Eros e la nudità
Una ghirlanda di calici pieni per un brindisi all’Amore
Il decreto del non fare
Il decreto del non fare
Il “decreto del Fare” ha l’ambizione di dare un spinta all’economia attraverso una ottantina di misure: alcune di puro buon senso, altre discutibili, altre che sostanzialmente ripropongono provvedimenti già adottati dal governo Monti. Il bilancio complessivo è deludente, perché l’impatto del decreto sarà molto modesto e non contribuirà a rilanciare lo sviluppo.
di Civil Servant su Micromega del 18 giugno 2013
A scuola copiare è vietato, mentre al governo sembra sia concesso “reiterare” gli stessi provvedimenti leggermente modificati, ma senza finanziamenti aggiuntivi, e confusi tra petizioni di principio e norme di scarso impatto. Il decreto “Fare” non sfugge a questa tradizione. Si tratta del primo atto sostanzioso di questo governo, che in due mesi si è riunito nove volte per rilasciare solo provvedimenti essenzialmente formali (come quelli per la nomina di ministri e viceministri), di ordinaria amministrazione (come il riconoscimento dello stato di emergenza in varie aree) o semplicemente interlocutori (come la sospensione dell’IMU). Non è un caso se il Wall Street Journal, non senza una sottile ironia, ha tradotto “Fare” con “To do”, che è l’espressione che solitamente si riserva alle liste delle incombenze quotidiane.
Analisi e denunce
Palmiro Prospero, maestro di libertà
di Marco Travaglio sul Fatto quotidiano di lunedi 17 giugno 2013
Un volgare articolo di Michele Prospero sulla fu Unità, intitolato “Travaglio, il ‘giornalismo servo’ contro i ribelli M5S”, ci dà l’occasione per fare il punto sul Fatto Quotidiano e sullo stato dell’informazione e del potere in Italia. Fin da quando siamo nati, a chi ci domandava quale fosse la nostra “linea politica”, abbiamo risposto: la Costituzione. In un sistema informativo disegnato a immagine e somiglianza di quello politico-partitico, fu come bestemmiare in Chiesa. Non avendo altro padrone che i lettori, il Fatto risponde soltanto a loro e alla coscienza dei suoi giornalisti. Per questo non ha mai taciuto una notizia, anzi ne ha date molte che gli altri tacevano. Ha preso e prende posizione, certo, ci mancherebbe: la sua posizione, non quella di altri, che non ha il piacere di conoscere. Abbiamo le nostre idee, ben chiare e radicate, e in base a quelle giudichiamo ciò che accade. Chi fa proprie le nostre posizioni e battaglie ci piace. Chi va in altre direzioni non ci piace. La nostra intransigenza sulla legalità (non solo penale, ma anche costituzionale e contro tutti i conflitti d’interessi) e sul rinnovamento della politica ci ha portati ad apprezzare molte battaglie prima di Di Pietro, poi di Ingroia e del Movimento di Grillo. Ma anche a rimpiangere lo spirito dell’Ulivo modello 1996, poi tradito dai partiti che avrebbero dovuto farsene portavoce. E a sostenere i cani sciolti del Pd e i movimenti di base tipo OccupyPd che contestano l’inciucismo dei vertici. Questo non ci ha impedito di criticare le sciagurate scelte di classe dirigente da parte di Di Pietro, la frettolosa e improvvisata entrata in politica di Ingroia, certe sparate di Grillo con annesso deficit di democrazia interna al M5S.
Presidenzialismo?
Stefano Rodotà:
“Presidenzialismo?
Strappo alla Costituzione”
In un intervento su la Repubblica, il costituzionalista ha bocciato su tutta la linea i propositi avanzati dall’esecutivo di larghe intese sui cambiamenti della carta costituzionale: “Sono altre le priorità”
di Redazione Il Fatto Quotidiano | 7 giugno 2013
Nel tempo ingannevole della ‘pacificazione’, il conflitto giunge nel cuore del sistema e mette in discussione la stessa Costituzione”. Non usa mezze parole Stefano Rodotà per bocciare in partenza i propositi di cambiare la carta dello Stato avanzati dall’esecutivo di larghe intese. Con un intervento su la Repubblica, il costituzionalista attacca “una politica debole, da anni incapace di riflettere sulla propria crisi” che ora “compie una pericolosa opera di rimozione e imputa tutte le attuali difficoltà al testo costituzionale” puntando verso il presidenzialismo che è “in contraddizione con il modello della democrazia partecipativa” e oggi “finisce con l’apparire una pulsione suicida l’allontanarsi da esso”.
Perché cambiare la Costituzione?
Perché cambiare la Costituzione?
Rossana Rossanda
Perché avviarsi in gran fretta verso la riforma costituzionale? Perché non sono più le leggi a uniformarsi alla Costituzione, ma è questa a doversi piegare ai dettati neoliberisti. E l’ossessione “governabilità” guida la nuova legge elettorale. Dietro le “larghe intese”, il ridisegno costituzionale calpesta la democrazia
MYSTICAL CARNALITY IN DE PALCHI’S PARADIGM
La donna è tuttavia la centralità solare, l’energia vitale che consente di proseguire, anche se è immersa nelle stesse contraddizioni irresolubili dell’uomo, nello stesso incrocio inevitabile tra tensioni all’infinito e ignobile sprofondo nei deliri di potere dell’Io, che tende a sognare e perseguire domini e violenze anziché fratellanza, unica nostra possibile prateria liberante.
Una poesia che ci scuote e ci attraversa, per riemergere nella nostra carne e nel nostro spirito spesso devastati da modernità e post-modernità, per riproporre tra tanta poesia di carta inconsistente e superflua, la disperazione e l’orgoglio di rifondare un paradigma di senso e di utilità antropologica della propria parola.
Lo schianto e la poesia
Davide Rondoni Si tira avanti solo con lo schianto White Fly Press, Lugo, maggio 2013 pag. 80 € 12
Ho letto di Davide Rondoni il libro di poesia “Si tira avanti solo con lo schianto”, pubblicato dalla nuova casa editrice Whitefly di Lugo; devo dire che l’ho trovato brillante, agile, leggero, felice nell’impiego dello zoom e delle immagini in presa diretta dal «reale», dalla cronaca, dalle biografie e dai privati della gente comune… è un libro democratico, nel senso che non fa atteggiare la «poesia» in un al di là elitario e olistico, che tratta della gente e con la gente, è un libro che si rivolge direttamente ai lettori chiamandoli per nome, senza iattanza né arie di superiorità, che chiama ogni cosa con il suo nome e cognome; direi, per assurdo che si tratta di un libro di servizio se non ci fosse di mezzo il governo di Letta (anch’esso di servizio), perché, sono convinto che la poesia sia soprattutto un servizio, uno svago e un intrattenimento, veloce ma non per questo effimero o inutile come molti intellettuali da vetrina balsamica invece ritengono che sia. In tal senso, Rondoni dimostra una spiccata capacità di far collidere i piani e i registri lessicali e retorici con una acuta sensibilità per le discontinuità e i salti semantici e semaforici… anche la periodizzazione in strofe delle poesie risponde a questa esigenza di far slittare i piani rappresentativi gli uni sugli altri e farli interagire, più per sommare che per dividere; con il che il risultato finale è un effetto di concentrazione e di concertazione delle diversità e delle differenze: insomma, si ha un di più di espressività senza che se ne vedano le giunture espressive e i nessi connettivi.
Commenti recenti