Il genocidio della cultura

Pubblicato il 16 maggio 2010 su Resoconti Esperienze da Adam Vaccaro

La politica in atto di genocidio della Cultura

Tagliare fondi alla vera Cultura, è come mettere una bomba su un ponte cosmico, come minare le rotaie di una mondiale ferrovia, come spezzare le gambe e il cuore ad ogni figlio futuro, perché è rendere sterile  la forza comunicativa generativa e dialogica del viaggio umano, che dal relativo volge e si spinge ogni volta verso l’assoluto.

La Cultura è il viaggio della vita, è partire da soli per la vetta di una montagna sconosciuta, mai pubblicizzata da cataloghi e agenzie, nessuno prima e nessuno dopo di me. E’ scoprire nel cammino la meta, fatta dal dolore insanabile di una mancanza e dalla gioia indicibile del ricongiungimento, dove la conquista è essere disposti nuovamente alla perdita.

PORTATORI SANI DI CULTURA, così si sono nominati ieri sera, in un breve serio educato discorso, i musicisti della Filarmonica scaligera che, nel per me sempre conturbante Teatro alla Scala di Milano, si preparavano per suonare col maestro Daniel Barenboim, donando il ricavato della serata in beneficenza, a sostegno di una speranza: che ancora una volta non siano la conoscenza e l’amore, inseparabili polarità dell’umano, ad essere evirati dall’ignoranza e dall’ignavia (anch’esse – ahimè – peculiarità tanto umane) affinché, così come sta avvenendo nei mari e nei cieli, anche sulla terra, non si mortifichi ogni possibilità di vita vera.

Lo struggente violino di Guy Braunstein ha saputo, come nessuna parola avrebbe saputo fare, riconnetterci con l’armonia della vita, un concerto per violino e orchestra quello di Brahms che, come nel romanzo della Sagan “Le piace Brahms” ho condiviso con ogni essere innamorata, finendo, trascinata poi dal robusto avvolgimento del Bolero di Ravel, nelle braccia di quell’amore, aperte alla passione e alla conoscenza come la musica e ogni forma di vera Arte sanno offrire.

Mi auguro che ogni uomo e donna di buona volontà possa e voglia, con corpo e cuore,  indignarsi davanti a questa continua sotterranea forma di genocidio culturale, risvegliando in ognuno quelle peculiarità costitutive e creative dell’umano, affinché col suo operare consapevole responsabile solidale, la Creazione possa, ogni volta, risuonare esultante e rigogliosa in un sempre nuovo inno alla gioia.

Ogni giorno usciamo tutti con la coccarda gialla sul petto, come quella che ieri sera s’erano appuntati tutti i musicisti.

Se, quando qualcuno non molto tempo fa, impose una stella gialla sul petto di un essere umano uguale a me, ognuno di noi fosse uscito di casa con addosso quella stessa stella, avremmo corrisposto a quello che davvero siamo: le mani del destino, che ha necessità di noi per divenire.

Patrizia Gioia

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