Anticipazioni – Giulio Maffii

Pubblicato il 15 novembre 2017 su Anticipazioni da Adam Vaccaro

Anticipazioni
Vedi a: http://www.milanocosa.it/recensioni-e-segnalazioni/anticipazioni
Progetto a cura di Adam Vaccaro, Luigi Cannillo e Laura Cantelmo – Redazione di Milanocosa

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Giulio Maffii

Inediti
da

“Angina d’amour”

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Con un commento di Laura Cantelmo

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I testi sono tratti da un nuovo lavoro poetico “Angina d’amour” che sarà pubblicato in autunno da “Arcipelago Itaca”. Il libro è articolato in più sezioni, in più “angine”. Si mescolano l’amore, nudo, divorato, esasperato, con l’ironia, tagliente e disperata (già il titolo è esplicativo nel senso); un omaggio a T.S.Eliot nel centenario della canzone d’amore di Mr. Prufrock e un lavoro sul lutto. La varietà dei registri è il gioco poetico su cui si basano le “narrazioni” dentro una precisa architettura, necessaria in ogni trabajo poetico che sondi ed esondi nella brevità del foglio. Costruzione e sfasciamento. Ogni ricerca di poetica è un fatto a sé.

Giulio Maffii

Non ho mai sentito un vuoto
perché un padre non l’ho mai avuto
niente da riempire o maledire
Il gelo fa più male dell’assenza
e si apprende la consuetudine
di essere imperfetti
e siamo in molti
nessuno è da solo
nelle forme del dolore
Invincibili o invisibili
parole molto simili dondolano
tra l’abisso e la nuca
spalancano e spaccano le vertebre
Viviamo di così poco
che anche un fiammifero
ci divora

*

Questo progetto di solitudine
inizia nel silenzio del mattino
quando il lenzuolo non saluta
lo specchio se ne resta fermo
e la sedia struscia un buongiorno
Il marmo fluisce in acqua
e sono un clandestino
le pietre spaccano l’intonaco
al mio passaggio autunnale
Quelli che amano i gabbiani
direbbero banalmente
che tutto parla di te
ma così non è
Tu manchi agli oggetti e alle pareti
alla teiera e alla polvere di marzo
Tutte le cose non hanno più nome
soltanto un paio di ciabatte vuote
sembra sollevato dal peso
di un passo che tace
Tu manchi agli oggetti lo ripeto
crocefissa al muro c’è
una zanzara troppo loquace

*

La prima notte facemmo l’amore
tre volte ma si tratta di un errore
un semplice sbaglio nel conteggio
del resto parliamo di un filo
con poca matematica tra pelle
e pelle che si strofina
quindi l’amore è statica
oppure calamita
ma non si può contare
od indossare cambiando taglia
E’ una foglia per coprire
le nudità o l’odore di vecchio
Del resto non hai ricordo
di quella prima notte confusa
nella trigonometria sentimentale
numeri primi
come il tre
accendono lo sguardo algebrico
di me di te e di sé

*

Al crepuscolo mancano le dita
20 centesimi il cartone del latte
le carabattole sotto il lavabo
il peltro della sedia per non far scivolare niente
Che pena i rantolii notturni
– ti manca il respiro –
portati qualcosa dentro i sogni
Ci si offre come stuzzicadenti reciproci
ma il legno è fatto in Cina
una produzione seriale
Riponi le uova i depositi di materie
le briciole di ieri sotto la tovaglia
Quattro mura che rinchiudono il vuoto
meglio di un corpo
Questa fitta dolorosissima
che sfugge agli ultrarossi ma non alla luce
nascosta nelle mani
È domani
È un battito di gocce in bottiglia
il suono delle ciglia tormenta l’aria
e tutti gli orchestrali
Poi alla fine ci si ama lo stesso
non è quello il problema
Sono le suola sporche
le parole nel taschino
la tazza con lo zucchero incrostato
una camicia di una taglia più grande
il verso della tortora d’estate
Poi alla fine te lo ripeto
ci si ama lo stesso

*

Il balbettio ferisce più del silenzio
Non c’è segno di presenza
la gelida fondamenta del miocardio
risucchia la parola e ogni mutamento
Non è poca la rinuncia o l’offerta
di tempo a un altro tempo
Si nasce si cresce si disprezza
La sopportazione è una forma d’amore silenzioso
non confonderla con le radici
memoria a memoria vanagloria
Siamo tutti legati a pezzi di placenta
I figli appartengono a se stessi
non all’assenza del padre e alla sua storia

La sentenza è sempre stata freudolenta

*

C’è un’anestesia del corpo
I nomi si dimenticano
si sbagliano si perdono
Un corpo invece non lo scordi mai
resta attaccato alla pelle
raggiunge limiti che non conosceva
Ricordiamoci che non duriamo
più di una vita
a volte calva e sillabata con fatica

*

Notizia Bioblblio
Giulio Maffii dorme abitualmente dal lato della porta, ma non disdegna il lato opposto. Osserva il mondo dagli zigomi delle finestre, dai balconi, dai finestrini d’auto. Spesso ci scappa un porticato. Adora attraversare corridoi. Vive e scrive. Studia e narra. Si può trovare di frequente sul web. Incentiva la piccola editoria, però quella seria e appassionata: qui pubblica volentieri. Ogni tanto accetta di buon grado premi, passeggiando tra l’odore amaro delle felci o incontrando sul cammino mucche che non leggono Montale. Prova ad essere saggio preferibilmente a giorni alterni, quando non incontra il tarlo sulla trave che si appresta ad assistere ad un ballo delle riluttanti.

*

Nota di lettura

Gli inediti di Giulio Maffii da me scelti sono un esplicito omaggio al centenario di The Love Song of Mr Prufrock di T.S.Eliot e ne riprendono alcuni motivi fondanti – straniamento, senso di perdita, solitudine, vecchiaia, conseguenti alla crisi di ideali da tempo latente ed esplosa alla fine della Grande Guerra. Va detto che in questi pochi testi lo spaesamento eliotiano si percepisce in forma più grave, essendo nel tempo cresciuta la consapevolezza della fragilità e della vulnerabilità dell’umano e dell’intero universo.
Il tema è la sofferenza d’amore (“angina”) entro l’assedio di un vuoto retoricamente negato (“Non ho mai sentito un vuoto”, poesia in cui si accenna alla mancanza del padre), eppure talmente pervasivo da essere percepito come normale condizione di privazione e di perdita. “Questo progetto di solitudine”, epitome dei motivi che rappresentano una condizione di totale isolamento, declina fin dall’ossimoro del titolo i vari aspetti dell’assenza nella relazione tra il Poeta e gli oggetti. Divenuti paradigma del vuoto amoroso causato dalla mancanza dell’Altro, essi provocano nel soggetto un senso di clandestinità all’interno del proprio territorio, fino alla paradossale esperienza dell’afasia, sintomo del progressivo annichilimento della comunicazione con l’esterno.
In questo testo si produce persino effetto di ironico capovolgimento di quella lirica d’amore – “quelli che amano i gabbiani” – in cui l’assenza di una persona amata è nostalgicamente dichiarata dagli oggetti che ha lasciato dietro di sé. Di nuovo, il nostro intero essere psico-fisico condivide l’angoscia dell’assenza insieme agli oggetti che popolano i nostri spazi come corredo esterno della nostra interiorità. Neppure l’atto d’amore, quando avviene, è autentica gioia (“La prima notte facemmo l’amore”), ma rappresenta un’illusione, un errore destinato all’oblio. A tal punto esso rimane inafferrabile come espressione di un mistero che non può essere codificato in termini scientifici, matematici.
Nel non detto di questi testi l’iterato pensiero di Mr. Prufrock , “I grow old…I grow old..” (anche Maffii ama l’uso delle varie forme di ripetizione) riecheggia come coscienza del limite sempre più invalicabile delle possibilità di amare e di ricevere amore. E tuttavia lo scetticismo del Poeta svela una contraddizione sorprendente: il corpo (“C’è un’anestesia nel corpo”), pur nella sua intrinseca caducità, resta veicolo e protagonista di sensazioni, di creazione e della conoscenza stessa, tant’è che nel rapporto amoroso esso “raggiunge limiti che non conosceva”. Sorprendentemente, il corpo dell’Altro “resta attaccato alla pelle”, fino a rendersi indimenticabile. Un vero primato, dunque, che consente al Poeta di rivolgere un positivo invito al “carpe diem”, unica consolazione che ci resta.

Laura Cantelmo

3 comments

  1. giulio ha detto:

    Ringrazio tantissimo per l’ospitalità e devo dire che Laura Cantelmo ha letto e interpretato il lavoro con serietà e profondità..il libro uscirà per Arcipelago Itaca Edizioni tra dicembre e gennaio..

  2. Laura Cantelmo ha detto:

    E’ stato un piacere leggere i tuoi testi e riflettere sul mondo che essi rappresentano.
    Quando uscirà il libro facci sapere dove poterlo acquistare!

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