10 anni di Milanocosa

Pubblicato il 20 dicembre 2010 su Senza categoria da Adam Vaccaro

10 anni di Milanocosa

Voglio dare un tono contento, senza formalismi e tantomeno discorsi trionfalistici – che pure potrebbero essere giustificati alla scadenza di questo decimo anno di vita della nostra Associazione, ricordato già con Gio Ferri al recente convegno su Giuliano Gramigna.

La scelta di tale profilo non cancella il legittimo orgoglio per il lungo percorso fatto con tante iniziative di rilievo. Ma il nome stesso che ci siamo dati comporta il riferimento della nostra attività ai dati del contesto. Che fa sentire, quanto più siamo stati impegnati nel corso di questi anni, la coscienza dolorosa e il peso di un degrado che sembra non toccare mai il fondo. Lo spettacolo sempre più squallido, grottesco e staccato dalla realtà della vita dei più, della “casta” politica italiana, di cui Berlusconi è l’apice senza (purtroppo) opposizioni sufficienti o credibili, la crisi economica che ovviamente colpisce i redditi più bassi, le chiusure di prospettive dignitose per i giovani…e il rosario potrebbe continuare con la crescita della corruzione e degli intrecci con le mafie (alla faccia dei trionfalismi del governo), i parassitismi e privilegi legali e illegali di un esercito di termiti da basso impero che naviga nell’oro e fa aumentare il debito pubblico ecc., tutti fattori che fanno temere (come rilevato da qualche osservatore) rotture gravi del sistema – di cui i crolli di Pompei sembrano metafore e avvisaglie.

È organico a tali derive il sistema mediatico, zuppa infarcita di idiozie spettacolarizzate, bla bla, menzogne e risse (di cui il dominus e la sua corte sono maestri) e pedaggi pubblicitari esasperati, che sembra non costino niente a nessuno e si sommano invece a pizzi mafiosi e gabelle statali, scaricati ovviamente sui prezzi della nostra vita. Col sig. B. mafie e media hanno realizzato in Italia negli ultimi 20-30 anni il sistema politico perfetto, grazie a una “sinistra” che ha mostrato tutta la propria insussistenza di progettualità e visione alternativa, rispetto alle dinamiche del capitalismo globalizzato. Che hanno comportato la perdita di molte conquiste sociali degli anni ’60 con enormi travasi di reddito dai ceti più poveri a quelli più ricchi.

L’avvilente pantano attuale, oltre che sociale, economico e politico, è culturale, se per cultura intendiamo la capacità di immaginare un oltre diverso dall’esistente. Senza tale azione culturale è difficile produrre un senso altro, con linguaggi adeguati a ciò che accade. In proposito sono stati scritti anche libri sullo stravolgimento di tante parole (come vita, libertà, democrazia, giustizia, popolo, lodo ecc.) da parte del potere in atto. È il terreno di sfida per chi voglia resistere e incarnare oltre ideologismi consunti una cultura critica, meno marginale se non esiliata.

Ma tale cultura non nasce nel chiuso di stanze e menti singole, nasce dalla misura col fare e da scambi nel corpo sociale, altrimenti produce muffa, superfluo e illusioni individualistiche di porsi sopra e al di fuori della vita degli altri. Accennavo al convegno su Gramigna, il quale se non aveva certo una concezione di impegno d’antan, parlava di poesia come “cosa concreta” della vita e citando Cesare Viviani ricordava che “la poesia autentica fa la speranza”. La speranza come sogno e desiderio di un futuro diverso, che diventa motore di un fare attivo e non cataplasma propinato da qualche zimarra del potere per calmare la rabbia e far accettare passivamente le ingiustizie. Quando parlo di capacità e necessità di rinnovato senso civile del fare cultura, arte e poesia, intendo questo. Il che implica interazioni in momenti condivisi con altri.

Ecco, quelle sopra sono anche cose stranote e ripetute fino alla noia, ma purtroppo la situazione che stiamo vivendo non mostra alcun cambiamento positivo. Anzi. Per cui occorre insistere e ribattere certi chiodi, pur senza alcuna pretesa di offrire analisi né indicazioni esaustive, per proporre una sorta di tavolo su cui discutere con chi condivide le stesse percezioni e gli stessi giudizi, per decidere insieme cosa e come dare un nostro contributo positivo, senza nasconderci le forze e risorse limitate di cui siamo dotati. Il che rende però ancora più prezioso ogni apporto.

20 dicembre 2010

Adam Vaccaro

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