quando arriverà la pena accessoria “rideterminata” si porrà il problema della decadenza del Cavaliere dal suo status di senatore con una pronuncia del Senato, dato che per l’art. 66 Cost. è questo che dovrà giudicare delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e incompatibilità di uno dei suoi membri. Credo che il Senato dovrà solo prendere atto della sentenza poiché il godimento dei diritti civili e politici è una precondizione per essere eletti e per continuare a far parte del Parlamento: a meno che non si vorrà riproporre, questa volta in maniera devastante per le istituzioni, la farsa del voto sulla nipote di Mubarak.

Qui i dilemmi del Pd si accentueranno e, a fronte di una tradizione ventennale di salvataggio del Cavaliere e di una strenua difesa del governo Letta, le rassicurazioni provenienti da quell’area non rassicurano affatto. Ne è un indizio la strana intervista data ieri a Repubblica da Dario Stefàno, ex democristiano prestato a Sel e presidente della giunta del Senato per le autorizzazioni, nella quale si prevedevano tempi lunghi per la decisione con una eventuale: “apertura di una complessa, e credo non brevissima, fase di approfondimento istruttorio anche attraverso l’attivazione di un eventuale apposito comitato inquirente”. Con anni di giurisprudenza parlamentare alle spalle e con la Costituzione e leggi elettorali alla mano, ci sarà davvero da insediare un “comitato inquirente” per stabilire che chi non gode più dei diritti politici non può sedere in Parlamento?


Pena accessoria e interdizione a parte, è difficile dire quello che ora succederà al governo e alla legislatura anche perché lo scenario è inedito, ma i buoni samaritani del centrosinistra non potranno più far finta di nulla di fronte ad un leader della destra condannato per frode fiscale nel contesto di un conflitto di interessi conclamato e passato in giudicato. C’è materia per tentare di risorgere ma anche per continuare a precipitare attratti dal baratro della governabilità.

4 comments

  1. New Balance 1300 ha detto:

    I got in touch with RWDSU President Stuart Appelbaum, one of , had that national Democrats and the DNC (to which he was once chief counsel) weren’t helping Thompson.

  2. New Balance M2040 ha detto:

    MR. GREGORY:? But he’s saying this morning, Rubio is, “I want to be taken out of the, the consideration.? I’m not going to focus on that.? That’s the last thing Mitt Romney needs.” What does Mitt Romney need and what’s he likely to do?

  3. Rose was in the middle of when word came that she’d landed the coveted regal role.

  4. New Balance 991 ha detto:

    MAJ. GEN. WILKERSON:? And therein is the problem.? We need a two-track strategy.? We’ve got to built a, a decent government in Somalia that can govern, but at the same time, if you allow the pilots sanctuary, then what you’re really saying is they can continue to conduct operations.

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