Poesie lette al Festival Poestate 2022 – Lugano

Pubblicato il 9 giugno 2022 su Eventi Milanocosa da Adam Vaccaro

Festival Internazionale di Lugano Poestate 2022 26a Edizione

 3 giugno 2022

 Voci di Milano e Milanocosa

Tra sogni e bisogni di comunità

Le poesie lette nel corso del nostro intervento

***

Quello che vorremmo trasmettere, in primo luogo con i nostri testi, è il senso della ricerca culturale e sociale condotta attraverso Milanocosa, Associazione che inventai e promossi quasi ormai un quarto di secolo fa, con esponenti di tutte le discipline, speculative e artistiche, poesia in primis. Una ricerca che abbiamo concretizzato in centinaia di iniziative che hanno coinvolto migliaia tra autori e pubblico, con il sogno resistente di ricostruire una comunità che sentivamo sgretolarsi tra le mani.

E’ un sogno che coltiviamo ancora nonostante le tendenze contrarie siano più forti, ma proprio per questo è ancora più importante darne testimonianza con denunce ed esempi positivi. Invitiamo a leggere i nostri testi e quelli di Gilberto Isella, che ci ha presentati con amicizia e competenza.

E ringraziamo Armida Demarta, Direttrice del Festival, per l’orgnizzazione e la generosa accoglienza.

Adam Vaccaro, Claudia Azzola, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo

***

Gilberto Isella

ECOSOSTEMI DA SFOGLIARE SOLTANTO

Ventriloquo

ventriloquo poeta tiene opere postume in pancia
reclusi in cattedre ronfano i cani della scienza

Ingordo

dar fuoco a un brandello di macrosistema
scorretto non è, dice il dottor balordo
che al fiore di lattice butta un petardo

Brevetto

l’allungacielo brevettato a mente calda
non serve all’aviatore e vale men di un soldo

Sociologo

il sociologo con le sue lauree al collo
distingue stamberghe di lamiera
da tane e casupole di fango
“a ciascuno il suo” chiude il taccuino
e felice ritorna nel rango
stropicciandosi un callo nel culo

Cultura

alta cultura pilota capogiri
sul comò un pitale serve alle parole
spiega il libro che ogni popolo scompare
resta quell’indio incollato all’equatore
e un urlo lungo divorato dal papiro

Croste

suppurati son tutti i continenti e con croste
ogni contrada ha la sua tossina preferita
nei bei poemi fan ressa le larve delle mosche
eppure non invano ha patito Gesù Cristo

Tarare

su liquefatta anamorfosi tarato lo sguardo
ne profittano benzeni e di Crono il fatal dardo

Matita

sotto il sole sonnecchia una matita di muffa
sale a noi il meriggio ascoltando musica in cuffia

Testi nella raccolta Catene smarrite, Alla Chiarafonte, 2020.

***

Adam Vaccaro

SIGNOREMIE

Oh quante volte fare per altre vie la stessa strada
cercando nel passato una strada
dal presente al futuro
Ti ricordi miasignora
che gare di baci carsi
scintille arse e perse nel vento
le cosce tenute come portafogli ricolmi
intenti a non lapidare quel capitale
di sogni e miracoloso nel ventre

Ti ricordi miasignora
il cammino fatto per cercare quel punto
fatto sempre di punti dell’intento
di ricominciare daccapo

e che fatica disperazione e premio
prima e dopo quel punto

Che signora era allora Milano
calda e coicapelli nel vento
una barca alla ricerca del largo
schiaffeggiata dall’acque e baciucchiata dal sole
dopo i massacri recenti della guerra più oscena
tra buchi nel ventre topi sommersi volti riemersi

Entrare in un bar – allora – era come
cucciarsi in un angolo curvo dell’arca
ruotando gli occhi e quel bicchiere
s’una voce giurando riflessa

Stavo con te scorrevamo nel sogno
i sogni belli del dormiveglia in
quell’alba rosata del dopoguerra
ch’aiutava certo a danzare sul mare
cupo di fame e di attese gonfiate
così poveri e ricchi così poveri e ricchi
come noi su questo letto

Settembre 1997
In La casa sospesa, Joker, Novi Ligure, 2003 – Poi in La piuma e l’artiglio, Editoria&Spettacolo, Roma, 2006

*
IM/POTENZE

c’è una tempesta che non cessa
e nei bar girano relitti
la faccia del male è
in un ragazzo di ventanni
che ha già visto tutto il vuoto
nel passato e nel futuro
sapessi che male dice
dammi un euro
di cosa mi occupo           di arte
della sopravvivenza

1999-2019
In La casa sospesa, Joker, Novi Ligure, 2003 – Poi in Google – Il nome di Dio, puntoacapo Ed., Pasturana (AL), 2021

*
SGUARDI MENTRE

Ora nel parco risuonano tamburi
suoni di savana
mentre da un buco
sboccia una pantegana e sciamanti
ciaccanti gazze giapponesi in posa
a turno zampettano caprette
mentre a lato oltre il
prato e il laghetto stanziano ragazzi bianchi e neri con
catene d’oro pascolano ragazzi con canne e fumi
docili canne al vento che misciano linguaggi e
fumi in similallegrie e cambia come cambia
incurante la vita
mentre guardo guardato
sottecchi da straniero attraversando
l’accampamento in plastica e mucchi
di sacchetti d’una carovana d’occhi scuri
padrona stremata giunta da altre sponde e
deserti a occupare fiera panchine e alberi
che da secoli guardano il Castello
mentre arriva
sgommando una pantera
e annusa
cauta rallenta poi si ferma come
strinata a gustare il freddo e il verde
di questo gelido gennaio
mentre cauti
i ragazzi si spostano più in là e io
sotto l’Arco della pace esco
recuperando come un po’ di libertà

Gennaio 1999
In La casa sospesa, Joker, Novi Ligure, 2003

*
(Quintocortile

Milano infila tunnel del metrò
per rincorse di istanti veloci
che sommati fanno un niente

per farne montagne di macerie
tra sogni di un perduto verde e
incanti di incontri che a settembre

fumavano salsicce e bandiere rosse
parentesi in attesa di ragazzi bravi
a fare il gioco delle coppie con siringa

Milano ora fila sogni disfatti su uno spiedo
sapiente che cucina mucchi di denari
ricchezze povere di dolori e pensieri

Milano infila eppure ancora cortili uno dentro l’altro
che ritrovano in fondo – ancora visibile – il tempo

2004
In La piuma e l’artiglio, Editoria&Spettacolo, Roma, 2006 – Poi in Seeds, Chelsea Ed. New York, 2014
*
Piero-Mohamed

Affamato con ossa di marmo e piombo
sotto questo ponte pieno di niente solo
cani scalzi e topi ho trovato un ultimo
riparo

La sera ai caramba che vengono a dirmi qua
non va bene, domando, dove?, e se ne vanno
sapendo la fabbrica chiusa – crua mare suo cria*
randagio

E oh stasera c’è il poeta che sa il mio nome e
dice, Piero, ho scritto versi di denuncia e forse
domani non chiederai più, dove?, a qualcuno
disperato

Ma oggi con occhi pesti ho visto altri due occhi
più scuri al mio fianco, chi sei?, grido con pugni
alzati, sono Mohamed!, ridendo dice, da un mese
sbracato

Di Libia correndo come un ladro senza sapere
dove, vai a Milano, dicevano, e vedrai che bello!,
ma l’Italia è un budello come questo ponte o è
bordello?

Ora anche Piero ride-piange e non sa più
che dire, quando Mohamed chiede, chi sei
anche tu straniero? Sì, dice, straniero di Rho!
Fratello

*termini da radici dialettali del Norditalia: “cruda madre di ultimo di una nidiata (cria)”

Aprile 2018
In Tra lampi e Corti, Saya Ed.,, 2019 – Poi in Google – Il nome di Dio, puntoacapo Ed., Pasturana (AL), 2021

*
Mira a Milano

Ho alle spalle deserti e savane
che cantano in me col vento
che non sento più – tra urla e
fischi su queste strade altre
deserte di amore mentre corro
a infilarmi in questo tubo di ferro
cercando di ricordare le facce
impolverate e le vesti colorate che
non so se sono state cancellate
dal turbine che mi ha portato
fino a qua e mi strizza il cuore
come questo straccio che raccoglie
le mie lacrime invisibili per chi
sarà insieme a me domattina
di nuovo come ogni mattina
in cerca di una cosa – di un po’
di dignità di lavoro di pace

marzo 2018
In Tra lampi e Corti, Saya Ed.,, 2019 – Poi in Google – Il nome di Dio, puntoacapo Ed., Pasturana (AL), 2021

***

Claudia Azzola

TUTTO DIVENTA COSÌ PRESTO ANTICO

Qui viveva un amico, lo si aspetta,
nel lontano nerume dei numi,
stretto d’anemia nel colmo del sonno,
in una strofa è racchiuso il destino;
in una lettera in un carteggio
tutto diventa così presto antico
e buca le stanze dove c’è catrame,
e ancora non so di che stirpe sono.

*

Taglio i gambi della rosa muscosa
come taglio i capelli, sento salire
odori suscitatori di selvagge
percezioni, il nettare profondo
di ogni strofa e fonemi rinnovati,
arte coltivata in reminiscenza
di non so che mater materia,
di un magone esistenziale,
non fui favorita, favorite l’arte
che coltivo, quale la perla-luce,
la forma intorno alla voce dell’io.
Favorite la mia voce
questa voce.

*

NON CONOSCIAMO ALTRO CHE IL “QUI”

Non conosciamo altro che il “qui”
pieno di indicibili catene
neuronali, non conosciamo che
il “chi”, un affare direi rovente
da trattare, intuibile
come lo spasimo di un albero,
come l’abbandono del covile
del tasso, della lepre, della vile talpa.

Non conosciamo che il “noi”, così poco poi
che tocca traslare dal cirillico,
dal giapponese, dal finnico;
il destino è irascibile,
si sfalda, si fa venire la bile
è inconoscibile, che bestia ostile!
Solo un traslato, direi, per chi c’è,
chi ancora con la mente è.

*

Mise alla prova il cuore vacillante
vergò parole l’angelo tuo signore,
e aggiunge, misteriosamente:
troppo lungo il racconto, dillo
a parabola, non forzare
gli spiriti, quello che tu solo sai.
Parole che hanno sofferto hanno
spezzato il tronco e il tallo in vita,
ferita la corteccia d’oro, dire
poco di parole è necessario,
una scheggia, poche ossessive lune
in mondo buio,
un mondo prosaico
e albeggia.

*
O-ombra

O-ombra del mattino e scala B
non c’è l’ascensore affaccio
sul cortile. Una voce buca le scale.
Oombra danzavo oombra impersonavo,
fu quando? non so ora ascolto non ballo.

Oombra mercuriale Oombra di ferro

nel pomeriggio dicono sia tutto
oro greggio quel che si spende,
lascio andare il giorno la notte,
nell’ora fresca la notte di terra,
passarla invece di fare la guerra…

*

QUALCOSA DI BUONO

essere nelle lenzuola pelle
e rigirandoti in dormiveglia
ti senti fasciare. Luce appena
-sei del mattino – un sonno che si può
prolungare, sogno dell’alba
pregresso mentale, riaffiorano
animucce, qualcosa di buono,
sparisce ogni tanto qualcuno
di buono, è presto per fare il profeta
di qual pane si mangia in giornata.

contentezza è una risalita come
nei sogni al mattino, pienezza,
quel pieno di voli intorno la casa,
ti ritrovo dopo gli anni d’azione,
cenobita seduto alla mensa,
e il violino paesano stridio
e rimbombo come del bronzo,
si mangia in tre o quattro,
l’eremita non niente da dire,
qui è contentezza,
si fa il pieno già a stare così,
di tanto resta qualche carezza,
e se chiami qualcosa risponde

Da: TUTTE LE FORME DI VITA, La Vita Felice Ed. Milano 2020

*

DA : IL POEMETTO DELLE API

Ci forzano le stagioni, le siepi
di bosso dell’hortus conclusus
di medioevale rilevanza,
se il nostro mondo è in devianza,
una teogonia ci aiuta, l’ape
in tema minerale, volo lunare,
insetto cenobita, e la libella
eremita, la regina insegna
alle ancelle, governa le armature
neregialle scolpite in arte di goti,
latinità dei barbari; dove
si deve andare?
e vagammo liberi e felici,
dove si nasce? Dove ci si addormenta?

Dalla raccolta Il mondo vivibile, Claudia Azzola, Ed. La Vita Felice, 2016

***

Luigi Cannillo

Viste dall’alto
sono le città cieli stellati
vie lattee
che il distacco rende innocue
di quei punti
eguale quale uno tu e c’è vita
Forma interpreta
di quelle lampade un alieno
un reticolo
di somiglianze nel sentimento
Si potessero
gli aliti almeno incontrare
dai due palmi
lo stiamo ancora calcolando
Per altra ipotesi sarebbero
in un punto due
spicchi di universo attaccati
si potrebbe
percorrendoli interi trovarsi
O che infine
riflettano i mondi l’un l’altro
al centro una lente complessiva

da Volo simulato, Campanotto, 1993

*

Tra l’armatura e il cielo
pesa intera la nostra gravità
frutto e grandine, ogni evento
si strappa e precipita
invocando il suolo
La fronte deve spezzare la visiera
a inseguire la sorgente
nel vuoto da cui sgorgano
le stagioni e i gesti incompiuti
Fammi sentire la tua mano
fra pelle e armatura
seminare le carezze negate
Corpo di tutte le mani assenti
intreccia il cesto nutrimento
finché dalle ossa nasce
una chioma di vento e di sospiri
Come scirocco stordisce
e spossa le giunture
come fuochi d’artificio accende i sogni

da Cieli di Roma, Lietocolle, 2006

*

Prima finestra che si moltiplica
spinge occhi su tetti e rotaie
associando nuvole ai passi
Ho abitato qui, vedete ancora
la lampada accendere le veglie
e affacciarsi l’ombra
Poche rampe di vertigine separano
il soffio dalla polvere
la materia è lontana solo un balzo
Di fronte un ragazzo suonava per ore
rendendomi lo sguardo e il corpo nudo
Si aprirono varchi alle visioni
ma i muri non mostrano pietà
per chi fugge e ricorda trattengono
i colpi di stoviglie le rinunce
la chitarra e tutte le sue note
Dai vetri pupille stelle fisse
ancora indagano i vagoni
innamorate del cielo e della strada
Anima, marchio, se ci sei fatti valere
Sporgendovi potreste
vedermi all’incrocio attraversare
diagonale le rotaie allontanarmi

da Cielo Privato, Joker, 2005

*

Uno brucia le redini l’altro pazienta
se faccio strada lui si smarrisce
complice contro e dissidente a fianco
Nato con me, presente sempre
stessa pelle scambiandoci le parti
oppure solidali unico fronte
Ci stringe questo chiodo di orizzonte
in parlatorio a confidenze spie
o se durante la disfida
rilancia lui l’arma volata a terra
La lama della nascita depose
un’ombra forma disarmonica
che nemmeno in sonno si sottrae
porgerà il panno all’ultima rasatura
Io non la spingo sul viso dell’estraneo
da complemento o eco innamorato
Il sosia sopravvive solamente
fido e affidato mia tutela
riflesso battezzante nel sì
e nel dissenso anima gemella

da Cielo Privato, Joker, 2005

*

Non ritornate più, ospiti segreti
come radice che riaffiora a distanza
La vostra casa è altrove
L’epoca dell’assenza e il respiro
dei viventi non si annullano
circolano invece qui saldati
Non le care presenze, le reliquie
ma una rete di angeli ostili
a stordire le caviglie e il sogno
La sostanza sopravvive alle creature
nella visione, insiste a custodire
la specie estinta e la reincarna
Chiedevo a bassa voce padre
mostrami la cicatrice, la guerra
ma il panno non si è sollevato allora
la mano scostata dall’offesa
L’alleanza sta affiorando adesso
il segno incide fresco la mia pelle

da Cielo Privato, Joker, 2005

***
Tutte le poesie sono recentemente state antologizzate con traduzione in inglese in Between Windows and Skies – Selected Poems 1985 – 2020, Gradiva Publications, 2022

***

Laura Cantelmo

Il mese più crudele “Aprile è il mese più crudele” (T.S.Eliot)
Quale tra i mesi è il più crudele, dimmi,
Non solo aprile o forse marzo, nel febbrile
Travaglio a primavera di secchi glicini
E di fiumi dormienti. Se poi verrà
Il tempo delle mele porteremo ceste
Per raccogliere frutti intossicati, senza pietà
Mendicheremo mostrando alla società
Che nulla resta se non miseria e povertà.
Derisi come buffoni, quando PACE è un insulto,
GUERRA è virtù e virilità, chiedemmo invano
Di fermare la guerra, di preservare la terra
Dall’abisso di menzogna che immiserisce
Le menti le messi e gli anni seppellendo
Radici e polloni sotto le macerie della storia
Che avevamo giurato di preservare
Dall’orrenda vergogna.
Ma più tracotante la gramigna spunta tra i sassi,
Muoiono i lillà, si è capovolto nel buio l’orizzonte
In pieno giorno siamo nell’ombra, scagliati
Nella notte profonda, la luce rarefatta è
Specchio e condanna della nostra disfatta.
04/04/2022

*
Mattina 2022

Mattina d’inverno a Milano. Insolita
mattina tra la scighera un sole sfuggente
sopra il Naviglio dove la Darsena sfavilla.
La voce di un passante nella mattina di fumo.
tra nuvole striate di veleno.
Qui scaricavano la sabbia i cavalli normanni
frustati a sangue, qui approdavano i marmi
della Veneranda Fabbrica del Duomo
qui l’uomo Leonardo studiava le acque
e il sistema delle chiuse perforando col suo genio le brume.

All’improvviso un grido. Dalla grande quercia
ciondolano tenere forme di bambini. Una mamma
piange, un uomo grida, vuole strappare invano
quei simulacri dell’infanzia.
Lo scandalo impazza, non si coglie il senso.
E sì che Milano non è solo scintille, eleganti
strade contorte, grattacieli e corpi plasmati ad arte.
Con lo sberleffo di un artista* Milano da bere
pensa ai destini abusati dei bambini, alle guerre
agli assassini, alla sbornia della propaganda
alla feccia dell’indifferenza, davanti alla Porta
di Marengo, gloria e caduta di napoleonica iattanza.**
2022

*Riferimento a una provocazione di Maurizio Cattelan autorizzata dal Comune di Milano
**Porta Ticinese a Milano fu eretta per celebrare la vittoria di Napoleone a Marengo (1800), ma fu ultimata solo nel 1815, dopo che la stella napoleonica era ormai tramontata.

*
Primavera

Violette nei cortili privati di Milano,
bellezza nascosta per ricche magioni,
inebrianti magnolie stellate esplose
nei chiostri della Chiesa delle Grazie
illuminati di fiori, esotiche catalpe
sbocciate all’improvviso come un dono
all’incanto della nuova stagione.

Persefone danza con piccoli fiori
tra le dita lambendo le gemme
appassite di questo nostro tempo.

Cammino al fondo della strada,
sulle tacite orme di Leonardo, cerco
l’enigma della sua Cena. Mi riscaldano
nell’ombra gli eterni ritmi della vita.

2010/2022

*
Vernissage

Colori ardenti incrocio di piani geometrie
Del tempo, donne in bikini nudi lontani
Come le mani che afferrano gli anni
Vuote di anima e amorfe nel centro
Con gli operai innocenti volati in paradiso
E la piazza del Duomo ferita dai funerali
Del nostro scontento.

La mostra narra il comune romanzo
Tarlato e stanco di un sogno grandioso
La libertà, l’eros libero e bello
Tarpato nel corso di questo tempo
Che tutto ha sviato, la pace e le strade
I bar gentrizzati, gli amici intristiti.

Eppure vivemmo quei giorni lontani
Con mazzi di fiori tra candide mani
Per dare purezza alle nostre parole
Per non travisare il senso del bene.
Ma oggi la guerra la chiamano strano:
Manovre di pace in un mondo lontano.
La guerra ritorna igiene del mondo

Per chi in girotondo gridava agli abusi
Poi s’aspettava che anime belle
Brandissero spade a offrire la pelle
Per qualche magnaccia vestito elegante
che finge l’onore di fare giustizia
laddove si vive miseria e sporcizia.
Son detti oligarchi, ma sono papponi.

Non è così che il Conte Tolstoj
Sognava la Russia – purezza di neve
Linguaggio cristallo, parole veraci,
giustizia, amore, bellezza.
Rispetto di umana semenza è stringere
Al petto il nostro futuro, i bimbi
Innocenti che guardano il crollo

Del muro dei vecchi, la loro arroganza
Invece di cogliere fiori di tutti i colori
E spargere al sole il loro profumo
A onore del mondo che avrà vita
Breve se non si provvede a chiedere
A cuore e ragione la formula nuova
Non ai mercanti di armi e di droga.

febbraio 2022

(Tutti i testi inediti)

3 comments

  1. mauro macario ha detto:

    Tutti testi molto, molto belli. Particolarmente Vaccaro, Cantelmo,Isella

  2. VACCARO ADAMO ha detto:

    Grazie caro Mauro, della tua costante preziosa attenzione!
    Adam

  3. Laura Cantelmo ha detto:

    Caro Mauro, sempre attento e sensibile, amico dei poeti. Grazie!

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