Mindskin, Antonella Zagaroli

Pubblicato il 21 agosto 2012 su Recensioni e Segnalazioni da Maurizio Baldini

Per segnalare questo libro di Antonella Zagaroli, Mindskin, A selection of Poems 1985-2010, pubblicato nel 2011 da Alfredo de Palchi per Chelsea Editions di New York, abbiamo scelto di far seguire la nota dello stesso de Palchi, il quale parlando dell’autrice evidenzia la sua visione, senza remore e peli sulla lingua, sul fare poesia oggi, in particolare in Italia.

Ci è parsa la migliore recensione e una opportuna integrazione del post del 14 luglio scorso, dedicato al libro su de Palchi: UNA VITA SCOMMESSA IN POESIA, Gradiva Publications – A cura di Luigi Fontanella. Vedi a: http://www.milanocosa.it/saggi-poesia/alfredo-de-palchi-una-vita-scommessa-in-poesia

A.V.


Perché Antonella Zagaroli

Nel 1970, alcune persone chiesero al traduttore I. L. Salomon quali motivi l’avevano indotto a tradurre e pubblicare un volume intitolato Sessions with My Analyst. Egli prontamente replicò: “questo lavoro edito da Arnoldo Mondadori Editore nel 1967 è la migliore e la più originale poesia di ora e per anni a venire.” Tale fu la pronta risposta del traduttore di tre autori quali Carlo Betocchi, Dino Campana e Mario Luzi. La stessa risposta la dò a me stesso ogni volta che qualcuno mi chiede perché un particolare autore ha attratto la mia attenzione.

La motivazione per rivolgere tale domanda a I. L. Salomon a Firenze era che ben famosi critici e poeti avevano scartato il lavoro senza averlo letto e che l’autore era completamente sconosciuto.

Questo metro di giudizio è ancora spesso praticato ovunque nel mondo letterario spesso provinciale. In un mondo falso composto da spaventapasseri, di poeti auto affermati è più facile far approdare l’illusione di spaventare e allontanare timidi passerotti, stampare i loro versi flaccidi, diventare uccelli rapaci con il potere di incoronare questa o quella nullità.

Per me stesso io uso raramente il termine “poeta”, queste banderuole, gonfiate essenzialmente da critici disonesti, si autoproclamano “poeti” di una sempre nuova avanguardia. Ma a quale avanguardia fanno riferimento? Quella composta da versi giornalistici? Queste persone scambiano grossolanamente un linguaggio piatto e statico per uno ricco di movimento e vitalità. Sono veri e propri falliti. Sono loro che rendono il mio discorso fiero e furioso, sono proprio questi tali omuncoli che mi mostrano le loro facce stordite e idiote quando informano me – piccolo editore di Poesia italiana in traduzione – che anche loro scrivono e sono migliori dei poeti che io sto pubblicando. Il loro secondo errore sta nel presumere che le mie intenzioni sono corrotte come le loro. Voglio chiarire definitivamente: io sono un editore indipendente che non chiede soldi e non chiede né all’autore né al traduttore di comprare copie dei libri. Decido da solo di pubblicare una selezione di poesie dalla produzione completa di un poeta.

La poesia del poeta scelto mi deve impressionare nel linguaggio e nello stile: deve essere poesia che non ripete se stessa poesia dopo poesia, desidero che essa sia in movimento costante come è la vita stessa. Più semplicemente affermo che la poesia che non si muove non è poesia. Uno stato mentale statico appartiene a quegli scrittori che non hanno nulla da estrarre dall’interno di loro stessi, perfino da una suggestione che la vita ha fatto loro sperimentare.

Nel Nord America ci confrontiamo con questa ristretta visione tipica della poesia in traduzione sia moderna che contemporanea. Ai pochi americani che conoscono la lingua italiana raramente le riviste letterarie commissionano una critica riguardante poeti italiani tradotti; quando succede, spesso, sbagliando, fanno le loro selezioni sulla base delle antologie edite da scribacchini la cui prima scelta è includere loro stessi fra coloro che inseriranno nell’antologia; o nelle raccolte messe insieme da impresari che sono esclusivamente interessati a fare mostra del loro potere più forte dei loro deboli talenti.

Ognuno può verificare ciò se esamina il numero della rivista Poetry “La Poesia Italiana dalla Seconda Guerra Mondiale” Ottobre-Novembre 1989, fino ai più recenti numeri dello stesso Poetry journal edito da Geoffrey Brock, Dicembre 2007 e del TriQuarterly Review edito da Robert Pogue Harrison e Susan Stewart. Sebbene questi numeri abbiano pochi eminenti nomi, gran parte degli altri sono stati oltremodo ridicolizzati da molti lettori americani come molli e prolissi. E io concordo con loro.

Niente cambia a prescindere dal periodo che trattiamo: la logora reiterazione di un genere di poesia italiana composta da cose imparate, preziosismi, senza mente, cuore, viscere e con un linguaggio zoppo o meglio che non cammina, non si muove, appunto. Sfortunatamente questo è lo standard che rimane. Coloro che hanno altre visioni e il coraggio di evitare questa tradizione sanno che saranno esclusi da coloro che tengono le redini del potere letterario in Italia e in Nord-America.

Una lunga ma più che dovuta spiegazione che è stata scritta quasi per necessità da un piccolo editore no profit che pubblica poesia italiana in traduzione quale io sono. E’ valida per tutti i passati e futuri autori che ho selezionato e selezionerò per la pubblicazione e soprattutto per l’autore di questo volume, Mindskin, Antonella Zagaroli.

Alfredo de Palchi, Editore

New York, 2011

7 comments

  1. antonella zagaroli ha detto:

    Da autore a cui De Palchi ha voluto associare questo suo ragionamento sul pubblicare nomi poco conosciuti o da scovare nelle pieghe letterarie vorrei aggiungere che entrambi ci siamo conosciuti tramite internet, ci siamo letti chiedendo l’indirizzo l’uno dell’altra ad amici e conoscenti comuni. Abbiamo cominciato a scrivere delle email, ci siamo scambiati i libri e le nostre reazioni ai rispettivi versi sono stati: il mio sobbalzare sulla sedia per la forza la purezza e l’integrità che traspariva da ciò che Alfredo aveva scritto già all’inizio degli anni cinquanta (sto cercando ancora nel mio piccolo di ampliare i lettori e i critici della sua opera) da parte sua la proposta di pubblicazione estremamente corretta, senza infingimento alcuno e senza contraccambio alcuno e senza avermi mai vista, gli ho inviato successivamente una foto.
    A volte può ancora succedere che la stima artistica non sia comprata o contrattata.

  2. Redazione ha detto:

    Cara Antonella, anche noi non ci siamo mai visti e, alle varie ragioni che si sono inanellate negli anni per cui sono grato a de Palchi, si è aggiunta la conoscenza dei tuoi testi, che altrimenti nel mare e marasma affollato del poetare odierno non sarei magari riuscito a incrociare.
    Adam

  3. cristina annino ha detto:

    Concordo pienamente con Alfredo de Palchi sulla critica mossa alla maggior parte della produzione poetica italiana. Critica verbalmente ben esposta, affondante nel “disgraziato” corpo di troppo piatto e lagunoso, povero lirismo italiano accettato ed esaltato a livello editoriale alto. Considero inoltre l’operazione culturale di de Palchi, intendo la sua scelta, diffusione e conoscenza all’estero di certa nostra poesia, una vera e propria opera di mecenatismo. Senza fini di lucro, libera,colta,questa operazione non poteva che scaturire da chi la poesia la vede e la genera in prima persona come un’avventura della conoscenza, mai slegabile da un’idea di futuro.

    Cristina Annino.

  4. Alfredo de Palchi ha detto:

    Tre commenti in settimane di esibizione: il primo dalla interessata nella nota di lettura che ha voluto giustamente specificare come ci siamo conosciuti; il secondo dalla Redazione; il terzo da Cristina Annino che va d’accordo con il mio ragionamento. Maggioranza, due splendide coraggiose donne, poete…
    Assicuro che non sono arrabbiato avvilito e consumato dalla inesistente discordanza dei maschi. Soltanto voglio far notare, per quanto mi riguarda, il coraggio l’eleganza la maturità e la nobiltà femminile sin dalla mia adolescenza. Cominciando dalla mia giovane madre, donna già nel 21mo secolo..
    Veramente non c’è nobiltà nel denunciare con derisione l’anonima armata di borghesucci malvestiti per fingersi anarchiaci, fingersi maledetti ritardatari Rimbaud con la caccarella alla gola e male attrezzati per seguire l’arte che per essere tale deve rispecchiare e rafforzare la loro vita abbastanza patetica.
    Le poete, ripeto, hanno indubbiamente il rispettto il coraggio mentale interiore e fisico; se i “pochettini” ce la fanno a immaginarsi con simili attributi, sono assaliti dal timore (direi paura) di apparire amici di alcuni e nemici di altri.
    Certo, nessuno è obbligato a lasciare un commento. Certo, meglio stare neutrali “eunuchi” della vita, perciò dell’arte poetica che scrivere quello che realmente accade.
    Gentili finti anarchici, finalmente c’è chi vi dice la verità, ascoltatela: salute e felicità famigliare sono le vostre sole spericolatezze, smettete di spoetizzare.

  5. adam ha detto:

    Al disappunto e ai caustici giudizi (ben noti) di Alfredo non posso non aggiungere la mia condivisione, insieme alla rabbia amorosa per una poesia che troppo spesso procede come sonnambula o “bella addormentata”, tra squarci e precipizi privi di adeguate azioni e parole di verità.

  6. Roberto Bertoldo ha detto:

    Caro Alfredo, concordo con la tua presentazione, non con il tuo intervento successivo, anche se capisco la motivazione.
    Quando dici “due splendide coraggiose donne poete” posso essere d’accordo, ma quando generalizzi non lo sono. Per tre motivi: perché l’elogio generale del gentil sesso viene a screditare l’elogio specifico; perché la distinzione sessuale circa la creazione poetica scade nella demarcazione intellettuale; perché ho conosciuto nel mondo letterario “poete” con la stessa famelica stronzaggine, leggi opportunismo e viltà, di molti uomini, ‘poeti’ e non.
    Purtroppo oggi chi si ritiene esente da questa ‘stronzaggine’ non può che stare zitto, in quanto sono troppi i pavidi che si colorano il volto da guerrieri e i maneggioni che perorano la causa dell’onestà. Il silenzio non è sempre e solo accondiscendenza o gelosia, per molti è anche conoscenza dell’animo umano e dei traffici che avvengono nel privato e questa conoscenza rende diffidenti.
    Riguardo la poesia italiana, essa è fiorente. Non mancano, oltre a Zagaroli e Annino, altri buoni e ottimi poeti, il problema è che per essere ottimi poeti è necessaria, se non sufficiente, anche una forte personalità ed è questa spesso a mancare. Chi intrallazza non ha personalità, chi chiede favori non ha personalità, chi pende dalle labbra dei lettori o dei critici non ha personalità, chi non usa la scrittura anche come un’arma oltre che come creazione di ‘bellezza’ nuova non ha personalità.
    E poi che amor proprio ci può mai essere non solo nel voler sembrare ma pure nell’esserlo anarchici o rimbaudiani? Ho conosciuto molti anarchici intolleranti e Rimbaud era un poeta presuntuoso e di molto inferiore a Baudelaire, per esempio.
    Ma queste cose non le dico a te; ogni generazione ha i suoi poeti, e tu sei tra questi, ma particolarmente negli ultimi cinquant’anni tutte le generazioni, come direbbe Jakobson, li hanno “dissipati”, perché ha cominciato a contare la spettacolarità in luogo della profondità e quindi le gelosie portano a nascondere i maestri coetanei. Se la scrittura diventasse davvero un atto di coraggio all’insaputa di tutti, vorrei vedere quanti degli scrittori di oggi le si dedicherebbero ancora. Certamente pochi, solo quelli, appunto, dotati di personalità.

  7. Alfredo de Palchi ha detto:

    Caro Roberto,

    non so quando hai inviato il saggio commento indirizzato a me ribelle persino contro la mia morte, ma non mi sorprendi. Sapevo che non vi sarebbe stata altra possibilità che la tua, cioè, di castigarmi un po’ per il mio sarcasmo generale e provocatorio. Onestamente accetto la critica osservazione che mi fai, e hai ragione quando la confronti con il tuo ragionamento.
    Non mi sento colpevole del sarcasmo, è una forza di natura che mi spinge a scrivere con voce divertente e provocatoria senza menzionare nomi. Motivo? Nessuno ch’io sappia ha sparlato e sparla di me o del mio lavoro per iscritto; sottovoce, non ne dubito, è più facile e più coraggiosamente vile. Gli scrittori, maschi e femmine, che io stimo, inclusi coloro con i quali non ho contatti, sanno per intuito che il mio sbraitare non è rivolto a loro. Sappi che per armonia penso di dover assalire l’immenso sottobosco letterario aggiungendo nomi e cognomi tra la generalità di una lunga lista di “pochettini” per una ideale antologia del peggio. Almeno chi mi legge potrà visualizzare la gloria degli illusi.
    Grazie per il tuo intervento.

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